Piaceri sensuali = piaceri dei sensi = vista, olfatto, tatto, odorato, udito. Poi la tradizione buddhista mette come senso anche il contatto con la mente.
I piaceri dei sensi sono parte fondamentale della nostra evoluzione. Sono un fondamento dell’essere umano. La sofferenza o dipendenza “riscoperta” non è causata dai piacere dei sensi, ma da una sorta di “attaccamento compulsivo” a essi, e questo attaccamento compulsivo rientra nel concetto che la tradizione chiama anatman o anatta, cioè la non esistenza di un sé slegato dagli altri fenomeni della realtà.
Non credo sia sano, nel senso di “kusala” usato da Sakyamuni, rimuovere i piaceri dei sensi, piuttosto rimuovere la brama verso di essi. Ma questo è un fatto psicologico e di ricerca interiore, mentre la rimozione dei piaceri sensuali è una questione filogenetica che non rientra nei percorsi liberanti come quello del Buddha, e quando ci entra, fa solo danni.
Perché eliminare quello che la natura ci ha dato? Dharma nel suo significato più esteso vuol dire “le cose così come sono”. e noi esseri umani siamo quello che siamo grazie agli organi di senso e quello che riescono a percepire e elaborare, piaceri compresi.
Il Buddhismo non lavora sul desiderio per eliminarlo, ma per purificarlo… purificarlo dall’egoreferenzialità (atman o atta di antaman).
Sakyamuni parla sempre e soltanto del rapporto che costruiamo con le cose che esistono. E i sensi esistono. Non possiamo modificarli o sopprimere. Lui diceva di cambiare il nostro punto di vista su di essi. I piaceri sensoriali quindi non sono il suo problema, il problema riguarda come l’essere umano si avvicina e che cosa costruisce mentalmente sopra di essi.
Sakyamuni parlava di esseri senzienti. E sono tali perché sentono, e sentono piacere e dolore. Filogeneticamente, è fondamentale ancora oggi che la specie umana senta piacere e dolore. è normale che il piacere ci attragga e il dolore lo allontaniamo. Eliminare il primo è andare in contro all’ascetismo deprecato dal Buddha, eliminare il secondo è abbracciare l’edonismo, e anche qui Sakyamuni lanciò il suo monito. Per questo parlava di “via di mezzo”.
I piaceri sensuali sono molto utili, ma vanno inclusi in uno sguardo più ampio, dove in questa ampiezza il Buddha poneva i tre segni dell’esistenza: lo stato insoddisfacente dell’esistenza, l’impermanenza dei fenomeni e l’inesistenza di un sé dotato di esistenza intrinseca.
Massimo Paradiso