Uber, la nota compagnia di trasporto automobilistico privato, si trova coinvolta in uno scandalo internazionale.
Avrebbe fatto pressione sui governi per sconvolgere il settore taxi e diventare leader dei trasporti
Uber Files, migliaia di documenti espongono il sistema di lobbying
Lo scandalo che ha colpito l’azienda di trasporti privati nasce dagli Uber Files.
Si tratta di 24mila file confidenziali, pubblicati dal The Guardian e condivisi con ICIJ (International Consortium Investigative Journalists), che svelano un imponente sistema di lobbying che coinvolge Europa e USA.
Secondo quanto rivelato dai documenti, tra il 2013 e il 2017 Uber avrebbe fatto pressioni su oltre 30 governi per mettere in crisi il settore taxi e imporsi come leader nel settore trasporti.
In quel periodo, alla guida della startup c’era Travis Kalanick, che avrebbe investito oltre 90 milioni di dollari in attività di lobbying.
L’offerta di Uber consisteva nell’attirare conducenti e passeggeri con modelli di prezzo ed incentivi insostenibili. Avrebbero distrutto il settore taxi, favorendo un nuovo mercato basato su app e gig economy.
Il tutto supportato da stimati accademici che avrebbero prodotto ricerche sui benefici del modello economico di Uber. Il tutto, sotto pagamento di migliaia di dollari.
Gli Uber Files mostrano come l’azienda avesse escogitato dei metodi tecnologici per sfuggire a eventuali controlli delle autorità.
Uber avrebbe installato nei suoi sistemi informatici un “interruttore d’emergenza“, ossia un sistema che avrebbe resto temporaneamente non accessibili i computer di una determinata sede.
In questo modo, non sarebbero potuti essere soggetti a un controllo.
Inoltre, secondo quanto rivela l’ICIJ, Uber avrebbe reclutato un gruppo di ex funzionari pubblici, tra cui ex consiglieri del Presidente Obama, per esortare le autorità a interrompere le indagini, a modificare le politiche sui dipendenti, a redigere nuove leggi che disciplinassero i taxi e ad allentassero i requisiti di verifica dei conducenti.
ICIJ ha commentato i documenti criticando le tecniche di Uber.
Uber Files rivela come Uber abbia fatto irruzione nei mercati di tutto il mondo avvalendosi di tecniche illecite per ostacolare gli sforzi mirati alla regolamentazione. E come abbia ingaggiato una falange di lobbisti per ottenere il favore di importanti leader mondiali al fine di influenzare la legislazione, ed evitare di pagare le tasse
L’attuale direttrice Dara Khosrowshahi si è difesa dalle accuse, considerandole “comportamenti passati“.
Non abbiamo e non creeremo scuse per comportamenti passati che chiaramente non sono in linea con i nostri valori attuali. Chiediamo invece al pubblico di giudicarci in base a ciò che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni e cosa faremo negli anni a venire
“Accogliete il caos”, la controversa strategia di Uber
Il lobbying di Uber ha naturalmente portato a feroci proteste in tutto il mondo da parte dei tassisti.
Ma pare che Kalanick non fosse preoccupato della violenza.
Un ex-dirigente ha parlato al Guardian della controversa strategia del leader di Uber, che voleva “mantenere accesa la polemica“.
Durante il lancio di Uber in India, infatti, il leader avrebbe esortato i manager ad “accogliere” la protesta, considerandola un segno positivo.
Sappiate che questa è una parte normale dell’attività di Uber. Accogliete il caos. Significa che state facendo qualcosa di significativo
Stessa cosa in Francia, dove Kalanick avrebbe spinto gli autisti alla “disobbedienza di massa“.
Penso che ne valga la pena. La violenza garantisce il successo. E a questi ragazzi bisogna resistere, no? È chiaro che bisogna pensare al luogo e al momento giusto
Nel marzo del 2015, ad Amsterdam, degli uomini incappucciati (probabilmente tassisti arrabbiati), si scagliarono contro gli autisti Uber armati di tirapugni e martelli.
Anche in quell’occasione Kalanick avrebbe cercato di sfruttare la situazione a suo vantaggio per ottenere concessioni dal governo olandese.
Manteniamo la narrazione della violenza per alcuni giorni, prima di offrire la soluzione
Il portavoce di Kalanick nega che l’ex leader abbia pronunciato queste frasi, affermando che nessuno abbia incentivato la violenza.
Inoltre, ha dichiarato che hai tempi le norme sul ridesharing non esistevano, mentre le leggi sui trasporti erano obsolete per l’era degli smartphone.
In diverse parti del mondo, le autorità hanno cercato di bloccare Uber.
In alcune città, i funzionari hanno persino scaricato l’app e richiesto un passaggio per poter multare e sequestrare i veicoli Uber fuori regolamento.
Gli uffici di tutto il mondo hanno subito perquisizioni, in particolare in Thailandia e India.
A queste difficoltà, il dirigente della comunicazione globale di Uber Nairi Hourdajian avrebbe commentato:
A volte abbiamo problemi perché, beh, siamo semplicemente illegali, caz**
Hourdajian ha rifiutato di commentare queste parole.
“Saccheggio di Stato”, Macron coinvolto nello scandalo Uber
Ad essere coinvolto nell’indagine è, in particolar modo, l’attuale Presidente francese Emmanuel Macron.
Gli Uber Files, infatti, evidenziano gli enormi sforzi fatti da Macron (Ministro dell’Economia sotto l’amministrazione Hollande dal 2014 al 2016) per aiutare Uber nel lobbying.
Durante la sua carica di Ministro, Macron aveva promesso di fare della Francia una “nazione di startup“, e avrebbe tenuto almeno tre incontri segreti con Travis Kalanick.
In un’occasione, Uber avrebbe contattato Macron per aiutarli durante una perquisizione dei loro locali da parte delle autorità fiscali.
L’ex Ministro dell’Economia avrebbe persino ottenuto un accordo segreto con l’opposizione per favorire Uber.
In Francia è subito montata la polemica.
La leader parlamentare del partito d’opposizione Mathilde Panot, ha parlato di “saccheggio di Stato” e ha definito Macron un “lobbista per una multinazionale statunitense che mira a deregolamentare il diritto al lavoro“.
Macron, comunque, non ha mai nascosto il suo interesse verso le tecnologie statunitensi. Fin da subito aveva appoggiato Uber, sostenendo che vietarlo in Francia sarebbe equivalso a “rimandare i giovani disoccupati a vendere droga nei quartiere degradati“.
Il sostegno di Macron è stato fondamentale per Uber, che è riuscita a imporsi in Francia nonostante le proteste dei tassisti.
Aurore Bergé, leader parlamentare del partito di Macron, ha difeso il Presidente.
Macron ha giustamente facilitato l’arrivo di aziende che hanno creato posti di lavoro. Riguardo alle accuse di un accordo segreto, non c’è stato alcun accordo, non c’è stato alcun quid pro quo
Anche se non è chiaro se, e come, sia possibile indagare il Presidente, il sindacato ha chiesto a Macron di “dare spiegazioni al popolo francese“.
Presenti nell’indagine anche Renzi e Scholz
Nello scandalo Uber è coinvolta anche l’Italia, in particolare il governo Renzi.
Secondo il quotidiano italiano L’Espresso, l’azionista di Uber Carlo de Benedetti avrebbe esercitato pressioni sul governo Renzi per favorire la startup.
In alcune mail dei manager americani coinvolti nell’indagine si legge che Renzi è un “entusiastico sostenitore di Uber“.
Quest’ultimo, però, sostiene di non aver mai seguito la vicenda di persona.
Diversa, invece, la posizione del Cancelliere tedesco Olaf Scholz, ai tempi sindaco di Amburgo.
Al tentativo di Uber di imporsi in Germania, Scholz avrebbe risposto: “Prima mettete un salario minimo agli autisti!”
A questa risposta, un dirigente di Uber avrebbe risposto: “Scholz è un vero comico“.
Uber avrebbe cercato di stringere accordi anche con i ministri di altri Stati, tra cui il primo ministro irlandese Enda Kenny, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e George Osborne, all’epoca cancelliere del Regno Unito.