Esiste un sensibile comune?
Sono ormai trascorsi cento anni dall’ottobre 1917 e da quella Rivoluzione sovietica che in qualche modo fermò il tempo ad una data nella storia, celebrando e volendo mettere in pratica il sensibile comune del benessere del corpo sociale.
E questo perché:
“Il comune è il tessuto della nostra emancipazione. Tra l’altro, si dipinge. Il sensibile è questione di lotte. Il sapere è sociale e l’ignoranza è condivisa. Si strappa il sublime al cielo notturno. Le rivolte sono estetiche. La comunità è di traduttori. Anonimi.”
Di lì in poi tante storie si sono successe, diverse, sofferte, conquistate o mai realizzate.
Tanti nuovi conflitti si sono aperti o riaperti.
E se quella data fu l’exploit di ogni singolo conflitto sociale portato all’estreme conseguenze di rivolta, nell’anno del centenario tante sono le tensioni simili.
La tensione sociale ha tuttavia una caratteristica particolare che fa nascere l’idea. La sensibilità.
E “il sensibile ci accomuna, dunque il sensibile è una questione di lotte.”
Da qui una mostra legata alla Conferenza di Roma sul Comunismo, che si propone un “nuovo incontro tra mondo dell’arte, attivismo politico e filosofia.”
La mostra, che si terrà presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, negli spazi di ESC – Atelier Autogestito e della Galleria, dal 14 al 22 gennaio, si intitola, non a caso, Sensibile comune. Le opere vive.
A cura di Ilaria Bussoni, Nicolas Martino e Cesare Pietroiusti, autori del Manifesto della mostra, si propone di realizzare un ciclo di conferenze e workshop che, riunendo attivisti, ricercatori, filosofi, avanza un dialogo su un tema di grande sensibilità.
L’estetica del comune, il sensibile comune. E allora cosa è il comunismo oggi? Cosa rimane? Che cosa ne sarà?
E cosa è la militanza artistica? E qual è la funzione dell’arte? O ancora, più specificamente, in cosa consiste la trascendenza artistica?
In un anno che celebra i cento anni dalla Rivoluzione d’Ottobre, la capitale propone un viaggio che ragioni sul senso della militanza artistica.
Del sensibile comune, per non abbandonare questa meravigliosa espressione, che la trascendenza artistica può donare più di altro.
È una mostra che non vuole sommergere, piuttosto dare spazio anche a ciò che non si conosce.
Che vuole creare un nuovo modo di fruizione dell’arte, dandone un significato quasi da “vettore di confronto”, con si presta ad essere usato.
Sensibile comune lavora, non a caso, sul valore trascendentale dell’arte.
A quel passivo percepire vuole dare uno spettro emotivo ben più ampio che parte dal vissuto, e possa in qualche modo risvegliare l’attivismo sommerso presente nell’io di ognuno.
È una mostra aperta che spazierà, nella costruzione di una rotta, tra strumenti verbali, musicali, immaginari e reali.
Fotogrammi e testimonianze di vario genere saranno il supporto vivo verso un Sensibile Comune. E L’opera viva, lo strumento.
La mostra si articola in sei sezioni: le opere all’ennesima e le opere incurabili, legate alle opere della Galleria, le opere in lotta, che si sostanziano in un archivio cartaceo e digitale messo a disposizione del visitatore, le opere in fuga, parte molto interessante che vede la proiezione di importanti opere cinematografiche, le opere in costruzione, che avrà delle performance come protagoniste, e le opere in contemplazione, parte che cura il gusto, partendo dalla rivoluzione del vino naturale.
La manifestazione ospiterà vari nomi, tra cui ricordiamo Jacques Rancière, Etienne Balibar, Pierre Dardot, Christian Laval, Giacomo Marramao e Paolo Virno ed è sostenuta poi a titolo nazionale e internazionale dall’Ambasciata di Francia, Villa Medici e dal Museo Reina Sofia di Madrid.
Di Ilaria Piromalli