Il pensiero di Schopenhauer ha ancora molto da dirci. Sonda profondità umane che, annunciate nell’Ottocento, oggi sono più attuali che mai.
Il mondo di Schopenhauer:
Cosa sia il mondo per Schopenhauer, lo si comprende appieno nel titolo della sua opera più importante, Il mondo come volontà e rappresentazione. Opera che alla sua pubblicazione non ebbe nessun successo. Molte copie, in quel lontano (ma neanche troppo) 1819 furono mandate al macero. Eppure oggi essa rappresenta una pietra miliare della filosofia, e non solo.
Lo abbiamo sentito spesso: “vuoi capire Schopenhauer? Guarda Matrix!”. E in effetti, molto della sua filosofia compare nel film firmato Wachowski, ma non molti sanno cos’altro si celava in quel pensiero. Esso conteneva in nuce quella scoperta delle pulsioni irrazionali proprie dell’uomo, punto d’avvio per lo sviluppo della futura psicoanalisi. È Freud stesso ad ammettere che Schopenhauer si fosse avvicinato all’inconscio molto prima di lui.
La volontà e la rappresentazione:
In cosa consiste perciò questo mondo per Schopenhauer? Senza addentrarci troppo nello specifico, ci basti pensare che ciò che state leggendo ora, la realtà che vi trovate attorno girando lo sguardo nella stanza, il cellulare, tablet o pc che avete tra le mani – in poche parole, il mondo – è un’illusione. Pura rappresentazione. Ed è il Velo di Maya ingannatore a nascondervi la vera realtà.
A questo punto, la domanda come si suol dire “sorge spontanea”: come poter giungere oltre l’illusione? Come svelare Maya? Grazie all’autocoscienza. È attraverso essa che possiamo raggiungere la vera realtà. Ma non aspettiamoci di trovarci dentro il paese dei balocchi. Anzi.
La realtà oltre Maya ci pone dinnanzi a quella forza unica ed irrazionale che muove l’intero universo. Forza che genera e pervade tanto ciò che è organico quanto ciò che non lo è. Ecco che l’uomo scopre così di non essere altro che uno strumento nelle mani della volontà di vivere. Che altro non vuole da noi se non che ci facciamo continuatori della specie, perpetuatori della sua eterna volontà di esistere.
Tra desiderio e noia:
Ed ecco il punto. L’uomo oscilla, costantemente pendolo tra desiderio e noia. L’uomo desidera. Vuole. Ha bisogni continuamente da soddisfare. E appena un desiderio si avvera, ciò non sarà altro che terreno fertile per la nascita di un altro desiderio.
Volere costantemente. Desiderare ardentemente per poi stancarsi di ciò che si è ottenuto e ricadere così nella noia. E da qui alla nascita di un nuovo desiderio.
Qualcuno dei lettori si sente ancora immerso nella lettura di un testo di inizi Ottocento o improvvisamente si pensa davanti ad uno studio recente? Magari proprio sulla società di oggi?
Come considerare questa teoria nell’epoca attuale? Epoca prettamente consumistica e rivolta alla soddisfazioni di bisogni. Epoca tenacemente tesa alla creazione di quegli stessi bisogni. E allora ecco desideri nuovi per vecchi istinti. Pubblicità che sembrano incitare alla creazione di nuove necessità e che allo stesso tempo presentano il modo con cui soddisfarle.
La società odierna sembra essere andata alla scuola di Schopenhauer ma senza seguire la lezione fino in fondo. Si è decisa di fermarsi alla soddisfazione di bisogni – quando ci riesce – e alla creazione di continui desideri.
Sembra che, invece di perseguire le strade per l’uscita dal dolore che Schopenhauer ha indicato, si sia deciso di puntare su quell’istinto alla volontà e giocarsi lì le proprie carte.
Dolore, sì, perché è questo ciò a cui conduce l’eterno oscillare tra desiderio e noia. Dolore che forse, richiudendo quel velo che qualche filosofo ha cercato di squarciare, è divenuto assuefazione. Distrazione. Oblio di sé.
Le vie di Schopenhauer:
Per sfuggire al dolore le vie sono essenzialmente tre: l’arte, la morale, l’ascesi. Aspetti della vita che oggi sembrano essere rimasti chiusi in un cassetto. Posti al secondo – se non al terzo, quarto… – posto rispetto alla ricerca della soddisfazione del desiderio.
L’arte, conforto momentaneo che ci slega dallo spazio e dal tempo, offrendosi come godimento libero da ogni utilità. La morale, la vicinanza all’altro che ci conduce a quella compassione con cui sentirci partecipi della stessa sofferenza universale. L’ascesi. L’annullamento della volontà (che non coincide in un nessun modo con il suicidio), fino all’astensione dai piaceri.
Vittime o carnefici?
Nessun dito puntato in qualche direzione particolare. In fondo, siamo le due facce della stessa medaglia. Ci si lamenta di non avere ciò che si vuole. E allo stesso tempo si alimenta la ricerca di ciò che non si può avere.
Ma consoliamoci con questo aneddoto raccontato da Galimberti sul conto di Schopenhauer: una sera, i suoi allievi lo avrebbero incontrato mentre usciva da una casa di tolleranza. Memori delle lezioni sull’ascetismo del loro maestro gli avrebbero chiesto ragione di quel suo comportamento. Alla quale richiesta egli avrebbe risposto: “non attendetevi che la filosofia, per essere vera, abbia bisogno della testimonianza del filosofo”.
Tiriamo così un sospiro di sollievo. Già essere consapevoli, forse, per ora, può bastare.