Ci vuole coraggio per conoscere? Per Kant sì e se ne seguiamo il pensiero possiamo comprendere quanto il suo sapere aude ci sia necessario.
Sono giorni in cui il mondo sta prendendo decisioni decisive, questi. Dobbiamo perciò riflettere su quanto queste decisioni siano determinanti per il nostro futuro. In una tale frenesia regaliamoci una passeggiata con un illustre pensatore che tanto amava camminare: Kant. Non solo, mettiamolo alla prova. Proviamo a capire se la sua esortazione al sapere aude, può ancora, in un qualche modo, portarci ad essere maggiorenni.
Che cos’è l’Illuminismo:
Ci sono riflessioni che superano l’epoca nella quale sono state scritte. Di sicuro, l’esortazione kantiana contenuta nello scritto Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo è una di queste. È infatti in questo scritto che il filosofo di Königsberg esorta gli uomini ad uscire da uno stato di minorità.
Ma perché l’uomo del Settecento doveva essere in uno stato di minorità al quale l’Illuminismo dell’epoca avrebbe dovuto trovare un rimedio? E soprattutto, per colpa di chi l’uomo si trovava in questo stato di minorità? Forse poteri forti lo volevano tenere all’oscuro della verità, o magari le vicende storiche, culturali, sociali, o qualche ostacolo incontrato nel cammino poteva giustificare l’oscurità intellettuale nella quale l’uomo si trovava.
Nulla di tutto ciò. Kant riporta l’uomo a se stesso. E gli imputa la responsabilità della propria minorità. Leggiamolo e chiediamoci se non stia parlando anche di noi. In fondo, le grandi verità non hanno data di scadenza:
L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole.
E già qui, nonostante siano passati alcuni secoli, si potrebbe avanzare l’ipotesi che una certa dose di illuminismo kantiano non farebbe male nemmeno oggi. Ma, bisogna anche comprendere cosa il filosofo intenda per minorità. Ma Kant è Kant e appena ci si pone una questione, è lui a rispondere, anche a più di duecento anni di distanza:
Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro.
Incapacità di servirsi del proprio intelletto, ma perché dovremmo esserne addirittura i colpevoli?
Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro.
Allora sì, la conoscenza è questione di coraggio.
Sapere aude!:
Solitamente, leggendo Kant, possono sorgere moti di ribellione verso le sue affermazioni così dirette, lapidarie, nette. Vere. Quindi è lecito chiedersi perché mai l’uomo dovrebbe voler rimanere minorenne. Sembra contrario a ogni logica. Non cerca forse l’uomo la maggiore età per essere libero?
Questione di pigrizia e viltà, afferma Kant.
È così comodo essere minorenni! Se ho un libro che ha intelletto per me, un direttore spirituale che ha coscienza per me […] non ho certo bisogno di sforzarmi da me. Non ho bisogno di pensare, purché sia in grado di pagare: altri si assumeranno questa fastidiosa occupazione al mio posto.
Non so se per voi sia lo stesso, ma spesso, quando leggo queste righe devo tornare a leggere la data in cui sono state scritte: siamo sicuri fosse il 1783?
Agli uomini quindi manca il coraggio di conoscere e per questo, scrive il filosofo, è così facile ergersi a loro tutori. Tutori che per Kant prima instupidiscono e poi spaventano gli uomini, facendo credere loro che imparare a camminare da soli significherebbe cadere.
Ora, tale pericolo non è poi così grande, poiché, con qualche caduta, essi alla fine imparerebbero a camminare: ma un esempio di questo tipo rende tuttavia timorosi e, di solito, distoglie da ogni ulteriore tentativo.
La paura blocca il cammino, ma non la camminata che stiamo facendo con Kant. Passeggiata che ci conduce ad un’affermazione forte, perentoria e, purtroppo, attuale.
L’ufficiale dice: non ragionate, fate esercitazioni militari! L’intendente di finanza: non ragionate, pagate! L’ecclesiastico: non ragionate, credete!
Sembra quasi di leggere un Kant sovversivo, ben diverso dalla serietà e compostezza che sempre ci viene presentata assieme alla sua figura. Ma il coraggio esige entrambe le cose. Solo così, alla fine della nostra passeggiata capiremo come le sue affermazioni vadano non sono lette, ma ricordate nei momenti opportuni e, soprattutto, sentite.
Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo.
Ah, quanto avremmo bisogno del tuo illuminismo oggi, Kant! Che se non fosse proprio illuminata, almeno fosse un’età di rischiaramento.