Nella notte tra lunedì e martedì, un incendio di sospetta origine dolosa ha devastato circa duemila pannelli fotovoltaici nel cantiere della società Greenvolt Power, situato nelle campagne di Tuili, nel Sud della Sardegna. Il rogo è divampato attorno alle 4 del mattino, propagandosi velocemente a causa del forte vento di maestrale. L’attentato ha ovviamente messo i pannelli fotovoltaici in fiamme, gli stessi che avrebbero dovuto essere installati per la realizzazione di un nuovo impianto agri-fotovoltaico, e che erano stati temporaneamente accatastati all’aperto in una zona priva di video-sorveglianza e senza impianti elettrici che potessero giustificare l’innesco di un corto circuito. Le circostanze insolite hanno portato gli investigatori a considerare come pista principale quella di un’azione dolosa.
Pannelli fotovoltaici in fiamme: l’intervento immediato dei vigili del fuoco e ingenti danni
Dopo l’attentato che ha mandato oltre 2000 pannelli fotovoltaici in fiamme, quello di lunedì notte è stato il terzo in pochi giorni contro le energie rinnovabili. Sul luogo dell’incendio sono subito intervenuti i vigili del fuoco del distaccamento di Ales, coadiuvati da una squadra arrivata da Cagliari, per contenere le fiamme e smassare i detriti con l’ausilio di una ruspa e di un autoarticolato. I primi due attentati erano state dei boicottaggi al sistema ingegneristico: nel primo tentativo, gli attentatori hanno svitato dei bulloni di una pala e successivamente aizzato le fiamme con il lancio di una molotov.
Le operazioni di spegnimento si sono protratte fino alla giornata di martedì, complicate dal vento che ha alimentato ulteriormente l’incendio. I danni sono rilevanti: l’intera fornitura di pannelli fotovoltaici è andata distrutta. I pannelli fotovoltaici in fiamme sono di proprietà della multinazionale polacca Greenvolt Power, ed erano destinati a due impianti in fase di realizzazione nella zona, capaci di produrre circa un megawatt di energia. Sebbene l’azienda sia coperta da assicurazione, l’incidente rappresenta un duro colpo per il progetto, che avrebbe dovuto iniziare entro il prossimo mese.
Indagini e matrice dolosa dell’incendio
Le indagini sui pannelli fotovoltaici in fiamme sono in corso da parte dei carabinieri del Norm di Sanluri e della Stazione di Barumini, e si concentrano sulla possibilità di un attentato doloso. Le modalità dell’incendio, la rapidità con cui si è diffuso e la mancanza di cause accidentali apparenti avvalorano l’ipotesi di un sabotaggio. Se questa pista fosse confermata, l’incendio a Tuili rappresenterebbe il terzo attacco contro impianti di energie rinnovabili in Sardegna nell’arco di poche settimane.
Già alla fine di agosto, un attentato incendiario aveva colpito il sito della Vestas a Villacidro, dove è in corso la costruzione di un parco eolico, e pochi giorni prima una pala eolica era stata vandalizzata sulla strada provinciale 30 tra Mamoiada e Gavoi, in provincia di Nuoro. Tutti questi episodi sembrano essere collegati alle crescenti tensioni legate alla realizzazione di impianti di energia rinnovabile sull’isola.
Pannelli fotovoltaici in fiamme: il malcontento contro le rinnovabili in Sardegna
Negli ultimi mesi, la Sardegna è al centro di un acceso dibattito sulla diffusione dei progetti di energia eolica e fotovoltaica. Molti residenti e gruppi di attivisti accusano queste iniziative di rappresentare una “speculazione energetica” che deturpa il paesaggio e minaccia l’integrità delle aree agricole. Le proteste si sono moltiplicate in tutta l’isola, con manifestazioni contro l’esproprio forzato dei terreni e l’impatto ambientale dei nuovi impianti.
Tra le iniziative più rilevanti spicca la “Rivolta degli Ulivi”, una mobilitazione popolare dal basso che ha visto i cittadini piantare ulivi e altre specie vegetali sui terreni destinati ai parchi eolici, come segno di resistenza contro gli espropri. Inoltre, a luglio, un presidio permanente era stato allestito presso il porto di Oristano per fermare lo sbarco di turbine eoliche, ma è stato sgomberato dalle forze dell’ordine.
Parallelamente, c’è stata anche la raccolta firme “Pratobello 24”, lanciata a inizio agosto, ha rapidamente raccolto oltre 10mila firme in pochi giorni, superando ampiamente il numero minimo richiesto per una proposta di legge popolare. L’obiettivo dei promotori è bloccare la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici fino all’adozione di un piano energetico regionale adeguato, che possa tutelare il patrimonio ambientale e paesaggistico della Sardegna.
Polemiche sulla transizione energetica: critiche alla giunta regionale
Tutte queste mobilitazioni si inseriscono nel dibattito sulla transizione energetica in Sardegna, che ad oggi è particolarmente acceso. La giunta regionale, guidata dalla presidente Alessandra Todde, sta cercando di avanzare un piano che bilanci lo sviluppo delle energie rinnovabili con la tutela del territorio. Todde ha proposto una roadmap che prevede l’installazione di pale e pannelli. Successivamente, la giunta procederebbe con la stesura di un piano energetico che includa anche la chiusura delle centrali a carbone di Porto Torres e Portovesme e la costruzione di rigassificatori per dotare la Sardegna, unica regione italiana priva di una rete di distribuzione del gas, di un’infrastruttura energetica adeguata.
Tuttavia, le associazioni ambientaliste, riunite sotto il coordinamento “Sardegna Rinnovabile” si oppongono fermamente alla metanizzazione dell’isola. Queste organizzazioni chiedono che la transizione avvenga esclusivamente attraverso energie rinnovabili, senza ricorrere al metano, e criticano la legge di moratoria voluta dalla Todde, recentemente impugnata dalla Corte costituzionale, come un freno ingiustificato allo sviluppo sostenibile.
Le recenti azioni vandaliche e gli attentati incendiari hanno suscitato preoccupazione in tutta l’isola. La presidente Todde ha condannato fermamente questi atti, avvertendo che il crescente radicalismo contro le rinnovabili potrebbe alimentare ulteriori episodi di violenza. Le forze dell’ordine continuano a monitorare la situazione, mentre si cerca di trovare un equilibrio tra la necessità di portare avanti la transizione energetica e quella di salvaguardare il territorio e la comunità locale.