Ormai è diventato quasi impossibile non imbattersi nel sealioning, una fastidiosissima forma di molestia o trolling di cui si parla molto poco, in quanto spesso celata sotto le finte vesti di libertà di pensiero. Il fenomeno ha delle caratteristiche ben definite: l’uso di domande apparentemente innocenti, ma ripetute in modo ossessivo e provocatorio con l’obiettivo di ledere la pazienza del bersaglio, facendolo poi passare per incompetente e non aperto al dialogo.
Alcuni esempi per rendere più chiaro il concetto di sealioning: “Ma il patriarcato non esiste più da molto tempo, mi puoi dire la fonte di questa affermazione?”, “Ma dove hai preso questi dati? Secondo me stai esagerando”, “Ma i vaccinati contagiano molto più dei non vaccinati, come lo spieghi?
Cosa dicono gli esperti a riguardo?
Il sealioning, il cui termine significa letteralmente “fare il leone marino”, nasce da un fumetto del 2014 di David Malki. Nel disegno viene rappresentato un personaggio che esprime un’avversione per i leoni marini e un leone marino si intromette per chiedergli ripetutamente di spiegare la sua affermazione. E, in modo esageratamente civile, il leone marino cerca di interrogare le sue opinioni, seguendo i personaggi nella privacy della propria casa. Il termine ha guadagnato popolarità come modo per descrivere il trolling online ed è stato usato per descrivere alcuni dei comportamenti di coloro che hanno partecipato alla controversia Gamergate.
Secondo l’antropologa del Berkman Klein Center dell’Università di Harvard Amy Johnson, si tratta di una “performance di ingenuità oppositiva e consapevole”, che combina domande insistenti, spesso relative a informazioni facilmente reperibili altrove o già condivise più volte dall’interlocutore. Con la ricerca ostinata e molesta di instaurare un dibattito “costruttivo” a prescindere dalla volontà di parteciparvi di chi si ha di fronte”
Una molestia molto diffusa soprattutto online sotto i profili e gli articoli di chi fa attivismo e divulgazione. Ad essere prese di mira, quasi sempre, sono le femministe, soprattutto quando affrontano temi come il patriarcato e il femminicidio. Una molestia o troll che trova le sue radici nello sfruttamento, a scopo offensivo, del concetto di confronto con l’obiettivo di umiliare l’interlocutore e invalidarne le argomentazioni.
Non solo sealioning
Il sealioning sfocia facilmente anche in altre forme di manipolazione, tra queste rientrano:
– il tone policing, ovvero il tentativo di spostare l’attenzione dai temi ai toni del dibattito per minare la credibilità della controparte e invalidarne l’esperienza;
–il gaslighting, la strategia di far dubitare in malafede l’interlocutore della sua stessa percezione delle cose;
– il mansplaining, in riferimento a spiegazioni non richiese e paternalistiche fatte da uomini a donne che non ne hanno bisogno.
Chi è il sea lion?
Come un copione che si ripete in continuazione, Il leone marino mette in discussione qualsiasi evidenza comprovata da fonti e dati ufficiali, che metta in crisi la propria visione del mondo. Il sealioning può essere eseguito da un singolo troll o da più troll che agiscono di concerto.
Inoltre il sea leon non vuole davvero apprendere o informarsi seriamente, altrimenti si sarebbe letto un libro o si sarebbe seriamente documentato prima di commentare. E niente meno si preoccupa in maniera empatica delle questioni, perché semplicemente non gli interessano veramente. Non ha un pensiero critico, il suo scopo è unicamente perdere tempo a torchiare l’interlocutore e renderlo agli occhi degli altri stupido e incompetente.
Il sea lion pretende di essere ascoltato anche quando le sue posizioni sono chiaramente sessiste e razziste. Giustificando le sue affermazioni come legittime interpretazioni del mondo, frutto di una palese disinformazione o riflesso di interessi personali, espressi con vittimismo stucchevole e morbosa tenacia. E quando l’interlocutore decide di non sottostare a queste regole palesemente truccate, l’oppressore si sentirà comunque vincitore morale della sua pseudo battaglia. Ovviamente quanto di più lontano dal potersi definire un dibattito costruttivo, bensì conferma che si tratta di un vero e proprio ricatto che non dimostra altro che la malafede di chi lo porta avanti.
Come comportarsi
Purtroppo non esistono tutele su questo genere di molestie. Sono tantissimi gli attivisti e i giornalisti che finiscono con lo sviluppare nel tempo una vera e propria fobia di scrivere online . L’interlocutore, in molti casi, arriva a sentirsi mortificato e incapace anche se non ha detto nulla di sbagliato. Questo accade perché il fenomeno viene banalizzato e confuso come libertà di pensiero e, pertanto, può avere conseguenze dannose. Si dà per scontato che chi subisca questo tipo di molestie sia una spugna, che non ne possa soffrire in silenzio. Niente di più sbagliato.
Per questo è importante riconoscere e isolare il fenomeno, ma soprattutto bisogna non rispondere e questo per vari motivi:
- se dopo avergli dato l’informazione richiesta la sua risposta è diversa da “grazie per aver risposto”, è inutile sprecare lavoro emotivo. Non ne caverete nulla, solo frustrazione. Il sea lion non è lì per imparare, ma solo per rinforzare pregiudizi di cui non ha alcuna voglia di liberarsi;
- quando si è vittima di sealioning c’è un dispendio di energie che potrebbero essere utilizzate per qualcosa di più costruttivo, come ad esempio dialogare con chi ha davvero intenzione di confrontarsi in maniera sana sulla tematica affrontata;
- essendo una molestia, chi la subisce può generare un vero e proprio trauma: la paura di dire sempre qualcosa di sbagliato, malessere generale, stati d’ansia, paura di scrivere di nuovo su determinate tematiche. Inoltre chi ha subito gravemente il sealioning diventa diffidente. Non riesce più a distinguere un commento sano da uno manipolato, condizionando gli approcci con futuri interlocutori del tutto estranei a queste dinamiche manipolatorie.
Non cedere al ricatto del sea lion è un buon punto di partenza, ma non risolve il problema: dall’esterno potrebbe sembrare una mancanza di volontà di confronto, svilendo quindi la controparte. Sicuramente un buon modo per abbattere questo fenomeno è smascherarlo, facendo soprattutto informazione su cosa sia il sealioning. Questo per far sì che le persone che leggono si rendano conto dell’impatto generale che possono avere affermazioni anche apparentemente innocue e non richieste su chi le subisce.
Roberta Lobascio