La strage di Ciaculli ha messo fine alla prima guerra di mafia e ha spinto lo Stato verso una presa di coscienza del fenomeno mafioso.
Ciaculli è una località agricola che si trova alle porte della città di Palermo. Qui in questi giorni si commemora l’anniversario della strage di Ciaculli. Esponenti di Cosa Nostra hanno messo in atto questo attentato il 30 giugno del 1963 con un’auto imbottita di esplosivo che ha ucciso quattro uomini dell’Arma dei Carabinieri, due membri dell’esercito italiano e un sottufficiale della Polizia di Stato. Tra i più sanguinosi degli eventi che hanno caratterizzato la prima guerra di mafia, l’episodio ha dato inizio a un processo di presa di coscienza sulla complessità della realtà mafiosa che ha coinvolto le istituzioni e i mezzi di informazione.
Per l’anniversario è prevista a Palermo una giornata in memoria delle vittime della strage. Tra le manifestazioni svolte di recente ci sono anche la giornata del 25 maggio presso il Giardino della memoria di Ciaculli e la manifestazione del 24 giugno presso la località di Caira (FR) in memoria di una delle vittime (l’appuntato Marino Fardelli).
La prima guerra di mafia
Con “prima guerra di mafia” si intende il conflitto interno a Cosa Nostra che ha preso forma durante gli anni Sessanta. La principali famiglie coinvolte erano quella di Salvatore Greco e quella dei fratelli Angelo e Salvatore La Barbera. Queste cosche compartecipavano al traffico di eroina verso Stati Uniti. Secondo le fonti ufficiali, la causa della guerra è stata una truffa operata nel 1962 su una partita di droga con la conseguente uccisione di Calcedonio di Pisa, responsabile della merce per New York. A perpetrare l’omicidio sarebbero stati i fratelli La Barbera, in aperto contrasto con la Commissione provinciale di Cosa Nostra capeggiata da Salvatore Greco. L’evento scatenò una serie di omicidi che in un primo momento rimasero perlopiù ignorati dallo Stato.
Dopo la scomparsa di Salvatore La Barbera per mano della famiglia Greco e la fuga a Milano del fratello Angelo, il conflitto continuò con le esplosioni delle autobombe del 12 febbraio a Ciaculli e del 26 aprile a Cinisi, a danno dei Greco. Ci fu inoltre l’esplosione di un’auto abbandonata nella zona di Villabate durante la notte del 30 giugno.
La strage di Ciaculli
La mattina del 30 giugno 1963 la stazione dei carabinieri di Roccella (Palermo) ricevette una telefonata che avvisava della presenza di un’autovettura abbandonata. Le esplosioni precedenti portarono a considerare l’auto in maniera sospetta. Era un’Alfa Romeo Giulietta parcheggiata nei territori di proprietà del boss mafioso Giovanni Prestifilippo, legato alla famiglia Greco. L’auto venne trovata con le portiere aperte e gli pneumatici bucati. Dopo un’ispezione, una squadra di artificieri tagliò la miccia di una bombola di gas che si trovava all’interno, dichiarando il cessato allarme. Tuttavia, all’apertura del bagagliaio il tritolo che lo riempiva esplose.
Le ricostruzioni giudiziarie ipotizzarono un mancato attentato causato dalla perforazione degli pneumatici dell’autobomba. Il crimine sarebbe stato preparato da mafiosi quali Pietro Torretta e Tommaso Buscetta contro Salvatore Greco oppure contro il suo associato Giovanni Prestifilippo. A discapito di queste ipotesi, il movente e i responsabili della strage rimangono ignoti ancora oggi. Infatti, il processo che seguì le stragi rinviò Torretta e Buscetta a giudizio, assolvendoli per insufficienza di prove. Il primo subì una condanna a 27 anni di carcere per duplice omicidio, mentre Buscetta venne giudicato in contumacia per associazione a delinquere.
Divenuto collaboratore di giustizia nel 1984, Buscetta negò il suo coinvolgimento nella prima guerra di mafia, indicandone l’inizio con il complotto organizzato da Salvatore Greco e da alcuni boss mafiosi della zona ovest di Palermo. La fine della guerra sarebbe stata così segnata dalla strage di viale Lazio (Palermo 1969) e dall’uccisione di Michele Cavataio, responsabile dell’omicidio di Calcedonio Di Pisa. Oltre a omettere le responsabilità di Buscetta, questa versione nega il ruolo che Cosa Nostra ha avuto nel traffico di droga dell’epoca. Per questo motivo non è condivisa da storici della mafia quali John Dickie e Salvatore Lupo.
L’inizio di una presa di coscienza
Anche se le conseguenze della sua diffusione erano evidenti, le istituzioni statali non avevano ancora compreso la vastità e le potenzialità del fenomeno mafioso. Spesso il risultato era un atteggiamento di ignoranza o di incomprensione della complessità delle sue dinamiche. Un esempio di poco antecedente gli eventi della prima guerra di mafia è il modo in cui il fascismo trattava la questione: qualcosa di passeggero, dunque estirpabile e sostituibile con il “vero potere” dello Stato. Questo atteggiamento ha tra le problematiche la provvisorietà dei provvedimenti adottati, il cui impatto non può mai essere realmente efficace sulla pratica quotidiana. Come dimostrato dalla storia del fenomeno, la mafia era ed è ancora oggi per molti un fatto quotidiano.
La strage di Ciaculli è un momento di svolta nell’attenzione mostrata da parte dello Stato e dei mezzi di informazione nei confronti della mafia. Dato il coinvolgimento delle forze dell’ordine, l’episodio diede inizio a una serie di rastrellamenti che videro l’arresto di 2000 persone sospettate di avere legami con Cosa Nostra. Oltre all’allertamento dell’Interpol per la ricerca dei latitanti, ci furono 600 persone diffidate e 300 proposte per il soggiorno obbligato sotto vigilanza. Nel giugno del 1963 entrò in funzione la commissione d’inchiesta sul fenomeno della mafia, richiesta dall’Assemblea regionale siciliana (ARS), che era stata istituita per la prima volta l’anno precedente.
Anche se l’operato della commissione non ha condotto a una vera e propria legislazione contro la mafia, la strage di Ciaculli ha spinto le istituzioni a riconoscere la gravità del problema mafioso. Questo evento ha dato inizio a un percorso di coscienza che ancora oggi non è arrivato al suo totale compimento.