Lo sciopero è l’arma più efficace per far valere i propri diritti da lavoratore. Nel corso del ‘900 ci sono state numerose lotte sindacali in piccole e grandi aziende in cui numerosi individui hanno perso la vita per difendere le modalità di lavoro.
Nella trasmissione Mezz’ora in più di Lucia Annunziata, Salvini ha dichiarato: “Ora scioperano anche i clandestini? Ma in che Paese viviamo.” La replica del sindacalista di Usb Aboubakar Soumahoro è secca e perentoria: “Senatore Salvini, si metta gli stivali e venga nel fango dei campi con noi“. Il botta e risposta tra il leader della Lega ed il sindacalista ha avuto toni accesi e si è ampliato in un discorso più ampio. Caporalato, regolarizzazione di lavoratori stranieri nei campi e mancanza di braccianti in tutta Italia sono temi che fanno discutere. Cento anni fa ci furono importanti agitazioni sindacali che obbligarono gli operai ad applicare lo sciopero per far valere i loro diritti: forse Salvini dovrebbe studiare qualcosa in più sul diritto di sciopero e sul suo tortuoso percorso fino ad oggi.
“Lo sciopero delle lancette” del 1920
Siamo a Torino nel mese di aprile. Alcuni operai iniziano a protestare per la mancata applicazione dell’ora legale sul luogo di lavoro; dunque sono costretti a muoversi dalle proprie case di notte per raggiungere l’azienda. La contestazione sfocia in una serie di lotte ed episodi di occupazione delle fabbriche in cui i lavoratori danno vita ai consigli direttivi. Alla Fiat Brevetti, per protesta, le lancette di tutti gli orologi dello stabilimento sono spostate indietro di un’ora e la dirigenza dell’azienda licenzia la commissione interna.
Il sindacalista Pietro Ferrero, segretario della sezione torinese della FIOM, è stato uno dei principali esponenti della rivolta. Nato a Grugliasco, durante la Prima Guerra Mondiale milita nella corrente rivoluzionaria della CGL, assunto in FIAT intraprende l’iniziativa dello sciopero delle lancette. Morirà due anni dopo durante la strage di Torino per mano delle squadracce fasciste. Dopo averlo catturato, infatti, lo legano ad un camion e lo lanciano per le vie della città.
Il biennio rosso del 1919-1920
Bisogna però contestualizzare “lo sciopero delle lancette” in un momento particolare della Storia d’Italia. L’uscita dalla Grande Guerra ha causato numerosi problemi. La necessità di convertire parte dell’industria militare in industria civile, l’aumento della disoccupazione, il reinserimento degli ex soldati all’interno della società e il movimento operaio sono fatti all’ordine del giorno. Carovita e l’inflazione erodono gli stipendi dei lavoratori e il sindacato inizia ad avere maggiori iscritti: scioperi e serrate degli industriali sono all’odine del giorno. Molti lavoratori durante il biennio rosso ottengono le otto ore lavorative e la possibilità di iscriversi ai movimenti sindacali.
Dopo cento anni il problema si ripresenta sotto forma del caporalato: Salvini forse non è al corrente che lo sfruttamento dei braccianti sia all’ordine del giorno e che urgano misure di tutela efficaci e sicure. Il diritto al lavoro nei campi con maggiori tutele è necessario, caro Salvini, ed è costituzionale permettere lo svolgimento dell’attività in sicurezza, così come costituzionale è il diritto di sciopero.
Luca Patrucco