Le violenze nel mondo non hanno tregua. Così la morte e il dolore si espandono a macchia d’olio in un territorio fortemente provato dalla Storia: l’Etiopia.
Nel mese di marzo sono morte oltre 200 persone a causa degli scontri etnici in Etiopia tra i due maggiori gruppi: gli Amhara e gli Oromo.
Tali violenze hanno generato un esodo interno, in particolare nella zona di North Shoa. Quasi 250.000, tra uomini, donne e bambini, hanno lasciato le loro case mentre il 20-25% delle abitazioni nella città di Ataye sono state bruciate.
Scontri etnici in Etiopia: perché?
Gli scontri etnici in Etiopia prendono sempre più consistenza violenta in vista delle elezioni previste il prossimo 5 giugno.
C’è da dire infatti che la politica etiope è connessa alle varie etnie territoriali, le quali rappresentano i partiti politici del Paese.
Esistono circa 80 gruppi etnici che si differenziano per lingua e cultura. I maggioritari sono gli Oromo, gli Amhara, i Somali e i Tigrini.
Gli Oromo e gli Amhara nella Storia
Gli Oromo sono circa un terzo dei 95 milioni che popolano l’Etiopia. Durante il periodo coloniale italiano, questi furono favoriti rispetto agli Amhara che cercarono invece di resistere alla campagna del 1935.
Gli Amhara sono invece il secondo gruppo etnolinguistico sul territorio, costituiscono l’élite culturale dominante nella storia del Paese; hanno regnato a lungo e l’amarico è stata la lingua ufficiale fino agli anni ’90. In passato, la maggior parte degli imperatori erano di questa etnia e ciò ha alimentato i conflitti con le altre comunità.
Nel 1995, con l’avvento del federalismo etnico, il governo ha riorganizzato su base regionale l’assetto dell’Etiopia. La nascita della Repubblica Federale Democratica d’Etiopia, frutto di una lunga gestazione, ha così incentivato il rafforzamento delle identità etniche nelle varie province.
Il professore universitario, e politologo, Mario Giro descrive così alcune fiamme che alimentano il conflitto:
“Molti leader oromo vengono accusati di tramare con l’Egitto per scatenare un genocidio anti-cristiano e fondare in Oromia uno stato islamico. In realtà è stata la costituzione federale a piantare i semi della discordia: l’art.39 stabilisce il “diritto alla secessione” di ogni regione, mentre l’art.47 divide il paese in base ad una presunta omogeneità etnica che nella realtà non esiste.”
Situazione attuale
Il capo dei difensori civili dell’Etiopia, Endale Haile, ha rilasciato quanto segue all’agenzia di stampa Reuters:
“Stimiamo che almeno duecento persone potrebbero essere morte, ma dobbiamo ancora verificare il numero con esattezza.”
Nella zona speciale di Oromia quasi 80.000 persone sono sfollate in seguito ai combattimenti. In totale, si stimano circa 330.000 persone costrette ad abbandonare le proprie case e nella regione degli Amhara hanno proclamato lo stato di emergenza.
Violenze che mettono in dubbio le future elezioni e che hanno distrutto 1.539 abitazioni.
Una situazione piuttosto delicata, dove il compromesso storico ha in realtà alimentato le divergenze, dove le differenze religiose e culturali in passato sono state strumento politico nelle mani delle potenze occidentali per continuare con il colonialismo informale.
Ad oggi, l’Etiopia deve ancora far conto con dinamiche di potere avente i suoi retaggi. La crisi quindi non sembra portare ad un superamento del federalismo etnico, piuttosto ad un rafforzamento a discapito del molteplice.
A discapito della diversità.
Maria Pia Sgariglia