E’ successo qualche settimana fa a Torino: due negazionisti si sono messi a insultare gli operatori sanitari che prestavano soccorso a un paziente con difficoltà respiratorie, in quello che sembra il nuovo sport complottista dell’anno, seguire le ambulanze.
C’è qualche negazionista che non si accontenta di ammorbare gli amici su Facebook con post sempre più deliranti e fanatici sull’inesistenza del Covid, sui complotti internazionali e sulle responsabilità di Bill Gates o di chi per lui. Allora, cosa fa il sollecito negazionista? Organizza un bell’assembramento in piazza di NoMask? Sì, d’accordo, ma lo fanno ovunque, ormai non fa nemmeno più notizia. Il negazionista ci pensa un po’, scrolla Internet, mentre in sottofondo sente le ambulanze per strada: a un certo punto, l’illuminazione arriva. Chiama un altro negazionista, si arma di telefonino e via a seguire le ambulanze per le strade della metropoli.
L’episodio di Torino
E’ successo a Torino a fine ottobre, in un episodio che è stato reso noto solo ora. Se la vicenda non fosse drammatica, c’è da dire che farebbe pure ridere. Non deve aver divertito nemmeno un po’, però, gli operatori sanitari che stavano accompagnano in ambulanza un paziente positivo al Covid, che aveva chiamato i soccorsi proprio per le difficoltà respiratorie che stava affrontando.
L’inseguimento in Suv
Secondo la dinamica ricostruita dagli agenti di polizia intevenuti sul posto, l‘ambulanza si stava recando sotto casa del paziente in difficoltà. A un certo punto, gli infermieri a bordo avevano notato che un Suv di grossa cilindrata, inequivocabilmente, li seguiva. Avevano quindi contattato la centrale, che a sua volta aveva allertato la polizia.
“Le ambulanze sono vuote”
Giunti sotto casa del paziente, i due negazionisti, un uomo e una donna, si sono messi ad insultare i soccorritori. Le accuse rivolte al personale sanitario erano tanto precise quanto inquietanti: “Girate a vuoto, le ambulanze sono vuote!”, ha sbraitato l’uomo. La donna che lo accompagnava, invece, si è occupata delle riprese, filmando l’inseguimento con il cellulare. All’intervento degli agenti, i due sono stati identificati dagli agenti e poi accompagnati in caserma. Il rischio, per loro, è quello di una denuncia per interruzione di pubblico servizio: reato per cui è prevista la reclusione fino a un anno.
Un evento sintomatico
L’episodio, per quanto abbia del surreale, dice molto dei mesi difficilissimi che stiamo affrontando. La rabbia per la situazione sanitaria, la frustrazione collegata all’incertezza economica e tutte le tensioni sociali che ne derivano hanno portato sempre più persone ad abbracciare delle teorie parallele, tanto balzane quanto seducenti. Accanto a chi parla di emergenza sanitaria, c’è chi sostiene la teoria dell’imposizione di una dittatura sanitaria, con una soppressione pianificata e progressiva delle libertà degli italiani, voluta da generici “poteri forti”.
La nostra responsabilità
L’episodio di Torino e delle due persone che si sono messe a seguire le ambulanze, però, ci mette di fronte a una responsabilità come cittadini e come persone parti di una società. Se nei mesi scorsi abbiamo guardato ai negazionisti come a fenomeni da baraccone e come forma di intrattenimento vario in una società piegata dalla sofferenza, forse, ora, è il momento di prendere sul serio la minaccia rappresentata da persone che, non contente di assembrarsi in piazza in barba a qualsiasi protocollo, ora si mettono a seguire le ambulanze.
Il rischio per gli operatori
Si tratta di persone che mettono in difficoltà gli operatori sanitari, spesso anche volontari, che già lavorano in un contesto delicatissimo. Oltre alla preoccupazione per sè stessi, per i pazienti, per le famiglie da rassicurare, all’attenzione verso regole rigidissime da rispettare per l’accesso agli ospedali, ora bisogna anche buttare un occhio allo specchietto e vedere se qualche pazzo ha deciso di inseguirci. Va bene la pazienza, la vocazione, ma a un certo punto la misura è colma: se si stancano i volontari, gli infermieri, i medici, è finita davvero.
No, il negazionismo non fa più ridere
Diciamoci la verità: chi non ha fatto qualche risata sui video relativi agli strampalati interventi di piazza sul 5G circolati quest’estate? Chi non ha scosso la testa sentendo parlare qualche antivaccinista intervistato, non si sa a quale titolo, al telegiornale? Se si è trattata di un’indignazione, è stata piuttosto tiepida, quasi divertita e svagata. Folkloristica, rispetto ai numeri tragici e ai grafici impietosi che abbiamo visto ogni giorno da febbraio.
Il fronte negazionista
Il fronte negazionista è però variegato, politicamente e socialmente, ma soprattutto è numeroso. Le pagine Facebook attorno a cui magari satellitano sempre le stesse persone, d’accordo, sono però seguite da gruppi nutriti e compatti. Sara Cunial, deputata ex grillina e ora parte del gruppo Misto alla Camera, è ad esempio una No Vax convinta, arcinemica delle mascherine, delle case farmaceutiche e di tutti coloro che cercherebbero di limitare la sua libertà. Ha un seguito di 134 mila utenti su Facebook che, ogni giorno, si sciroppano i suoi interventi contro la dittatura sanitaria. Ma molto di più: organizza incontri in sedi istituzionali, l’ultimo di questi martedì 17 novembre alla Sala Stampa della Camera dei Deputati, per parlare dell’inattendibilità dei tamponi, dell’inefficacia dei vaccini e dell’inutilità e dannosità dell’uso della mascherina. Alla Camera dei Deputati. Non fa più così ridere, vero?
Il rischio di emulazione
Non c’è da meravigliarsi se poi due pazzi la prendono sul serio e, una sera in cui non sanno cosa fare, escono di casa e si mettono a seguire l’ambulanza, che è venuta a prendere vostro nonno, vostro padre, vostra sorella. Forse ora non fa più così ridere e quest’episodio sembra molto meno strampalato di quello sproloquio estivo su 5G e Bill Gates. Non c’è da meravigliarsi se due pazzi si mettono a seguire l’ambulanza che guida il vostro compagno, vostra madre o il vostro migliore amico, che fanno i volontari nel tempo libero. Se, oltre a tutte le difficoltà di cui stanno facendo umanamente e professionalmente carico, si si mette pure la complicazione di una guida rischiosa, per evitare il pazzo di turno. Forse, è ora di smettere di ridere.
Elisa Ghidini