Nella giornata di oggi, Sabato 29 Febbraio, si è svolta la visita del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella a Sant’Anna di Stazzema, frazione comunale dell’alta Versilia, in provincia di Lucca. Quattro sono stati i presidenti che, prima di lui, erano saliti a visitare il luogo di uno dei più atroci massacri di civili compiuti dalle truppe tedesche sul territorio italiano durante la seconda guerra mondiale. Il primo fu Pertini che si recò a Sant’Anna nel 1982, seguito da Scalfaro nel 1998, Ciampi nel 2000 e, infine, Napolitano, accompagnato dal presidente tedesco, nel 2013.
Nel corso della sua visita, che si è svolta in occasione delle celebrazioni del cinquantesimo anniversario della consegna della Medaglia d’oro al valore militare al comune di Stazzema e del ventennale della legge istitutiva del Parco nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema, il Presidente Mattarella ha, per prima cosa, incontrato uno dei superstiti, Enrico Pieri, che all’epoca della strage aveva dieci anni. La più alta carica dello Stato ha poi deposto una corona sul luogo che ricorda i caduti e, al termine della visita del Museo della Memoria, ha tenuto un discorso nel salone della Fabbrica dei diritti, edificio costruito per ospitare incontri e conferenze.
Il discorso di Mattarella si è concentrato sull’importanza della memoria, soprattutto in un periodo di cambiamenti come quello che stiamo vivendo. Queste le sue parole:
Dobbiamo essere vigili: i mutamenti epocali offrono opportunità in ogni campo ma provocano spesso paura, disorientamenti, chiusure e il germe dell’odio non è sconfitto per sempre, il timore del diverso, il rifiuto della differenza, la volontà di sopraffazione sono sentimenti che possono ancora mettere radici e svilupparsi e propagarsi.
Il presidente, inoltre, ha voluto sottolineare l’importanza dell’Unione Europea, tornando ad affermare il valore del progetto di comunione tra popoli che aveva animato i suoi ideatori proprio all’indomani della Seconda guerra mondiale.
La visita di oggi a uno dei luoghi simbolo della violenza nazifascista in Italia, è importante per tutta la Nazione. L’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, infatti, è uno degli episodi in cui si sono rivelate con più evidenza l’efferatezza e la profonda gravità delle azioni compiute dai tedeschi e dagli italiani collaborazionisti nel periodo dell’occupazione nazista.
Gli eventi che hanno segnato per sempre il territorio stazzemese hanno avuto luogo il 12 Agosto 1944
In quel periodo nel paese di Sant’Anna si trovavano accolti molti sfollati, alcuni di questi arrivavano anche da Genova. Chi conosce la zona sa la difficoltà che, ancora oggi, si riscontra per arrivare al paese. La strada è, come altre del territorio apuano, stretta e piena di curve: in giornate caratterizzate dalla foschia può mettere in difficoltà anche i guidatori più esperti. Allora si saliva solo a piedi, attraverso mulattiere. I vecchi e i nuovi abitanti del paese, quindi, si sentivano al sicuro: senza l’aiuto di qualcuno della zona, che conoscesse le vie, i tedeschi non sarebbero potuti arrivare a loro.
Pochi giorni prima che accadesse l’impensabile c’era stata una battaglia tra partigiani e tedeschi terminata con la ritirata di quest’ultimi. I nazisti avevano ordinato lo sfollamento del paese di Sant’Anna, ma l’ordine era stato ritirato pochi giorni dopo.
L’azione che culminò nell’eccidio degli abitanti di Sant’Anna di Stazzema iniziò nella notte tra l’11 e il 12 Agosto 1944. I tedeschi partirono dalla città di Pietrasanta e, guidati da persone del posto, si divisero in quattro sezioni. Salirono verso Sant’Anna da quattro direzioni: attraverso Vallecchia-Solaio, Ruosina, Mulina e Valdicastello. Lungo la via rastrellarono alcuni uomini ai quali fecero portare le munizioni. Questi furono trovati morti dietro il campanile della chiesa della frazione stazzemese da coloro che vi giunsero dopo la strage.
I nazisti, insieme ad alcuni italiani camuffati sotto le divise tedesche, arrivarono al paese intorno alle sei del mattino. Gli uomini, che avevano pensato si trattasse di un normale rastrellamento, erano per la maggior parte scappati per nascondersi nei boschi circostanti.
Furono quindi per la maggior parte anziani, donne e bambini ad essere trascinati fuori dai propri letti e della proprie abitazioni alle prime luci dell’alba
I primi civili rastrellati, circa 140 persone, furono portati nella piccola piazzetta che fronteggia la chiesa, e, ammassati di fronte alla sua facciata, dovettero probabilmente pensare che sarebbero stati fatti traferire in un altro paese. Su di loro vennero, invece, scaricati i mitragliatori. I loro corpi, anche quelli di chi era sopravvissuto alla scarica delle armi da fuoco, furono ammassati e bruciati. Nel rogo morirono anche altri, condotti sul luogo, via via che venivano prelevati dalle loro case.
La furia dei nazisti non si fermò fino a che, intorno a mezzogiorno, praticamente l’intera popolazione ospitata dalla piccola frazione di paese, non fu trucidata. Intere famiglie vennero raccolte ai piani di sotto delle proprie abitazioni di legno e pietra e fucilate. La salvezza fu resa praticamente impossibile dal fatto che tutte le case vennero bruciate.
I tedeschi continuarono ad uccidere sulla via del ritorno a valle. Arrivati a Valdicastello rastrellarono la popolazione e otto persone estratte a sorte vennero fucilate. Il buio, a questo punto, era sceso sui paesi delle Alpi Apuane.
I civili uccisi dalle truppe nazifasciste quel giorno furono più di 500. Purtroppo si conoscono i nomi di solo 393 vittime
Chi è nato e cresciuto in Toscana, nei territori della Versilia e dei suoi dintorni, conosce il racconto di questo giorno molto bene. Conosce la storia di Don Fiore, il parroco di Le Mulina, che la notte tra l’11 e il 12 Agosto fu ucciso dalle SS che lo colsero nel tentativo di mettere in salvo gli altri civili. Ricorda il nome di Anna Pardini che aveva appena venti giorni di vita quando fu uccisa. Chi ha vissuto nei dintorni di quel paese delle Alpi Apuane, non può togliersi dalla mente l’immagine dei corpi ammassati di fronte alla chiesa, pur non avendoli mai visti.
Chi ha conosciuto e ha frequentato quei paesi di montagna sa che sono legati in modo essenziale ai racconti di ciò che vi è avvenuto. Chi abita, oggi, nelle vicinanze di questo luogo, conosce bene gli occhi degli uomini e delle donne che, per destino o per miracolo, sono sopravvissuti a quella giornata. Li conosce perché, crescendo, ha avuto modo di incrociarli più volte, durante le tante iniziative organizzate dalle scuole del territorio e non solo.
Sono occhi attoniti di dolore, come se ancora, dopo tanti anni, fossero intenti ad esprimere la sorpresa di quella violenza impensabile
I racconti di queste persone, ascoltati sui luoghi in cui tutto è avvenuto hanno fatto sì che quel dolore non sia mai passato, e che sia diventato parte dell’identità anche di bambini e di ragazzi che non hanno vissuto quegli anni.
Non è un’eredità di dolore, però, che vogliono lasciare gli abitanti di Sant’Anna, ma di pace. Oggi più che mai il paese, con il sindaco Maurizio Verona, vuole diventare simbolo dei valori di giustizia e rispetto su cui è fondata la costituzione. Tra le tante iniziative promosse dalla comunità stazzemese, quella che probabilmente ha avuto più risalto a livello nazionale è l’istituzione dell’anagrafe antifascista. Ma l’impegno costante di questa comunità a tenere viva una memoria attiva, propositiva, rivolta al futuro, non si limita a tale iniziativa.
Per questo si può affermare che le parole pronunciate oggi dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella non potevano trovare pulpito migliore.
Silvia Andreozzi