I ricercatori del Babraham Institute e del Wellcome MRC Cambridge Stem Cell Institute, in Gran Bretagna hanno scoperto un nuovo sottotipo di cellule staminali umane, chiamate 8CLC (8-cell like cells).
La scoperta è importante perché tali cellule si comportano esattamente come quelle dell’embrione nelle sue prime fasi di sviluppo, cioè quando è uno zigote formato solamente da 8 cellule. Grazie a questa somiglianza, possono essere studiate come modello in laboratorio per individuare ad esempio le anomalie legate a disturbi dello sviluppo o ad aborti. I risultati della scoperta sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Cell Stem Cell”.
I cambiamenti molecolari dell’embrione
I ricercatori hanno evidenziato che in tutti i mammiferi, subito dopo la fecondazione, l’embrione vive molti cambiamenti molecolari propedeutici al suo successivo sviluppo. In questa fase così importante, il controllo delle attività cellulari si sposta dal genoma materno a quello dell’embrione, il quale si “risveglia” con l’obiettivo di entrare effettivamente in azione. Nell’essere umano tale processo si innesca proprio nello stadio a 8 cellule ed è conosciuto come “attivazione genomica dello zigote”. Fin ad oggi è stato praticamente impossibile studiarlo nei modelli di laboratorio basati su cellule staminali umane, dal momento che questi sistemi erano capaci di replicare solo gli stadi di sviluppo embrionale più avanzati e non quelli più precoci.
Lo studio
Nel 2012 ci fu un’altra scoperta grazie allo studio delle cellule staminali del topo. Esse permettevano di analizzare l’attivazione genomica dello zigote così come succede nei mammiferi. Adesso, con questo studio, sono state individuate cellule equivalenti tra le staminali embrionali umane, che permetteranno di ampliare le conoscenze nell’ambito dello sviluppo preimpianto anche nell’uomo. Queste nuove cellule “8CLC” hanno attivi gli stessi geni presenti nello zigote a 8 cellule. La conferma è arrivata dall’analisi accurata del loro “trascrittoma”, ovvero l’insieme delle molecole di Rna messaggero in cui vengono copiate le istruzioni dei geni attivi. E tale somiglianza si evidenzia anche nelle proteine espresse dalle stesse cellule “8CLC”.
Con questa scoperta, i ricercatori vogliono approfondire lo studio delle proprietà di queste cellule per cercare di comprendere quali cambiamenti molecolari possano modificare lo sviluppo embrionale nelle fasi più precoci.
La questione etica
Le cellule staminali embrionali sono fondamentali per la ricerca perché permettono di trovare nuove terapie come ad esempio la cura della leucemia grazie al sangue del cordone ombelicale.
Può sembrare impossibile ma il loro utilizzo nella ricerca suscita dibattito.
Le cellule staminali embrionali sono primariamente composte da cellule presenti nella blastula umana, uno dei primi stadi della vita. Un ovulo fecondato cresce fino a diventare una blastula (formata da circa 100 cellule), che può sopravvivere per un tempo limitato prima di impiantarsi nell’utero. In genere, le blastule utilizzate nella ricerca vengono estratte, purificate ed espanse in laboratori o in cliniche dove viene praticata la fecondazione artificiale.
La blastula non è un feto
Da una parte la distruzione di una blastula per ottenerne le cellule viene considerata equivalente all’uccisione di un bambino non ancora nato, tesi che non è condivisa da chi invece ritiene che la blastula non sia tecnicamente da considerarsi un bambino perché, in assenza di annidamento nella parete dell’utero, non avrà mai la possibilità di svilupparsi in feto. E quest’ultima pare in effetti la teoria più razionale.
Anche perché ogni anno le cliniche specializzate nella fecondazione artificiale creano molte blastule che vengono distrutte, perché generate in soprannumero. I sostenitori della ricerca sulle cellule staminali in generale ritengono che sia uno spreco buttare via queste cellule e sia di gran lunga preferibile utilizzare queste cellule tratte da queste blastule in soprannumero ai fini della ricerca e dei trattamenti medici che possono potenzialmente salvare delle vite.
Marta Fresolone