Come fa la vita a portarci l’amore, a condurlo da noi attraverso vie molteplici ed intricate fra un continuo susseguirsi di accadimenti apparentemente casuali?
E, addirittura, come è possibile che ci presenti la copia identica e perfetta del volto di chi, anni prima, la vita l’aveva ormai abbandonata?
Si può trovare una risposta se si considera convenzionalmente il tempo? O forse esso, astratto e intangibile, ci allontana da una soluzione, ci porta a veder sfuggire dalle nostre braccia ciò che è stato nostro, ciò che abbiamo amato?
Sándor Márai, celebre scrittore del secolo scorso, ci porta a riflettere su questi temi narrandoci la misteriosa storia di un incontro fra un funzionario di stato e la donna che ama, una, la stessa eppure un’altra.
“Il Gabbiano”, pubblicato nel 1943, scritto un solo anno dopo il successo internazionale “Le Braci”, è un romanzo basato su dialoghi lunghi e profondi, in cui le parole si animano e penetrano nell’ esistenza per tentare di coglierne almeno una parziale trama perché nelle parole dimora anche la verità della vita e della morte; un romanzo che parla di gabbiani, perché come i gabbiani sono gli occhi freddi e scrutatori di Ili, la prima donna amata dal protagonista, che così descrive;
questo sguardo è freddo e scrutatore: guarda nella nebbia, guarda la città, guarda gli uccelli che si azzuffano, con sguardo complice e vitreo, come chi sa qualcosa del destino in generale, del duro destino degli uccelli e degli esseri umani .
Ma come i gabbiani è planata nella sua vita anche il doppio di Ili, Aino Laine, il cui nome in finlandese significa Unica Onda: punto di incontro fra la passione, l’esclusivo per eccellenza, e ciò che è casuale, che dona e che toglie.
Uno scherzo del destino? Il burocrate, che ritiene la sua vita illuminata dalla luce di questo prodigio, si chiede: che razza di istinto ha guidato da me questa donna?… Sa che cosa significa lei per me? Sa che cosa suscita in me il suo volto, il suo sguardo, e il modo in cui dice:” La dolcezza… Sì, non c’è niente di più bello” e guarda in lontananza strizzando gli occhi con aria un po’ offesa, oltre la balaustra del ponte, nella nebbia e verso i gabbiani.
Inquietudine, sorpresa ma anche la consapevolezza di non rischiare più di essere attratto nel vortice del dolore: il dolore immenso, animalesco del primo amore non invaderà più l’animo del protagonista. Ogni idea, ogni passione si tramuta in ricordo, addomesticabile, plasmabile attraverso l’attribuzione di un senso, mentre gli oscuri giochi teatrali della vita potranno suscitare in noi tutto, delizia o turbamento, ma non quel dolore.
Si crede di aver amato qualcuno di unico, nella sua fatale e magnifica individualità, e poi ci si rende conto che esistono solo copie, modelli che la natura imita con indifferenza.
Una delle riflessioni più intriganti di Sándor Márai è proprio la precarietà logica e sostanziale del concetto di individualità. Aino Laine è anche Ili, ma i suoi pensieri? Sono solo suoi, o anche essi sono una copia? Il nome assicura la soggettività di una persona? O l’io è qualcosa che si duplica, si rinnova e si mescola di continuo?
Quello che ci salva, dalla realistica e triste teoria dell’uomo come modellino replicato da una forza superiore, è la sfumatura: le situazioni si ripetono, le persone anche… quello che rende agli occhi di ognuno di noi unica, eccezionale ed irripetibile la propria vita è la sfumatura. Dev’esserci quel qualcosa in più, che sfugge all’ ordinario. Ciò che chiamiamo vita invece di esistenza è la nostra individualità, che si sgancia e si eleva rispetto alle stringenti regole della vita, dai probabili piani di un destino o, se non altro, dalle leggi naturali che ci governano.
Insomma che cos’è questa sfumatura? L’ intensità di una sensazione, il tratto intimo di una risposta con il quale l’eterno attore nell’ eterno film reagisce alle contingenze, siano esse umane o naturali… è questa differenza a formare l’identità.
Quanti di noi credono nel meraviglioso della vita, nel trovare la via in quel poco di chiarore che emerge nel buio? Quanti si stupiscono degli incontri non concordati o temono di perdersi in se stessi o nella distanza che li separa dal prossimo?
L’ indimenticabile romanzo dell’incontro fra il funzionario e la ragazza finlandese, giunta da così lontano e con una tale assurda precisione, si trasforma durante l’avanzare della notte in una danza diabolica da cui scaturiscono riflessioni sempre più affascinanti quanto più ricche di segreti: sembra che quei segreti, il modo in cui li si custodisce e li si dona, misurino la forza di un uomo.
Ed è per questo che, quella di Sándor Márai, è sicuramente una lettura che merita, perchè ci guida attraverso innumerevoli spunti con rara acutezza e carezzevole maestria.
- *Le frasi scritte in corsivo sono citazioni del romanzo