Di Andrea Umbrello
Si può morire a lavoro e poi essere licenziati?
È accaduto.
Si chiamava Sebastian Galassi, aveva 26 anni e lavorava a Firenze come rider per Glovo. Si pagava così gli studi di grafica per il web, la sera indossava i fradici vestiti da schiavo e con la sua bici cercava di correre quanto più veloce possibile per sbaragliare i tempi dell’algoritmo e attraversare il dolore di una situazione precaria che accomuna migliaia di uomini e donne.
La sera del 2 ottobre, in via De Nicola a Firenze, era in ritardo su una consegna e Glovo lo ha licenziato immediatamente.
Il mattino seguente nella sua casella di posta elettronica è arrivata la comunicazione automatica della multinazionale che gli notificava il licenziamento per mancato rispetto dei termini e delle condizioni contrattuali.
“Siamo spiacenti di doverti informare che il tuo account è stato disattivato per il mancato rispetto dei Termini e condizioni”
Hanno licenziato un morto e poi si sono scusati dicendo che avrebbero “contribuito” alle spese per il funerale.
In quella mail è racchiuso tutto il male di un modello economico disumanizzante, in cui il lavoratore non è un essere umano, ma la pizza capricciosa che riesce a consegnare sano e salvo o che non consegna perché violentemente travolto da un suv.
È ora di dire chiaramente cosa rappresenta il lavoro a cottimo: una forma di sfruttamento che porta alla morte giovani che tra una veloce pedalata e l’altra sfogliano sogni che non riusciranno mai a realizzare.
È ora di provvedere alla mancanza di sufficiente formazione sulla sicurezza sul lavoro.
È ora di battersi con più vigore per avere finalmente la possibilità di firmare contratti veri, stabili e che tutelino il lavoratore.
È ora di inchiodare alle proprie responsabilità i datori di lavoro, perché depennino un algoritmo che non conosce umanità.
Sebastian è figlio di tutti coloro che si oppongono ad una società che non ha più niente di umano.
Sebastian è figlio di tutto quello che, con dolore, da troppo tempo continuiamo a raccontare su queste pagine: sfruttamento e sofferenza consegnati a domicilio.