Sono giorni di altissima tensione nel carcere campano di Santa Maria Capua Vetere. La scorsa notte è scoppiata una rivolta nel reparto Danubio. Le proteste, proseguite anche questa mattina, sarebbero state sedate nel primo pomeriggio.
Il clima, all’interno dell’istituto di pena, è particolarmente teso dopo che giovedì 44 agenti di polizia penitenziaria che vi lavorano hanno ricevuto dalla locale procura altrettanti avvisi di garanzia. Sono accusati di aver picchiato alcuni detenuti lo scorso 6 aprile, in piena emergenza Covid.
CELLA INCENDIATA
Il reparto Danubio è quello che ospita i detenuti più problematici e difficili da tenere a bada. Attualmente ce ne sono circa 50. Qui due di loro hanno dato il là alla protesta, decidendo di incendiare la propria cella. Soccorsi e trasportati in infermeria, se la sono presa con gli agenti, almeno sei. Tre poliziotti sono stati costretti a recarsi in ospedale per accertamenti.
Stamattina la situazione non era ancora tornata alla normalità. Per questo motivo, una cinquantina di agenti è uscita all’esterno del carcere per manifestare. E ci sono stati nuovi scontri con i detenuti, nei quali altri due agenti sono rimasti feriti.
Soltanto dopo lunghe ore di mediazione, con in prima fila il procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere, Alessandro Milita, insieme a Roberto Tartaglia, vice capo del Dap, e al provveditore delle carceri campane Antonio Fullone, la situazione è stata riportata sotto controllo, almeno per ora.
ACCUSE DI TORTURA
Tra detenuti e agenti è ormai scontro aperto, con accuse reciproche. I primi lamentano di essere stati aggrediti e pestati lo scorso 6 aprile, come reazione alle loro proteste legate all’epidemia di coronavirus e ai rischi sanitari all’interno del penitenziario. Su questo episodio la procura di Santa Maria Capua Vetere ha aperto un’indagine nei confronti degli agenti. Le accuse sono quelle di tortura, violenza privata e abuso di autorità.
I poliziotti però non ci stanno. Già giovedì, subito dopo aver ricevuto gli avvisi di garanzia, erano saliti sul tetto della struttura per professare la propria innocenza, sostenendo di essere intervenuti, all’epoca solo per sventare una sommossa. Gli agenti hanno contestato anche le modalità di notifica degli stessi avvisi da parte di procura e polizia giudiziaria.
DINO CARDARELLI