È il 12 marzo del 1992 quando Cosa Nostra uccide Salvo Lima, esponente della Democrazia Cristiana colluso con la mafia. È la vendetta della cupola corleonese dopo la sentenza del Maxiprocesso che condanna in Cassazione i boss mafiosi.
Il Sacco di Palermo
Salvo Lima diviene Consigliere comunale e vicesindaco nel 1956, con delega ai lavori pubblici, nella corrente di Fanfani della Democrazia Cristiana. Subentra al Sindaco Maugeri, prematuramente scomparso, nel 1958. Vito Ciancimino è l’assessore ai lavori pubblici nella Giunta Lima. Sono gli anni in cui il volto del capoluogo siciliano viene radicalmente sconvolto. La Conca d’oro saccheggiata, le ville liberty distrutte. L’amministrazione concede più di 4.000 licenze edilizie a prestanome dietro cui si nascondono costruttori edilizi collusi se non diretti esponenti mafiosi. Si tratta di un’alleanza nata da interessi convergenti tra mafia e politica. Un’alleanza che in Sicilia nasce all’epoca del latifondo, in cui i proprietari terrieri si servivano dei gabellotti per gestire il lavoro dei campi.
Un necessario flashback
Dopo la seconda guerra mondiale, l’alleanza tra mafia e agrari si rafforza. La minaccia comunista avanza in Sicilia, il Blocco del popolo vince le elezioni regionali nel 1947. Sono gli anni della mancata attuazione della riforma agraria, della strage di Portella della Ginestra, dell’assassinio di decine di sindacalisti. È così che avanza la Democrazia Cristiana, per evitare che i lupi della steppa si abbeverassero alle fontane di San Pietro. È così che si decidono le sorti dell’Italia e della Sicilia come terra postcoloniale nelle elezioni nazionali del 1952, vinte dalla DC supportata dalla mafia e dai liberatori americani.
In una lettera a De Martino scoperta dal poeta Antonino Uccello, scrive Pitrè nel 1866:
[…] Non sono più né conca né conchiglia,
sono un sepolcro pieno di mondiglia;
son diventata una vera baracca:
chiamatemi la conca della cacca.
Scrive invece Oscar Wilde di Palermo in una lettera durante la sua visita in Sicilia nel 1900:
Come posizione è la più bella città del mondo, passa la vita sognando nella Conca d’oro, una valle squisita divisa tra 2 mari. I boschetti di limone e i giardini di aranci erano di una perfezione così totale che sono diventato preraffaellita e ho aborrito i comuni impressionisti.
Mafia e politica
Afferma il collaboratore di giustizia Antonino Calderone, testimone al Maxiprocesso:
Gli uomini politici sono sempre venuti a cercarci perché disponiamo di tanti, tantissimi voti. Per avere un’idea di quanto conti la mafia alle elezioni basta pensare alla famiglia di Santa Maria del Gesù, una famiglia di 200 elementi validi: una forza d’urto terrificante, soprattutto se si tiene presente che ogni uomo d’onore, tra amici e parenti, può disporre di altre 40-50 persone. Gli uomini d’onore in provincia di Palermo sono tra 1500 e 2000. Moltiplicate per 50 e otterrete un bel pacco di 75-100 mila voti da orientare verso partiti e candidati amici.
Ignorare l’intreccio di mafia e politica in Sicilia significa non amare questa terra.
Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare.
Borsellino non amava Palermo perché la vedeva come Pitrè, con gli occhi di un siciliano giusto, incorruttibile. E l’amò al prezzo della sua stessa vita.
Certi giornaletti ignoranti o in malafede affermano che il periodo stragista di Cosa Nostra sia dovuto proprio all’inchiesta mafia-appalti e che per questo sia iniziato con l’omicidio di Lima. Esso, invece, ha costituito un riassetto generale degli atavici rapporti di potere tra mafia e politica. Inizia la Seconda Repubblica, scende in campo Berlusconi.
I cugini Salvo e la Giunta Lima
Ignazio e Antonino Salvo erano due imprenditori esponenti della Democrazia Cristiana affiliati alla cosca mafiosa di Salemi, in provincia di Trapani.
Ignazio era vicecapo della famiglia, Antonino capodecina. Antonino sposò la figlia di Luigi Corleo, gestore di una società che aveva in appalto la riscossione delle tasse. Arrivarono a riscuotere il 40% delle tasse siciliane, grazie anche all’aiuto di Salvo Lima che gli concesse l’appalto per la riscossione nella città di Palermo. Antonino Salvo morì in Svizzera per un tumore. Ignazio fu ucciso dalla mafia per ordine di Totò Riina che intendeva dare un avvertimento a Giulio Andreotti. La motivazione era la stessa che aveva causato l’assassinio di Lima: la condanna dei mafiosi al Maxiprocesso.
Salvo Lima
Classe 1928, laureato in giurisprudenza, Sindaco di Palermo nel 1958 e poi di nuovo nel 1965; Deputato della Repubblica dal 1968 al 1979 tra i banchi della Democrazia Cristiana nella corrente andreottiana, Sottosegretario del Governo Andreotti prima e del governo Moro fino al 1976. Salvatore Achille Ettore Lima è assassinato dalla mafia il 12 marzo del 1992 per mano di Francesco Onorato e Giovan Battista Ferrante davanti la spiaggia di Mondello, a Palermo. Nel 1998, per il suo omicidio, sono condannati all’ergastolo, tra gli altri, i boss mafiosi Salvatore Riina, Francesco Madonia, Bernardo Brusca, Salvatore Graviano, Antonino Giuffrè.
Risultano certi alla Commissione i collegamenti di Salvo Lima con uomini di cosa nostra. Egli era il massimo esponente, in Sicilia, della corrente democristiana che fa capo a Giulio Andreotti. Sulla eventuale responsabilità politica del senatore Andreotti, derivante dai suoi rapporti con Salvo Lima, dovrà pronunciarsi il Parlamento.
Questa la relazione conclusiva della Commissione Parlamentare Antimafia redatta da Luciano Violante e approvata dal Parlamento nel 1993.
Il processo Andreotti
Il processo Andreotti conferma in Cassazione le dichiarazioni del collaboratore Francesco Marino Mannoia secondo cui, mediante Salvo Lima, Andreotti incontrò a Palermo Bontate e altri boss mafiosi tra il 1979 e il 1980. Oggetto dell’incontro era l’operato di Piersanti Mattarella, Presidente della regione Sicilia, fratello dell’attuale Presidente della Repubblica, grazie al quale si parla della Primavera di Palermo, un riordino totale e rivoluzionario della concessione degli appalti in aperta sfida alla criminalità mafiosa. Piersanti Mattarella viene assassinato il 6 gennaio del 1980.
La sentenza definitiva del processo Andreotti afferma che, dopo la seconda guerra di mafia, i cugini Salvo si mettono a disposizione dei corleonesi e vengono risparmiati proprio per la vicinanza a Salvo Lima.
Salvo Lima viene ucciso per la conferma in Cassazione delle condanne del Maxiprocesso. Viene ucciso, anche, per lanciare un avvertimento a Giulio Andreotti che, dopo la scadenza dei termini e il rilascio di tanti imputati, firma un decreto che li fa tornare in carcere.
A omicidio avvenuto, Falcone, lungimirante, afferma:
Adesso succederà di tutto.
E così, purtroppo, avviene.
Le stragi
Afferma il collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè:
Io ho partecipato alla riunione in Cosa Nostra dove appositamente c’è stata la famosa riunione della resa di conti tra Cosa Nostra e le persone ostili a Cosa Nostra, tra cui i politici da un lato e tra cui Salvo Lima e altri politici, e la resa dei conti nei confronti dei magistrati, quali Falcone e Borsellino… Da tenere presente che nella lista dei politici vi erano… Non vi era solo Lima, ma vi erano i Salvo, che poi Ignazio Salvo è stato ucciso, Mannino, Vizzini, Andò e altri personaggi importanti nell’ambito politico, appositamente per il discorso che era partito politicamente della inaffidabilità, ed ecco il discorso dell’87, quando c’è stato il cambiamento di rotta, venivano… Erano stati considerati inaffidabili questi politici.
Sostenere che l’omicidio di Lima avvenga per il dossier mafia-appalti e che sempre da quello derivino le stragi che seguirono è una tesi che non sarebbe neanche degna di nota se non fosse che, sempre, dopo un certo periodo, il potere tende a riscrivere la storia a proprio piacimento. Tende a confondere le carte, offuscare la memoria per perpetrare se stesso. L’ingresso in politica di Silvio Berlusconi, con Mangano e Dell’Utri al seguito, non è che l’ennesimo atto di una storia che si ripete: quella dell’alleanza tra politica, mafia e imprenditoria. Una storia atavica, purtroppo, che inizia in Sicilia. Ma dalla Sicilia nascono anche l’antimafia e la coscienza della giustizia e del diritto. Nasce la consapevolezza che nonostante la corruzione del potere, lo Stato è fondato su una Costituzione che esiste a servizio dei cittadini, quale tutela dei loro diritti. Trasformare tali diritti di parola in diritti di fatto è il cammino della civiltà, della giustizia e della pace.
La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio ed avrà anche una fine.”
Giovanni Falcone
Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo.
Paolo Borsellino
Glenda Dollo