Una decisione unanime del consiglio di Stato turco ha stabilito l’illegittimità di un decreto risalente al 1934. L’atto legislativo in questione stabiliva, per volontà del fondatore della Repubblica Turca Ataturk, che l’allora moschea di Santa Sofia dovesse divenire un museo.
La scelta, confermata e fortemente voluta dall’attuale presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan, ha un forte significato che riguarda sia l’organizzazione interna della società turca che gli equilibri dei rapporti con gli altri Stati, e che può essere compreso solo alla luce della storia di Santa Sofia.
L’edificio attuale fu edificato, per volere dell’imperatore Giustiniano I, sulle rovine di due precedenti cattedrali. Dedicata alla celebrazione del “Logos”, la razionalità divina che si fa carne e parola, già a partire dalla sua composizione materiale Hagia Sophia si costituisce come un punto di incontro tra diverse culture. Le sue colonne provengono dal tempio di Artemide di Efeso e i marmi e le pietre che la costituiscono furono fatti arrivare da Egitto, Siria, Bosforo e Tessaglia.
Fu inaugurata nel 537 come chiesa greca cattolica e divenne in seguito cattedrale ortodossa e sede del Patriarcato di Costantinopoli. Tra il 1204 e il 1261 fu convertita dai crociati a luogo di culto cattolico con rito romano.
Quando Costantinopoli venne conquistata dai turchi ottomani Santa Sofia divenne moschea. Tale rimase fino al 1935 quando, per volere di Ataturk, fu resa museo.
La decisione del fondatore della Repubblica turca fu, in realtà, un gesto simbolico volto a suggellare il percorso di laicizzazione dello Stato che aveva portato avanti sin dal suo insediamento, avvenuto nel 1923. Opponendosi al modello della cultura ottomana che aveva reso la religione un elemento centrale nella discussione pubblica, infatti, Ataturk aveva lentamente modificato l’assetto istituzionale turco in modo da tenere separate la sfera del politico e la sfera del religioso.
Guardando al modello occidentale, il padre dei turchi promosse importanti riforme sul piano sociale e normativo. A lui si devono l’allargamento del diritto di voto alla partecipazione delle donne e il divieto, per le cittadine turche, di indossare il velo nei luoghi pubblici.
Così, sconsacrando Santa Sofia e rendendola in seguito un luogo aperto alla visita di persone provenienti da tutto il mondo, Ataturk intendeva affermare il rispetto del valore universale che quell’edificio aveva assunto nel corso dei secoli accogliendo i differenti culti.
Il primo aspetto da considerare riguardo la decisione di Erdogan fa proprio riferimento al percorso di laicizzazione dello società turca voluto da Ataturk. Pubblicamente il Presidente turco non ha mai preso le distanze dall’operato del fondatore della nazione, ma ha più volte rimproverato coloro che si rifanno al suo pensiero, conosciuto con il nome di kemalismo. Questi cittadini, secondo Erdogan, sono troppo estremisti e inclini a silenziare chi si riconosce nella fede musulmana.
Contemporaneamente, negli anni in cui è stato al potere, ha gradualmente adottato provvedimenti contrari alla direzione indicata da Ataturk. Ha reintrodotto l’uso del velo per le donne, posto delle limitazioni per la vendita di alcolici e finanziato massicciamente scuole religiose islamiche. L’intenzione, come da lui dichiarato, è quella di crescere una “generazione pia”.
La decisione di riconvertire in moschea Santa Sofia si inserisce proprio in questo percorso di rimescolamento della sfera religiosa con quella politica.
Non guasta, inoltre, che in un momento di crisi di consensi, la scelta annunciata il 10 Luglio gli permette di riguadagnare il favore degli ultranazionalisti e della parte di popolazione più conservatrice dal punto di vista religioso.
Ma il valore universale di Santa Sofia fa sì che l’atto di Erdogan abbia importanti ripercussioni anche a livello internazionale.
Già alla vigilia dell’annuncio della sentenza del Consiglio di Stato turco, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, con sede nel quartiere greco di Istanbul, aveva avvertito che la riconversione di Santa Sofia avrebbe causato la rottura dei due mondi di cui l’edificio è sintesi: quello orientale e quello occidentale.
L’avvertimento si è dimostrato non privo di fondamento viste le reazioni scatenate dall’annuncio di riconversione che sono arrivate da tutto il mondo.
Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie ha equiparato la decisione delle istituzioni turche ad un “tentativo di umiliare e calpestare l’eredità spirituale millenaria della Chiesa di Costantinopoli” accolto dal popolo russo con “indignazione e amarezza”. Al fianco delle autorità religiose russe si sono schierate anche quelle politiche che considerano la decisione turca un errore che rischia di mettere in collisione i popoli.
Anche l’America, tramite il portavoce del dipartimento di Stato, si è detta delusa dalla decisione. Non poteva, del resto, essere altrimenti considerando che un anno fa Erdogan aveva annunciato la possibilità di riconversione di Santa Sofia intendendola come una risposta alla decisione USA di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele.
La nazione che più duramente si è scagliata contro la Turchia, però, è forse la Grecia, accomunata alla Russia dal fatto di essere sede di uno dei patriarcati ortodossi. Già nei giorni scorsi le autorità greche erano state accusate dal governo turco di voler interferire con gli affari interni di un altro Stato. Lina Mendoni, ministra della cultura di Atene ha definito la scelta di Erdogan come una “provocazione al mondo civilizzato”.
Hagia Sophia, però, non ha solo un valore simbolico politico e religioso, ma anche una grande importanza artistica e culturale.
L’Unesco, avendola riconosciuta tra i siti patrimonio universale, ha ricordato al governo turco che questo comporta degli obblighi, tra cui quello di garantire l’accesso al luogo a cittadini di tutte le etnie e culture religiose. Ogni modifica, inoltre, deve essere concordata con l’organo internazionale.
Erdogan, dal canto suo, ha affermato che la riconversione di Santa Sofia è un diritto sovrano della Turchia e ha annunciato che la riapertura al culto avverrà con la preghiera di Venerdì 24 Luglio. Oltre le dichiarazioni del Presidente turco, però, c’è la sua orgogliosa consapevolezza di aver sfidato una parte di mondo, e di averlo fatto colpendo uno dei simboli di incontro più importanti.
Silvia Andreozzi