Le scale, luogo dell’animazione
Autori come Pontormo e Hitchcock hanno mostrato, ognuno nella specificità della propria arte, l’animazione intrinseca nelle scale. Camminare su di esse è un movimento dinamico elementare, fa subito immaginare come possa svolgere un ruolo fondamentale nel cinema e invece risultare un qualcosa di problematico per la pittura.
In pittura
In quest’ultima la scala ha avuto il suo posto nel corso dei secoli. Il sogno di Giacobbe era un tema biblico che ne prevedeva la presenza, garantendo così all’arte religiosa una possibilità canonica di raffigurarla. Oggetto della vita quotidiana dalle diverse possibilità di significazione, la scala non manca di essere utilizzata in un contesto socioculturale secolarizzato come quello occidentale contemporaneo; un esempio su tutti sono i quadri di Joan Mirò. Ma in questi riferimenti la scena è colta solo in un suo istante, può al massimo simboleggiare un movimento fisico e ideale. La scala presente non concede spazio a un’effettiva animazione di un singolo personaggio che si muova su di essa; si evidenzia così la problematicità strutturale della pittura di affrontare, forse anche di pensare, un’iconografia del genere con tutti i suoi risvolti.
Pontormo, Giuseppe “animato”
Chi, invece, si è avvicinato a una restituzione filmica del passaggio su di una scala è il Pontormo; il pittore fiorentino intorno al 1518 completa le storie di Giuseppe ebreo di cui fa parte la scena di Giuseppe in Egitto; proprio in quest’ultima, il personaggio principale torna quattro volte nella raffigurazione. Due volte nel primo piano sottostante e una nell’ambiente al piano superiore; tra di esse si intervalla un “fotogramma” di Giuseppe che sta camminando sui gradini. La molteplice presenza, insieme alla disposizione scalare seguendo profondità e altezza, fornisce allo spettatore una sensazione animata, del tipo che se si scorresse velocemente una raffigurazione di Giuseppe dopo l’altra risulterebbe un vero e proprio movimento.
Gli interni di Hitchcock
Parallelamente, la scala è un elemento ricorrente in diversi film di Hitchcock di cui vorrei parlare; ambientazione ricorrente sono delle grandi case in cui si incontrano proprietari e personaggi provenienti dal di fuori, con la storia che si addentra e si dirama nelle diverse stanze.
Un personaggio che scende le scale
In “Rebecca – La prima moglie” la seconda moglie di Massimo de Winter, seguendo un subdolo suggerimento della governante, utilizza per la festa in maschera lo stesso vestito che Rebecca aveva pensato per una festa precedente; la sua discesa delle scale è il momento di un ultimo lampante ritorno del ricordo della prima moglie con cui la novella sposa si è trovata continuamente a confrontarsi, confronto in questa scena al massimo della sua esasperazione; proprio al seguito di ciò arriverà una svolta nella storia. In “Io ti salverò” tramite la discesa delle scale si scende nel profondo dell’inconscio problematico di John Ballantyne; sta andando al piano inferiore per uccidere il dottor Brulov se non fosse che quest’ultimo, psicanalista maestro di Costanza Petersen che intende salvare John, avesse già intuito la situazione gestendo così questo nuovo “paziente”.
Un gruppo che scende le scale
In “Notorius – L’amante perduta” Devlin porta giù dalle scale Elena Huberman che era stata chiusa in camera sotto effetto del veleno; nello scendere le scale verso la salvezza da quella prigione c’è il contemporaneo avvicinarsi di Alessio Sebastian, lì al loro fianco, marito e avvelenatore insieme a sua madre di Elena, verso la sua fine; i complici tedeschi suoi ospiti, infatti, lo guardano da sotto e iniziano a sospettare ciò che aveva fatto: l’aver sposato ingenuamente un’agente americana che era arrivata a Rio de Janeiro proprio per spiarli.
Scale animate, dinamicità e trasformazione
In questi pochi esempi si evidenzia in Hitchcock un utilizzo delle scale come elemento cardine dello sviluppo scenico, luogo di snodo del percorso narrativo; il regista non disloca sui gradini una presenza stabile di più persone, come era già solita fare la pittura, ma utilizza il muoversi di un singolo personaggio o di un gruppo unito nel dramma, come prefigurato nei limiti dei tempi e della tecnica dal Pontormo. In questo modo il maestro americano esplora nei propri film la scala. Ne risultano messe in scena tutte le possibilità dinamiche e trasformative, di un elemento architettonico che si propone come luogo dell’animazione per eccellenza.
Giacomo Tiscione