Sbarchi in aumento: la narrativa emergenziale di un fenomeno strutturale.

Sbarchi in aumento

Gli sbarchi in aumento

Secondo un report pubblicato da Openpolis, tra il 2022 e il 2023 abbiamo assistito ad una significativa crescita degli arrivi via mare: gli sbarchi in aumento nell’ultimo anno hanno registrato infatti una percentuale pari al 47%, andando a contare così 157.652 migranti arrivati principalmente dall’Africa sub-sahariana (con una percentuale significativa proveniente in particolar modo dalla Guinea, dalla Tunisia e dalla Costa d’Avorio).

Tuttavia, come evidenzia lo stesso report, sebbene risulti evidente quanto il fenomeno degli sbarchi in aumento sia un dato di fatto, per quanto venga dichiarato lo stato di “emergenza migranti” e la notizia della crescita a cui abbiamo assistito ultimamente venga descritta pubblicamente come un fenomeno “singolare”, non è stato questo il periodo in cui si è registrata la percentuale più alta.

Il 2014 e il 2016 avevano registrato infatti un numero di arrivi persino superiore e, in realtà, la principale riduzione si è verificata soprattutto durante gli anni della pandemia, anni nei quali un minimo arresto sarebbe stato, per forza di cose, prevedibile e inevitabile.

Le cause degli sbarchi in aumento

Che la fuga dei migranti non sia quasi mai una scelta libera ma una scelta obbligata principalmente dalle disumane situazioni di sofferenza, povertà, torture, instabilità politica e guerre interne che vivono nel loro paese d’origine, non è una novità. Oltre a questo c’è però anche un altro fattore significativo che ci indirizza verso una maggiore comprensione delle cause che stanno alla base del fenomeno degli sbarchi in aumento e che ci aiuta a prevedere anche quanto l’incremento delle fughe negli anni a venire sarà, per forza di cose, sempre più inevitabile.

Come evidenzia un report di Frontex del Febbraio dello scorso anno, nella rotta mediterranea, già nel Gennaio 2023, si poteva notare un aumento del 49% degli arrivi rispetto a quelli registrati nel Gennaio dell’anno precedente.

Tra le cause degli sbarchi in aumento, bisogna considerare anche il fenomeno del cambiamento climatico. Le condizioni metereologiche sono state infatti, in quest’ultimo anno, decisamente più miti rispetto agli anni passati e di conseguenza, particolarmente ideali per le traversate, permettendo così ai trafficanti di programmare un numero maggiore di partenze.

«Nel frattempo, la rotta del Mediterraneo centrale ha visto il maggior aumento dei migranti irregolari rilevati rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Il numero totale è salito della metà a 4500. I migranti su questa rotta continuano a partire da Tunisia, Libia e Turchia.
Nonostante l’elevato numero di arrivi, le condizioni meteorologiche hanno influenzato significativamente il numero di incidenti registrati nel Mediterraneo centrale. I contrabbandieri hanno sfruttato il bel tempo per organizzare partenze».

(Frontex, January: Number of irregular border crossings down slightly from a year ago)

Un errore interpretativo

Per arrivare a formulare un piano di buone politiche di accoglienza però, un piano di integrazione che possa ritenersi quantomeno valido e funzionale a fronteggiare il fenomeno degli sbarchi in aumento, dovremmo prima di tutto interrogarci sul filtro che scegliamo di utilizzare in una fase iniziale di valutazione del fenomeno.

Se consideriamo con attenzione il racconto che riceviamo quotidianamente sulla questione degli sbarchi in aumento, racconto che tende ad evidenziarne un aspetto emergenziale, possiamo notare come questa narrativa non corrisponda pienamente alla realtà. Più che un fenomeno emergenziale, infatti, quello dei migranti è (ed è sempre stato) un fenomeno strutturale.

L’approccio che decidiamo di adottare per rapportarci ad un qualsiasi oggetto ne definirà quindi inevitabilmente la sua decodificazione e, di conseguenza, ne influenzerà la sua possibile risoluzione. L’equivoco interpretativo che attribuiamo alla valutazione dell’oggetto porterà perciò, necessariamente, a travisarne la specificità del segno.

Il decreto flussi

Se per affrontare la questione degli sbarchi in aumento partiamo quindi dal seguire un criterio che travisa in partenza la natura costitutiva del fenomeno, qualsiasi tentativo di risoluzione nella gestione dei flussi risulterà sempre, inevitabilmente, inefficace. Sebbene l’attuale Governo dichiari di voler “legalizzare il più possibile i flussi migratori”, le proposte che ha varato sino ad oggi non parrebbero essere risultate più di tanto efficaci.

Nel dossier “La lotteria dell’ingresso per lavoro in Italia: i veri numeri del decreto flussi” presentato lo scorso 20 dicembre 2023 dalla campagna “Ero straniero” (campagna promossa da una rete di organizzazioni che si occupano, in modo specialistico, di flussi migratori), possiamo vedere infatti come il sistema che abbiamo attualmente sia riuscito a garantire finora un permesso di soggiorno regolare, in realtà, solo ad una parte dei richiedenti asilo.

«Nel corso del 2022 e del 2023, le domande pervenute nei click day sono molto più numerose delle quote di ingressi stabilite per ciascun anno. Le decine di migliaia di domande extra-quota corrispondono ad altrettante/i lavoratrici e lavoratori che sarebbero entrati in Italia regolarmente, in sicurezza, e avrebbero dato una risposta alla richiesta di manodopera di aziende e famiglie. I nulla osta rilasciati sono inferiori ai posti disponibili: un numero consistente di domande non arriva al secondo passaggio della procedura per l’ingresso, e cioè il rilascio del nulla osta. Si tratta di migliaia di posti di lavoro che vanno perduti. Una volta ottenuti il nulla osta e il visto, una quota cospicua di lavoratrici e lavoratori non fa ingresso in Italia e il meccanismo si inceppa: anche in questo caso, migliaia di quote non si trasformano in posti di lavoro e ingressi regolari. Perché?».

(Ero straniero, La lotteria dell’ingresso per lavoro in Italia: i veri numeri del decreto flussi)

Ma allora, se l’obiettivo finale è quello di regolarizzare il più possibile questi flussi, perché queste procedure, nonostante l’alto tasso di offerta di lavoro esistente, risultano tanto difficili? Per quanto ancora, di fronte a delle vite che chiedono semplicemente di essere accolte, dobbiamo far prevalere una burocrazia che invece di facilitare l’integrazione, la ostacola? Perché gli sbarchi in aumento spaventano così tanto? Da dove nasce questa resistenza? Siamo sicuri che sia una resistenza unicamente “burocratica” e che non sia piuttosto culturale? Qual è il valore primo che stiamo scegliendo di attribuire alla “vita”?

Al netto del fatto che anche l’Unione Europea, con la convenzione di Dublino, ad oggi non concede di gestire le domande dei richiedenti asilo in modo equo stabilendo che il dovere di trattarle spetta unicamente ai Paesi raggiunti per primi (lasciandoli così di fatto da soli a gestire il fenomeno degli sbarchi in aumento), trovarsi di fronte a delle persone che, obbligate a scappare da realtà di pericolo e sofferenza, chiedono solo di essere accolte, dovrebbe prima di tutto rappresentare un’occasione anche per noi per tentare di riconnetterci con un valore troppo spesso dimenticato, quello della solidarietà.
Informarsi, interrogarsi sul margine di responsabilità che ognuno di noi può avere rispetto a tutto questo, per alcuni può rappresentare una possibilità di salvezza.
Perché, in fondo, tutto questo ci riguarda, più che mai.

 

Giulia Guastalegname

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