Internet è ormai indissolubilmente legato alla nostra vita quotidiana e in alcuni casi, lo smartphone sembra essere diventato un’estensione delle nostre braccia. Ma cosa succederebbe se rimanessimo un giorno senza connessione, lontani dai nostri smartphone? Proprio in questa domanda è racchiusa la sfida di Sconnessi day, un esperimento sociale che lancia la Prima Giornata Mondiale della S-connessione.
Questa giornata offline si celebrerà, a partire da oggi, il 22 febbraio di ogni anno.
“Sconnessi” il film che ci sfida a restare offline
La Giornata della s-connessione viene lanciata in concomitanza con l’uscita del film “Sconnessi” di Christian Marazziti una commedia che mette in evidenza il problema della dipendenza dalla rete e della nomofobia in particolare. Con questo termine si indica il terrore di rimanere essere irrintracciabili e disconnessi dalla rete, in particolare quella mobile. Infatti è sintomo della nomofobia (dall’inglese no-mobile) un esasperato controllo dei livelli di carica dello smartphone. Si tratta di un fenomeno particolarmente diffuso tra i giovani. Secondo dati diffusi sul quotidiano “La Repubblica” a dicembre 2017, il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni non può rinunciare nemmeno temporaneamente alla tecnologia. In media i giovani controllano lo smartphone 75 volte al giorno.
E’ proprio questa dipendenza crescente a spingere il cast del film “Sconnessi” a lanciare un appello alla disconnessione rivolto in particolare agli insegnanti, alle famiglie e ai presidi delle scuole italiane.
Ad essere coinvolti nello Sconnessi day saranno prima di tutto classi ed istituti di ogni ordine e grado.
Così, il 22 febbraio diventa Prima Giornata Mondiale della S-connessione.
L’iniziativa non è promossa soltanto dal cast e dalla produzione del film, ma anche patrocinata dal Club Consulcesi che si occupa di formazione e tutela legale dei medici italiani.
Parallelamente, il Ministero della Salute lancia un corso dal titolo Internet e adolescenti: I.A.D. (Internet Addiction Disorder) e cyberbullismo”.
Una giornata offline: le riflessioni
Sicuramente prevenire le dipendenze legate alla tecnologia è importante tuttavia non si può non notare la difficoltà di un’attuazione completa. Oggi perfino buona parte del mondo del lavoro si basa sull’utilizzo del web. Inoltre è interessante notare come Internet finisca per influenzare anche un evento che vuole limitarne temporaneamente l’uso. Infatti la giornata sarà pubblicizzata dall‘hashtag #Sconnessiday.
In ogni caso, la Giornata della S-connessione è un evento importante che vuole sensibilizzare sull’uso corretto delle nuove tecnologie. In questo senso è significativa la scelta di partire dalle scuole.
In conclusione Internet, social e smartphone non sono né buoni né cattivi; sono strumenti da utilizzare nel migliore dei modi.
Gessica Liberti
Per caso è una giornata (indetta da chissà chi) per pubblicizzare il solito film italiano del cavolo?
Salve,
sono una persona che ha vissuto sulla propria pelle il problema della IAD – Internet Addiction Disorder – ancora in tempi non sospetti, quando di “iperconnessione” e smartphone nemmeno si parlava perché non esistevano i social, e gli instant messenger erano agli inizi: MSN messenger, poi c’era IRC, che impazzava come chat testuale; era fine anni 90, inizio 2000, e avevo il mio computer da tavolo un vecchio pentium 133 desktop con windows 98. Internet mi ha permesso di superare molte barriere, ed è tutt’ora così, anzi la situazione è abbastanza migliorata proprio grazie allo smartphone: ho una disabilità visiva dalla nascita e, la tecnologia sopperisce alla totale assenza della vista, ovviamente dove possibile: navigatore GPS, fotocamera che legge i testi e rileva la luminosità ambientale, informazioni in tempo reale su treni e fermate dei mezzi pubblici… e così via. Le macchine dove possibile, devono sostituire gli occhi, non la testa! Solo che, ADESSO ci sono arrivata e all’epoca no.
Venivo da una adolescenza in cui le relazioni erano tutte basate sull’opportunismo, essendo una che studiava, i compagni di scuola mi volevano bene perché copiavano… in adolescenza non sei né carne né pesce e se c’è una disabilità di mezzo è ancora più difficile; e allora ti arrabbi col mondo e dai la colpa alla disabilità anche dove colpe non ce ne sono, perché il periodo adolescenziale è incasinato per tutti. Così amicizie poche, amori zero… è arrivato internet e, oltre al grande aiuto che mi ha dato per la tesi della maturità, mi sono impelagata nelle chat. 18-19 anni che avevo, credevo che parlare di me stessa, confrontarmi con gente estranea potesse servire invece i risultati erano una discriminazione continua, dove il commento migliore che facevano alla mia disabilità era “poverina”, un’umiliazione dietro l’altra per non parlare poi del “come fai a pulirti quando vai in bagno” o peggio.
E allora mi creai un secondo profilo, un fake, chiamiamolo col loro nome, per evitare di parlare di disabilità e cercare una comunicazione senza barriere ma poi il “”gioco”” è sfuggito di mano e da semplice “diversivo” per parlare di informatica senza avere rotture di scatole, è diventato un vero e proprio dovere giornaliero come una medicina.
Lavoravo, mangiavo, dormivo, facevo tutto ma la mia testa non c’era. Uscivo con amici, o con la famiglia, e contavo i minuti che mi separavano dal tornare in chat, sul mio vecchio computer da tavolo; così era. Bastavano due minuti due, ma dovevo entrare anche per leggere “hai zero messaggi non letti”
Poi ne sono uscita perché quello che è diventato il mio ragazzo se ne è accorto e mi ha messa spalle al muro
ma ho fatto fatica, e adesso sono piena di tecnologia, ho lo smartphone, il tablet, lo smartwatch, diversi computer, attrezzatura domotica…
però gli unici motivi che mi possano far guardare con insistenza la percentuale di carica della batteria, sono dovuti dal fatto che se sono per strada e devo avere il GPS attivo il telefono non deve essere scarico, o l’OCR per leggere qualcosa. Anzi, le notifiche delle varie chat e social network, meno attive sono, meglio è.
Rintracciabilità 24 ore su 24? Non esiste, se la sognano. Se vogliono assistenza di computer extralavorativa, pagano; se mandano messaggi whatsapp di cazzeggio, con me rimangono lettera morta. Se guardo un film, lo smartphone serve come lettore di audiodescrizioni o sottotitoli -dove possibile-, per me chiedermi di partecipare allo sconnessi day, sarebbe come farmi stare una giornata con i tappi sulle orecchie; già non mi funzionano gli occhi, per cui anche no.
Piuttosto che una rinuncia alla connessione internet, pensiamo a tagliar fuori dalla nostra vita tutte quelle cose superflue che si fanno in rete. Scrivere quanto è bello il sole stamattina su facebook per esempio… anche no
Ciao Elena, la tua è davvero una preziosa testimonianza. Ti ringraziamo per averla condivisa con noi.
Un Abbraccio.
Grazie per la tua testimonianza Elena, la tua storia dimostra che la tecnologia non è né buona né cattiva. E’ uno strumento che può migliorare di molto la nostra vita a patto che lo si usi bene. Come giustamente dici tu in modo non superficiale. Naturalmente, lo sconnessi day è un’iniziativa simbolica a cui aderisce chi se lo può permettere.
Continua a lottare e ad essere forte come sei ora perché la disabilità a volte può essere un fardello ma ci insegna ad avere uno sguardo più profondo sulla vita.
Si impara a vedere con altri occhi o a camminare con altre gambe.
Gessica