Macerata trema sotto l’ultima scossa di terremoto

A due mesi dal violento sisma, la terra continua a tremare; anzi, non si è mai fermata. Fortissima scossa di magnitudo 5,4 si è avvertita nella zona compresa tra la zona compresa tra Macerata e Perugia.

Se vivessi ancora a Macerata, probabilmente, non avrei fatto il cambio d’armadio.

Vivrei tremando, danzando quel folle tip tap del terrore. Il classico ballo che improvviso ogni qualvolta mi trovo in prossimità di una cimice.

La scossa delle sei del mattino mi avrebbe scaraventato in strada.

Mi avrebbe convinto a smettere di far finta di dormire, perchè intanto non ci crede nessuno.

Quella scossa delle sei del mattino avrebbe spalancato le ante del mio armadio, gettandomi addosso cappotti, gonnelline, magliette leggere e pesante terrore.

Avrei realizzato, nell’arco di pochi minuti, di non trovarmi nel cast di uno dei miei adorati film di David Linch o Alfred Hitchcock.

Sarei sobbalzata alle urla provenienti dall’atrio di quei tre piani senza ascensore.

E quelle tacche sul muro scrostato, al di sopra del letto, in cosa si sarebbero trasformate, in seguito alla potenza di tale scossa?

Una sinapsi mancata, un cratere, infinito, profondo, che strappa le carni della nostra Terra, e giunge fin nelle viscere. Cosa sta succedendo alla nostra crosta terrestre?

Una sinapsi mancata, il preludio di un’Apocalisse. L’ulteriore spaccatura di un muscolo cardiaco ormai troppo fragile, per palpitare flebilmente. Stiamo parlando dell’ennesima scossa umbro-marchigiana.

Terra spaccata

Una scossa ingestibile, dove un puntino luccicante, disposto a casaccio in un cielo del colore del petrolio, continua a brillare e ad innalzare un terreno che non smette di sanguinare, e rigurgitare macerie e frammenti di suolo.

Una sinapsi mancata, una strana commistione di ordine e disordine.

Un ramoscello fa capolino in quella volta emisferica che colora di catrame e si popola di civette notturne. E’ un ramo spezzato, figlio di quell’albero secolare che ha ceduto alla scossa assassina di una terra, che non smette di tremare.

Muccia, Visso, Preci, Ussita, Castel sant’Angelo sul Nera, Pieve Torina, Serravalle del Chienti, Camerino.

Niente di più malinconico.

Incontriamo controsoffiti distrutti, in cartongesso, cumuli di macerie ai lati della strada.

In questi Paesi, cuore dei monti sibillini, oggi, ci sono più giornalisti che abitanti; tanto che finiscono per riprendersi tra di loro. Il terremoto e il suo circo mediatico.

Cittadini marchigiani, che con la loro proverbiale ironia e solarità osservano la follia mediatica, con i volti stropicciati e l’alito pesante. Sciabattano qua e là per le zone ancora percorribili dei loro paesini, varcando le soglie di quei bar d’abitudine, con le porte sfiancate, i vetri rotti, e le tendine stanche di subire la forza del vento autunnale.

Abitanti marchigiani in giacca a vento, pigiami felpati e crocs rosa confetto con il pellicciotto, che sorseggiano caffè e cappuccini, all’alba di una notte trascorsa nella confusione più totale, dove l’angoscia ingestibile si arena laggiù nelle viscere, e fa da eco al rumore del vento. A fianco una strada squarciata, come il sorriso dei bambini che, con i loro orsetti sotto braccio, corrono a giocare laddove s’incontrano le prime macerie lungo la strada, e la chiesetta di un paese, con il tetto completamente sfondato.

Muccia, Visso, Preci, Ussita, Castel sant’Angelo sul Nera, Pieve Torina, Serravalle del Chienti, Camerino.

Comuni di 400 anime nella provincia maceratese, laddove si respira un’aria nordica, ma si assapora il gusto dell’ironia meridionale. Qualche volta vedono anche la neve, a Macerata.

Seduti, laddove c’è stato l’epicentro del sisma, è intervenuto il circo mediatico che non si perde mai un colpo e, se possibile, fa più rumore dei boati, ridicolizzando un cratere colmo di confusione e aberramento.

Tutto avviene agli occhi di quei contadini, con gli sguardi persi e gonfi di sonno, che fino a ieri coltivavano una solida terra; ora squarciata, come la gracile retina delle nostre fragili esistenze. Una terra che sanguina infinite lacrime d’angoscia, e abbandona al cuore un profondo senso d’immane sospensione.

Che ne sarà di noi?

Una sinapsi mancata, un cratere, infinito, profondo, che strappa le carni della nostra Terra, e giunge fin nelle viscere. Si consuma dunque il distacco definitivo tra uomo e natura.

Di chi sarà ora la colpa? Quale essere malvagio manderemo, ora, alla gogna?

La natura è un essere vivente, vive, respira, s’intossica, soffocata dai nostri continui inquinamenti, e freme, tremando senza sosta, provocandoci continui sconquassamenti fisici, emotivi, psicologici.

Ma l’uomo pecca da sempre di megalomania ed egoismo, tanto da dimenticarsi, ancora troppo spesso, di non essere altro che un infinitesimo granello di sabbia, che riposa in un colossale e sconosciuto universo.

Ecco il preludio di un’Apocalisse. L’ulteriore spaccatura di un muscolo cardiaco ormai troppo fragile, per palpitare flebilmente.

Il terremoto ci ricorda che nulla vale per sempre; la nostra esistenza è un continuo sbriciolarsi, incresparsi, piegarsi, distruggersi per poi rialzarsi.

Ma è ancora una volta la potenza della natura a ricordarci che siamo anime fragili, bramose del calore di un caldo respiro sulla nostra pelle nuda.

Tutto il resto è destinato a finire. Non ci resta che ballare, e amare.

 

Elisa Bellino

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