Sciopero delle donne in Polonia, Marta Lempart rischia 8 anni di carcere

Marta Lempart

Marta Lempart leader dello sciopero delle donne in Polonia rischia l’arresto.

Da quel 23 ottobre, il grido delle donne in Polonia a favore della libertà di abortire non si è mai spento. Così come non ha mai smesso di combattere Marta Lempart, leader del primo sciopero delle donne organizzato a Varsavia e in tutte le altre grandi città del Paese a seguito della decisione della Corte Costituzionale di modificare in modo restrittivo la legge sull’aborto. Negli ultimi giorni le strade sono tornate a riempirsi di giovani manifestanti pronti a sfidare il governo guidato dal PiS (Diritto e Giustizia), il partito ultra-cattolico e antiabortista che ha varato definitivamente la legge sull’aborto. Dopo una fase in cui l’esecutivo sembrava voler instaurare un dialogo con il movimento delle donne, anche a seguito delle pressioni dell’opinione pubblica internazionale, il governo di Varsavia ha mostrato il vero volto della repressione nei confronti dei dimostranti. La portavoce della procura della capitale, Aleksandra Skrzyniarz ha annunciato che Marta Lempart rischia fino a 8 anni di carcere.

Le accuse rivolte alla leader Marta Lempart

La leader delle proteste delle donne in Polonia sarebbe accusata di aver organizzato una manifestazione che non rispettava le misure anti-Covid previste.  Inoltre, si legge nell’accusa, la Lempart avrebbe “insultato degli agenti di polizia e preso parte ad alcuni attacchi alle chiese”.  Gli episodi su cui indaga la procura risalgono alle manifestazioni di gennaio. Migliaia di persone hanno accolto l’invito di scendere in piazza contro l’entrata in vigore della nuova legge. A Danzica e nella capitale Varsavia ci sono stati molti episodi di scontri e violenza da parte delle forze dell’ordine sulle persone scese in piazza. Gli atti di protesta dei manifestanti polacchi dalle strade si sono estesi anche dentro le chiese. Al quarto giorno di proteste dopo lo scoppio delle prime manifestazioni, alcuni dimostranti hanno interrotto alcune funzioni religiose per protestare contro le istituzioni della Chiesa polacca accusata di aver sostenuto la legge che restringe in modo significativo il diritto all’aborto.



Ogni anno 150mila donne ricorrono all’aborto illegale

La Corte Costituzionale di Varsavia aveva dichiarato che, anche in caso di malformazioni gravi del feto, non sarebbe stato consentito l’aborto. I casi in cui si potrà ricorrere all’interruzione di gravidanza riguardano quindi solo episodi di stupro, incesto o rischio per la vita della donna. Questa situazione ha provocato un forte disagio per migliaia di donne. Non ci sono dati certi, ma si stimano che circa 150mila donne ricorrono ad un aborto illegale ogni anno. Spesso si usano farmaci per abortire, l’altra ipotesi è quella di farlo altrove. Oltre 1000 donne ogni anno preferisce spostarsi in Germania o in Olanda in modo da interrompere la gravidanza in modo sicuro. La situazione rischia di peggiorare ulteriormente, in una fase in cui è già alto il numero delle persone vittime di questi provvedimenti.

La denuncia dell’Europa in difesa dei diritti fondamentali

Anche il Parlamento Europeo denuncia la vicenda polacca. Già questa estate la Commissione dell’UE aveva deciso di sospendere i fondi europei destinati alla Polonia. Alcuni eurodeputati insieme alla presidente della Commisione europea Ursula von der Leyen si sono schierati al fianco dei manifestanti per la difesa dei diritti fondamentali. Tuttavia, niente lascia sperare che le cose possano cambiare dopo le accuse rivolte a Marta Lempart ed a tante altre attiviste. La leader del movimento che aveva acceso le speranze dei cittadini polacchi adesso rischia una nuova minaccia da parte del governo.

Valerio Caccavale

 

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