Lo scontro tra treni in Grecia è la tragedia che più limpidamente mostra i tanti disastri, spesso malcelati, della privatizzazione.
Lo scontro tra treni in Grecia dello scorso 28 febbraio è stato il frutto di un errore umano: il capostazione avrebbe dimenticato di attivare il meccanismo di spostamento dei binari. La causa scatenante di quei 57 morti, tra cui molti ragazzi che stavano tornando a casa dall’università, sarebbe una dimenticanza. Se si vuole allargare un po’ lo spettro visivo e andare oltre le responsabilità oggettive, ci si può accorgere agilmente di come la fatale distrazione riveli una gestione del traffico ferroviario obsoleta, affidata totalmente al personale umano. Sintomo dell’arretratezza del sistema è la mancanza dell’ETCS, ovvero dell’European Train Control System, un meccanismo di controllo automatico del traffico ferroviario, capace di attivare il freno di emergenza ove necessario.
Dopo lo scontro tra treni del 28 febbraio in Grecia imperversano le proteste
I giorni successivi all’incidente ferroviario, in tutto il paese sono esplose le proteste e gli scioperi. Cittadini di tutte le età, non solo nelle grandi città, ma anche nelle isole, hanno manifestato attaccando apertamente il governo per il sistema ferroviario fatiscente. La gravissima distrazione del capostazione rappresenta la responsabilità più evidente di un quadro fumoso e frammentario, all’interno del quale i molteplici “complici” si nascondono con facilità. Nonostante il goffo tentativo del governo di celare le gravi mancanze di un intero sistema dietro il capro espiatorio dell’errore umano, le piazze hanno contestato le privatizzazioni e le scelte politiche degli ultimi anni, vere colpevoli occulte della tragedia, centrando il punto.
Spiccano su molti cartelloni, tra le voci strozzate dei manifestanti, le parole, divenute slogan, che un genitore ha rivolto al figlio prima che prendesse il suo ultimo treno, in quel giorno nero: “Mandami un messaggio quando arrivi“. Molti dei 57 morti erano giovani studenti universitari che tornavano a casa per il week-end. Proprio dagli studenti partono, attraverso i social, molte critiche rivolte al governo, il quale, secondo i giovani, negli ultimi tempi, avrebbe avuto i soldi per investire nella spesa militare, ma non per ammodernare infrastrutture sempre più vetuste e prive di sistemi di sicurezza adeguati,
La rabbia dei manifestanti, inoltre, non ha risparmiato le spudorate dichiarazioni del Ministro dello sviluppo, il quale nei giorni successivi alla tragedia ha affermato che se il Ministero dei trasporti avesse ammesso i problemi di sicurezza delle linee ferroviarie, la compagnia ferroviaria privatizzata avrebbe perso circa 100 milioni di euro.
Le privatizzazioni in Grecia: un moderno cavallo di Troia
Le privatizzazioni imposte dall’austerity si sono dimostrate il moderno cavallo di Troia con cui la Troika ha silenziosamente saccheggiato un intero paese. Tutta la Grecia, a partire dalla crisi del 2008, è stata sviscerata dall’interno, soltanto a livello epidermico è rimasta una sottile membrana fatta di turismo e patrimonio artistico. Ai greci non appartiene più nulla; dietro la giustificazione della necessità di privatizzare per ridurre il debito e migliorare l’efficacia dei servizi, i greci hanno assistito ad un saccheggio in piena regola. I conquistatori europei (e non) si sono spartiti il territorio, grazie ad un assedio mascherato da soccorso. Per fare solo alcuni esempi: la Germania ha ottenuto la concessione della gestione, per i prossimi 40 anni, di 14 aeroporti greci, per lo più in località turistiche; la Cina ha in mano il 67% del porto del Pireo; L’Italia gestisce invece le linee ferroviarie.
Come hanno dimostrato i fatti, le privatizzazioni hanno rappresentato un’ottima occasione di guadagno per i colonizzatori stranieri, ma non per la Grecia. Si prevedeva un guadagno di circa 50 miliardi di euro dalla privatizzazione di diversi settori, ma così non è stato. La massiccia operazione, tutt’ora in corso, non ha portato a miglioramenti di sistema. Il lemma dell’efficienza ben si sposa con le teorie del profitto, ma non di certo con le finalità dei servizi pubblici.
La privatizzazione dell’acqua
Le proteste più recenti, nei giorni scorsi, hanno riguardato un disegno di legge presentato dal governo che aprirebbe la strada alla privatizzazione dell’acqua. La gestione del servizio idrico e fognario verrebbe trasferita all’Autorità di regolazione per l’energia. La giustificazione addotta dal governo verte sull’inadeguatezza dei controlli pubblici e sulla necessità di una gestione più razionale. Il partito SYRIZA, all’opposizione, commenta tale scelta come l’ennesima decostruzione, operata dal governo, della pubblica proprietà e dei beni pubblici. Per SYRIZA, l’obiettivo reale sarebbe quello di favorire i privati, garantendo loro extra-profitti grazie alla possibilità di gestire il prezzo dell’acqua. Le critiche dell’opposizione e dei manifestanti cercano di evidenziare il pericolo di un ingiustificato aumento dei costi di un bene primario e di prima necessità.
La situazione attuale
Attualmente la situazione greca non è delle migliori. Il decennio di privatizzazioni non ha prodotto l’effetto sperato, non rispettando le previsioni di diminuzione del debito, non migliorando l’efficienza dei vari settori interessati, come dimostrano le infrastrutture per lo più obsolete, e ha visto il dilagare della disoccupazione. A questa situazione si aggiunge il dato che vede circa il 15% della popolazione sotto la soglia di povertà, e una corruzione diffusa persino all’interno degli ospedali, dove i posti letto vengono venduti fino ai 4000 euro.
Oggi la Grecia è il campo di una battaglia mai combattuta, sotterranea, ancora disseminato di mine inesplose, di cui la tragedia ferroviaria è soltanto l’esempio più recente. Le recenti proteste rappresentano l’ultima fiammella di un fuoco ormai spento, di un tempo non troppo lontano in cui i greci davvero avevano creduto di potersi sottrarre, con un referendum, al destino di vittime sacrificali, deciso per loro da un sistema perverso, senza miti e senza dèi.
Questo è ciò che è accaduto alla Grecia a causa dell’intervento della Troika che è stata implacabile ed ha ridotto la Grecia nella condizioni descritte nell’articolo. È quello che potrebbe capitare anche all’Italia se facesse ricorso al MES, come vorrebbe Renzi ed i suoi amici.