Ragusa un uomo di 26 anni, Sergio Palumbo, ferma di notte una donna in auto gridandole che ha bisogno di soccorso per sua moglie. Lei non resiste all’impulso di prestare aiuto e si ritrova nelle mani di un farabutto che la minaccia con una grossa pietra, le prende la carta d’identità e le dice: “so chi sei e dove abiti, se parli faccio fuori te e i tuoi familiari”. Poi la violenza nei pressi di un cimitero. E finalmente, sicuro di farla franca, si fa addirittura riaccompagnare a casa. La poveretta può adesso chiedere aiuto ai suoi, va in ospedale e denuncia. Si scopre che il mostro ha una moglie e due bambini, non disdegna la cocaina ed è pregiudicato per avere rapinato e violentato una prostituta nel 2018. Pena mai scontata: quattro giorni in cella, poi arresti domiciliari e infine solo obbligo di dimora.
Complimenti alla giustizia italiana.
E qui devo dire due cose. Non stupiamoci troppo se, di fronte a un uomo a terra accanto a una moto rovesciata, qualcuno metterà da parte la bontà e passerà oltre temendo che si tratti di un incidente inscenato per rapinarlo. Penserà “Se lo Stato non riesce a tenere a bada il male, meglio lasciar perdere la bontà. Se la società si riduce a una giungla, allora bisogna adottare le leggi della giungla e pensare a se stessi”. Comportamenti del genere sono in realtà sempre più frequenti, e non solo in casi in cui siamo direttamente coinvolti. Prendiamo le ONLUS: ce ne sono tantissime che fanno un lavoro prezioso, ma l’incapacità dello Stato nello scoraggiare drasticamente quelle truffaldine ha portato tanta gente a non fare più donazioni. In un caso come nell’altro, la sfiducia nello Stato di Diritto produce chiusura verso gli altri. Ossia disumanizzazione.
La seconda cosa la voglio dire a questo governo. Date una vera svolta alla giustizia. Non si tratta di “giustizialismo”, ma di ripristino della legalità ferita. Se lo farete, avrete fatto il vostro dovere, mettendo mano a qualcosa che aspetta da troppo tempo. Se non lo farete – e bene! – la gente se ne ricorderà.