Identificata dai ricercatori Andreas Meyerhans e Juana Diez la proteina Schlafen 12 apre nuove prospettive per la cura contro l’HIV.
Stando allo studio pubblicato su Communication Biology, Schlafen 12 sarebbe in grado di interferire con il ciclo di replicazione del virus e bloccare così l’infezione. Si apre così la strada per nuove strategie di cura contro un male che causa ancora oggi la morte di 650.000 individui ogni anno.
HIV: virus dell’immunodeficienza umana
Sigla dell’inglese Human Immunodeficency Virus, l’HIV appartiene alla categoria dei retrovirus, quel particolare tipo di virus in grado di convertire il proprio RNA in DNA una volta entrato nel citoplasma della cellula ospite. Da qui migra nel nucleo cellulare, si integra con il genoma della cellula ospite e proprio come questo viene sottoposto a replicazione. Se non trattata in tempo l’infezione da HIV porta gradualmente all’autodistruzione del sistema immunitario dell’organismo ospitante, conosciuta come AIDS.
Ma è davvero possibile trattarla?
Un’adeguata terapia antiretrovirale permette a chi ha contratto l’infezione di vivere una vita relativamente tranquilla, ma non distrugge il DNA virale presente nelle cellule. Si parla piuttosto di latenza (di un virus “dormiente”) pronta a terminare appena cessa il trattamento. Non esiste, dunque, alcuna cura specifica per l’HIV che ancora oggi risulta letale per 650.000 individui ogni anno.
“Non saremo in grado di curare l’infezione finché non troveremo il modo di eliminare le cellule in cui il virus è presente anche in modo latente”
Ha dichiarato Andreas Meyerhans, professore alla Universitat Pompeu Fabra di Barcellona che, forse, quel modo lo ha trovato. Si tratta di Schlafen 12 una proteina destinata ad aprire nuove prospettive nella lotta contro l’HIV.
Schlafen 12
La scoperta si deve al professor Meyerhans e alla dottoressa Juana Diez.
Schlafen 12, o SLFN 12, è la proteina in grado di interferire con il ciclo riproduttivo del virus e bloccare così l’infezione. Lo fa attaccando il tRNA, o RNA di trasporto, quel “dispositivo” in grado di “trasportare” gli amminoacidi dell’RNA nei siti di traduzione e replicazione.
Ciò comporta che l’RNA virale non possa riprodursi.
“Senza la possibilità di integrarsi con il DNA della cellula ospitante e di riprodursi, l’RNA virale resta attivo nel citoplasma e visibile ai farmaci”
Sostiene la dottoressa Juana Diez
A differenza delle terapie antiretrovirali quindi, il trattamento con Schlafen 12 non solo impedirebbe al virus presente nel citoplasma di integrarsi col DNA ospitante, ma anche di replicarsi. In un colpo solo si avrebbero meno bersagli e tutti ben visibili.
“Se il virus resta visibile e non si “confonde” con la cellula ospite, il sistema immunitario può certamente identificarlo e combatterlo”.
Sembra il caso di dirlo: tana per il retrovirus.