Martedì 6 settembre, 65mila aspiranti medici hanno partecipato al test d’ammissione per le Facoltà universitarie di Medicina e Odontoiatria. Mediamente, tre su quattro di loro non ce la faranno, l’altro del quartetto, fortunato e meritevole, potrà dare avvio al suo percorso di studi. Sono stati messi a disposizione 16.070 posti, così suddivisi: 14.740 per medicina e 1.330 per odontoiatria.
È la solita storia, che porterà inevitabilmente al solito disagio. Nel presente si stanno determinando le fondamenta della futura generazione di professionisti, come nel passato sono stato determinate le fondamenta della generazione di professionisti presente. In entrambi i casi, si presenta un errore di valutazione difficilmente trascurabile.
La strategia di pre-selezione per l’apertura delle porte al mondo della medicina, costringe il Paese a una carenza di personale. Indignante quasi, se si pensa alla crisi della disoccupazione attualmente imperversante.
Il problema s’è discusso e tentato di ridimensionare, tramite delle riforme indubbiamente utili. Con il passare degli anni, infatti, è aumentato il numero di posti disponibili. Nel 2019, per esempio, solo a 11.500 ragazzi è stata data la possibilità di andare avanti. Questo però apparentemente non basta, dato che la ristrettezza, anche se meno stringente, si mantiene viva.
Il caso eclatante, medici cubani al posto degli italiani
Simbolico ed eloquente il caso di cronaca verificatosi il mese scorso in Calabria, quando la regione ha dovuto sopperire alla sua mancanza tramite l’import di risorse umane.
Roberto Occhiuto, il Presidente della Regione, ha firmato un accordo con il governo cubano per sancire l’arrivo di 497 medici dalla Nazione caraibica alla frazione italiana. Causa la particolare carenza di operatori, la misura si è ritenuta estremamente necessaria.
La colpa, naturalmente, non è di Occhiuto, dei cubani, o dei calabresi, quanto più del complesso sistema precedentemente descritto.
Polemiche e soluzioni, le proposte della politica
Sul dilemma sociale, dibattono le teorie degli statisti e le prove pratiche dei più vicini alla questione.
Matteo Salvini, traendo spunto dall’idea di Beppe Grillo del 2019, vorrebbe essere condottiero della rivoluzione: ” Proposta della Lega per sopperire alla carenza di medici: copiamo il modello francese e cancelliamo il numero chiuso per entrare alla Facoltà di Medicina. Libero accesso alle studentesse e agli studenti che ne fanno domanda“.
Per il leader, la sterzata sarebbe semplice da compiere. Basterebbe togliere i limiti, quindi aumentare il numero dei medici, quindi eliminare il problema. Tuttavia, un’altra parte configura antitesi contrastanti.
Il segretario di Anaao Assomed, un sindacato dei medici, si dice contrario a questa soluzione, adducendo alle eventuali scomodità che si creerebbero negli atenei. “Come può una università sostenere 60mila iscritti ogni anno? Con i maxischermi in piazza? E poi come si garantiscono le specializzazioni?” ha dichiarato l’uomo, affermando comunque di essere favorevole a una “revisione del sistema di accesso” “seria” e “condivisa”.
Papabili espedienti
A detta dello scrivente, sono due i papabili espedienti con cui la questione potrebbe essere alleggerita.
Scenario numero uno. Altre riforme, più incisive e sostanziali. Un ulteriore aumento dei posti disponibili, banalmente, potrebbe essere sufficiente a moderare il tutto.
Scenario numero due, forse meno opportuno. Una rivoluzione, certamente mutante, potenzialmente anche troppo. Come sostiene Salvini, cancellare il numero chiuso dissolverebbe la penuria, ma rischierebbe di dare esordio alle complicanze didattiche succitate e a un abbassamento della qualità dell’istruzione. La figura dello specialista, poi, potrebbe anche cadere in inflazione.
Gabriele Nostro