L’istruzione dovrebbe rappresentare la più solida alternativa alla vita da strada, ma se anche il modello scolastico tende ad escludere, piuttosto che fare il contrario, allora l’alternativa del ghetto diventa sempre più invitante. A quanto pare non sempre le scelte politiche riguardanti la scuola italiana hanno tenuto conto della semplice equazione +istruzione -vita criminale. Vedremo come alcuni dati che riguardano la città di Roma sono emblematici a riguardo. La storia della scuola italiana è pieno di discriminazione razziale verso gli scolari, un caso rilevante in proposito è stato l’istituzione delle classi Lacio drom, ovvero le classi per “gli zingari e i nomadi”.
Un filo conduttore dalla scuola al ghetto
Il collegamento fra la discriminazione razziale e la vita criminale lo si può ben scorgere restando prettamente su un registro pedagogico. Risale a questi giorni l’episodio di una professoressa della Lombardia che in un impeto di rabbia, mentre richiamava all’attenzione i suoi studenti in una lezione on-line, proferì la frase: “Non sono il vostro schiavo negro”. Mentre è del mese scorso la notizia della bambina nomade a cui un gruppo di residenti si è offerto di pagare il servizio taxi per permetterle di continuare ad andare a scuola, La piccola nomade era stata esclusa dallo scuolabus, perché la sua famiglia non aveva ancora la residenza nel Comune di Collegno, nel Torinese.
Situazione a Roma
Sarebbe da far riflettere, in proposito, anche il cosiddetto “piano rom” attuato dalla giunta Raggi. Nel documento si pretende di giustificare la riduzione del servizio di mediazione, fornendo come spiegazione: “gli stessi rom in molti casi sono proprietari di automezzi”. Insomma, si vorrebbe risolvere il problema del trasporto a scuola, cercando di incentivare l’accompagnamento scolastico che può essere gestito autonomamente. Il risultato di politiche di questo tipo, nella Capitale, è alquanto drammatico. Ad esempio, rispetto all’anno precedente, nell’anno 2016/2017, alla scuola dell’obbligo si è iscritto il 56% in meno di bambini rom. A Roma solo il 4% dei ragazzi/e che abitano nei campi riesce a raggiungere la terza media. Consegue che per molti, poi, la vita del ghetto diventa un’alternativa troppo allettante. Questo nonostante dal 1993 a oggi – secondo Carlo Stasolla, presidente dell’associazione Ultimo Banco– non si contano i milioni spesi per scolarizzare i minori rom in città.
Le classi Lacio drom
Purtroppo la storia delle esclusioni basate soltanto sull’etnia degli alunni non è una storia così vecchia da poter essere facilmente accantonata. Si pensi che solo qualche anno fa una professoressa, in un istituto comprensivo di Pescara, si inventò una classe (di prima superiore) in cui venivano raggruppati i figli delle famiglie rom abruzzesi (presenti da secoli in quei territori).La dirigente scolastica, chiamata per rispondere sulla questione, parlò di: “processo didattico innovativo”.
Questa storia di discriminazioni, del resto, non è neanche una storia così nuova da poter esser sorvolata come un’ennesima novità effimera. Basta slittare indietro di qualche decennio e, ad esempio, si scopre che in Italia esistevano le cosiddette classi speciali, le classi Lacio drom.
La “cultura zingara”
Correva l’anno 1977 quando l’Italia, con una riforma epocale, abolì le classi differenziali, rendendo la scuola italiana tra le più all’avanguardia d’Europa, a livello di politiche inclusive. In realtà alcune di quelle classi, però, non furono abolite del tutto. Le cosiddette classi Lacio drom rimasero in attività ancora fino al 1982 . Erano classi destinate a quelli che generalmente venivano chiamati con l’appellativo di “zingari”. La nascita delle classi Lacio drom si deve a Bruno Nicolini, che fondò l’Opera nomadi a Bolzano, e alla pedagogista Mirella Karpati, la quale pensava che “la cultura zingara sia un deficit in sé, e che il bambino dev’essere aiutato a crescere, recuperando il ritardo”.
L’inizio e la fine delle classi Lacio drom
Lacio drom, in lingua rumeni, vuol dire “Buon cammino”. Le classi vennero istituite nel 1965, grazie a una convenzione tra il ministero dell’istruzione, l’Opera nomadi e l’istituto di pedagogia dell’università di Padova. Nel 1974 si provò ad arginare il problema delle “classi differenziali” aggiornando la convenzione, dunque permettendo l’inserimento dei bambini rom nelle classi ordinarie. Ma alcune classi (speciali)per alunni nomadi (con ritardi nello studio o con frequenza irregolare), non furono abolite del tutto. Questa loro funzione di recupero contribuì a preservare l’esistenza delle classi Lacio Drom anche negli anni 80. Nel 1982 un’altra convenzione decise che tutti “i bambini zingari e nomadi” fossero inseriti nelle classi ordinarie, ma fu solo nel 1986 che si arrivò al totale svuotamento delle classi Lacio drom.
Gabino Alfonso