In Libano l’omosessualità non è reato: la sentenza che cambia la storia del paese.
A molti dire che l’omosessualità non è reato potrà sembrare qualcosa di banale, eppure ci sono paesi nel mondo dove gli appartenenti alla comunità LGBT rischiano addirittura la pena di morte. Per questa ragione, la notizia che un tribunale in Libano si sia espresso a favore dell’omosessualità fa tanto scalpore.
Apertura alla comunità LGBT
In Libano l’apertura verso la comunità LGBT sta avendo una crescita costante, che fa ben sperare. Nel 2009, il giudice Mounir Sleiman decise di assolvere un uomo poiché la sua vita sessuale non costituiva reato. Si trattò di una sentenza epocale: mise infatti un freno all’articolo 534 del codice penale. Il quale stabilisce una pena fino a un anno di carcere chiunque venga sorpreso a praticare atti sessuali contro natura. Il suddetto articolo, seppur non è mai stato abrogato, non viene applicato in tribunale dal 2009.Nel 2014 il tribunale di Metn ha escluso che i rapporti avuti da una donna transessuale con alcuni uomini potessero essere considerati contro natura.
Nel 2017 il giudice del distretto amministrativo di Metn ha dichiarato incostituzionale l’atteggiamento giuridico adottato nei confronti dei cittadini omosessuali. Demolendo di fatto la criminalizzazione del sesso omosessuale in Libano. A luglio 2018 la corte di appello di Monte Libano ha depenalizzato l’omosessualità ha stabilito che le relazioni tra appartenenti allo stesso sesso non possono essere considerate un crimine, qual’ora vengano praticate in privato.
Dal tribunale militare la sentenza storica
Il procuratore militare Peter Germanos in questi giorni ha dovuto giudicare il caso di quattro soldati che, scoperti in atteggiamenti intimi, sono stati puniti dall’esercito e accusati di sodomia. Germanos si è pronunciato a favore dei quattro, decretando che l’accusa mossa contro di loro non ha alcun fondamento legale. I quattro militari sono stati quindi prosciolti, ma pare che l’esercito non abbia apprezzato la decisione del giudice. Secondo alcune fonti anonime, pare che l’esercito sia pronto a ricorrere in appello per tentare di ribaltare la sentenza.
Emanuela Ceccarelli