Il boss dei Casalesi Michele Zagabria aveva affermato di “volerlo squartare vivo”.
La vita del giornalista Sandro Ruotolo, evidentemente, non era più al sicuro. La sua inchiesta sull’emergenza rifiuti in Campania aveva infastidito il Clan dei Casalesi e, in particolare, il loro boss. Così nel maggio del 2015, fu assegnata la scorta di terzo livello al giornalista inviato di Michele Santoro.
Da domani Sandro Ruotolo non vivrà più scortato. Ad annunciarlo, l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando. “Hanno tolto la scorta a Sandro Ruotolo, giornalista da sempre impegnato in inchieste sulle mafie. E anche il giornalista che si è occupato della “Bestia”, il dispositivo propagandistico del ministro dell’interno. Casualità? Lo chiederò in Parlamento”.
Ruotolo cita su Facebook Peppino Impastato
“Avevo deciso di non dire nulla per il rispetto che ho delle istituzioni. E non dirò nulla per le decisioni che riguardano la mia protezione. Ma una cosa voglio dirvi: vorrei ringraziarvi uno a uno per la marea d’affetto, di solidarietà, di stima che mi state dimostrando. E i messaggi che più mi colpiscono sono i vostri, quelli delle persone che incontro nel paese reale, che ho conosciuto nella mia lunga vita di cronista e della comunità con cui sto in contatto sui social media . Difenderò sempre la mia indipendenza che non vuol dire non aver un punto di vista, la mia autonomia, l’amore per il mio paese. In queste ore, in tanti rappresentanti della società civile si sono esposti pubblicamente per me e lì ringrazio. La mafia è una montagna di mer**.”
Sandro Ruotolo non è solo…
Tra coloro che gli sono stati accanto, c’è anche lo scrittore Roberto Saviano, che conosce bene la fatica, l’agonia, l’ingiustizia ma anche la necessità di una vita “sotto scorta”. “Revocata la protezione a Sandro Ruotolo, che ha fatto la storia del giornalismo d’inchiesta – scrive sul suo profilo Facebook. “Chi ha deciso, ha tenuto conto della ‘lunga memoria’ del clan dei Casalesi? Sa che Michele Zagaria, che ha considerato Ruotolo suo nemico, non intende collaborare con lo Stato e cova rancore?”
Anche il testimone di giustizia Luigi Coppola si schiera al fianco di Sandro Ruotolo. “Anche Sandro Ruotolo, come noi testimoni di giustizia, è diventato un candidato alla morte. La camorra ringrazierà il signor ministro dell’Interno Salvini e per farlo festeggerà con l’omicidio di uno di noi, che la camorra l’abbiamo denunciata e fatta condannare: da questo momento siamo tutti sotto tiro, con il benestare del ministro Salvini. Il Movimento per la lotta alla criminalità organizzata – di cui Coppola è rappresentante – esprime solidarietà al giornalista Sandro Ruotolo per la revoca della scorta”.
Indignati anche l‘Ordine dei giornalisti e il sindacato dei giornalisti (Fnsi). Si sono rivolti al premier Giuseppe Conte, chiedendo di riflettere sopra alla decisione ormai presa, forse con troppa leggerezza. “Levargli la scorta sarebbe una scelta incomprensibile, pericolosa e lo metterebbe in condizione di non poter più proseguire nell’impegno di questi anni”. Carlo Verna, presidente dell’Ordine dei giornalisti, afferma invece: “Saremmo felici se fossero cessate le esigenze di massima tutela per Sandro Ruotolo. Siamo invece molto preoccupati perché la decisione non appare supportata da valutazione ponderata. Una scelta del genere va spiegata con trasparenza perché la tutela di un giornalista fortemente esposto riguarda l’opinione pubblica e l’idea di Paese che il governo ha”.
Un’altra giornalista minacciata dalla mafia di Ostia, Federica Angeli, si esprime con amarezza e polemica: “Che lo Stato, questo Stato in particolare, possa scaricare chi lotta contro la mafia davvero non mi stupisce. Oggi tocca a Ruotolo, domani a un altro di noi cronisti”.
Ricordiamo anche la cugina Silvia, vittima innocente di camorra
“Quell’11 giugno 1997 Silvia Ruotolo stava tornando nella sua casa di salita Arenella a Napoli, al Vomero, dopo aver preso a scuola il figlio Francesco di 5 anni. Alessandra, sua figlia di 10 anni, li guardava dal balcone. Improvvisamente qualcuno sparò all’impazzata per uccidere Salvatore Raimondi, affiliato al clan Cimmino, avversario del clan Alfieri. Quaranta proiettili volarono dappertutto, ferendo un ragazzo e uccidendo Silvia”.
Ilaria Genovese