Generazioni a confronto, uno “scarto” da percorrere per educare entrambe

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Nei bar, come dal parrucchiere o addirittura di fronte le scuole, sempre più dialoghi convertono sull’inettitudine delle nuove generazioni, considerate da quelle precedenti come incapaci di badare a se stessi.

L’altro giorno, in meno di 3 ore, mi è capitato di ascoltare due conversazioni che si facevano eco a vicenda. Il tema era ancora una volta la lotta fra generazioni, portata avanti e condotta da pensionati o da lavoratori prossimi al ritiro.

Tutti gli attori di queste autentiche sceneggiate sulla lotta fra le generazioni concordano sul fatto che loro, da piccoli, erano più indipendenti e meno mammoni dei ragazzi di oggi. C’è chi si ricorda di andare a scuola da solo a 6-7 anni, chi si ricorda di cucinare, badare al fratellino o fare addirittura la spesa senza la supervisione di un adulto. Inoltre, c’è chi asserisce che i giovani oggi divorano il patrimonio guadagnato con fatica dai genitori.




È innegabile che ci siano differenze tra i figli di 30 anni fa e i figli di oggi – e come sorprendersi, è l’ordine naturale del tempo – ma, in realtà, queste originano dalle differenze che ci sono innanzitutto tra i genitori di ieri e i genitori di oggi.

Maria Grazia Contini, chiamerebbe questa distanza “scarto”. Uno scarto tra due generazioni che può trasformarsi in percorso pedagogico, per dare vita ad uno spazio intermedio in cui costruire una progettualità educativa.

Se è vero infatti che un conflitto generazionale è inevitabile, può essere pure salvifico solo se condotto e portato avanti dalle nuove generazioni che, attraverso il confronto, possono rimediare agli errori del passato e prendere esempio da chi le ha preceduti.

Le recenti cerimonie della Memoria obbediscono proprio a questa ultima funzione del confronto generazionale: attraverso il ricordo dei giovani di allora è possibile educare i giovani odierni all’arte della memoria storica.

Quando, invece, è sostenuto e alimentato da ultracinquantenni nasconde un senso di smarrimento e di vuoto attorno in cui si smette di vivere nel presente per rifugiarsi dentro calici di ricordi trangugiati dal tempo. Non mi soffermerò su quanto sia deleterio per la nostra serenità rimestare con il setaccio della mente il latitante passato.

Già gli antichi si mostravano titubanti nei confronti delle nuove generazioni di allora. Se così fosse, se davvero i giovani fossero sempre più dissoluti, più oziosi e incapaci degli anziani che li hanno preceduti, l’umanità si sarebbe già estinta da parecchio.

Non è credibile allora che l’umanità stia vivendo un declino culturale portato avanti di generazione in generazione.

Quel che è cambiato oggi è semmai la sensibilità posta dai genitori sui propri figli, eredi dei nostri ricordi.

Mezzo secolo fa, soprattutto in aree rurali e in società contadine, i figli “si facevano”, non si accudivano con tutte le attenzioni e le premure di oggi. Si facevano “per comodo”, perché nei campi erano pur sempre due braccia e due gambe in più; in secondo luogo capitavano, “per caso”, non esistevano affatto, o non erano diffusi capillarmente come oggi, profilattici e contraccettivi, quindi era naturale incorrere in gravidanze indesiderate appena varcata la soglia della pubertà.

Al giorno d’oggi, invece, con maggior consapevolezza i figli si cercano e spesso nascono quando i genitori hanno già passato i 30. I figli diventano, proprio per la loro rarità, oggetti preziosi, amuleti per il futuro, da custodire e proteggere dalle intemperie del mondo che, a detta dei genitori, non smettono mai di piovere.

Un’ultima precisazione. Nessuno di noi si può veramente definire indipendente dalle generazioni che lo hanno preceduto.

Come scriveva Winnicott, “non esiste un bambino senza una madre”, ovvero senza un’ambiente che lo accoglie e lo contiene.

La vita ci permette di compiere scelte, più o meno consapevoli, nella misura in cui la famiglia rifornisce la giovane sete creativa che appartiene ad ogni nuovo nato. La famiglia crea per noi sentieri già dibattuti, in cui l’erba cattiva non cresce più, e costella il nostro percorso di paletti segnaletici per guidarci nella tribolante selva della vita.

Il conflitto fra le generazioni può essere addomesticato qualora entrambe le parti si rendano conto delle reciproche inottemperanze e incomprensioni comunicative.

Entrambi, il giovane e il vecchio, viaggiano nella barca dell’esistenza con due bussole diverse che indicano due nord diversi. Incapaci di sincronizzare i loro orientamenti, si ritroveranno ben presto uniti nel naufragio esistenziale che sommerge prima o poi ogni essere umano.

Quando, anche per i giovani, giungerà il momento di misurarsi con il nuovo mondo nuovo, scopriranno esistere una linea trasversale di congiunzione generazionale che rende più simile il nonno al nipote, il genitore al figlio.

Prendiamoci cura degli adulti di domani, prendiamoci cura dei messaggeri del futuro, prendiamoci cura dei nostri bambini.

Axel Sintoni

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