Nel corso di un comizio svoltosi a Siena, il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha dichiarato:
«In autunno farò in modo che carabinieri e polizia stiano davanti alle scuole, gli spacciatori devono finire in galera e poi devono starci. Una battaglia che vorrò combattere senza tregua, e lo dico non da ministro ma da papà, è quella contro le nuove droghe che stanno stroncando i ragazzini fin dai dodici anni davanti alle scuole. In autunno vorrò che carabinieri e polizia siano davanti alle scuole perché i venditori di droga ai nostri figli devono finire in galera, dal primo all’ultimo, e il problema è che poi devono restarci. E qua bisognerà lavorare col ministro della Giustizia».
La lotta allo spaccio è ovviamente una problematica di un certo rilievo, soprattutto se si parla di spaccio di fronte agli istituti scolastici e di consumo di sostanze stupefacenti da parte dei più giovani. Ma siamo sicuri che posizionare carabinieri e polizia davanti alle scuole sia la soluzione migliore per contrastare questo fenomeno? Dubbi a riguardo sono stati espressi da Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi (ANP), che riguardo alla proposta di Salvini ha detto:
«Alla repressione non si può certo rinunciare, ma non può essere disgiunta dalla prevenzione. Questa, a mio avviso, è più potente; convincere i ragazzi che la droga fa male è più utile che mettere un po’ di volanti fuori dalle scuole. C’è da dire che non ci annoiamo mai. Fermo restando che siamo favorevoli al rispetto delle leggi, non so quanto sia realizzabile a partire proprio da un fatto concreto, numerico, abbiamo 40 mila edifici scolastici. Quando ero a scuola mi è capitato di concordare controlli con le forze dell’ordine, così come sono capitati controlli a sorpresa ma qui bisognerebbe capire se il ministero dell’Interno intende destinare più risorse a questa lotta. E comunque non è sufficiente avere una pattuglia davanti alle scuole, funziona poco come deterrente per gli spacciatori contro i quali valgono azioni di intelligence nell’ombra dell’anti-droga, già in atto. In generale serve più prevenzione, dobbiamo convincere i nostri ragazzi a stare lontani dalle droghe».
Ora, maggiori controlli non fanno male, purché siano realizzati con un certo criterio e purché non trasformino le scuole in luoghi blindati, difatti Maurizio Lazzarini, preside del liceo Fermi di Bologna, ha precisato:
«La scuola non è una caserma, serve più l’azione educativa e di prevenzione. E non si aiuta la scuola con la politica degli annunci. Con carabinieri e polizia già collaboriamo nella lotta allo spaccio».
Gli fanno eco le parole dei sindacati scolastici con Lena Gissi della Cisl che dichiara:
«Le scuole sono libere e autonome, non sono caserme, avremmo piuttosto bisogno di un governo che si occupi della scuola e della sua sicurezza».
E Annamaria Santoro della Flp-Cgil: «La scuola è un luogo aperto che educa, già presidi e insegnanti si attivano di fronte ad episodi che richiedono un intervento delle forze dell’ordine. Gli agenti davanti agli istituti? Una prova di forza che non serve, il governo si occupi piuttosto di valorizzare gli insegnanti, della precarietà e dei problemi veri delle scuole».
Ora, un anno scolastico si è appena concluso e al momento sono in corso gli esami di maturità in tutta Italia. La scuola italiana versa in condizioni a dir poco disastrose su tutti i fronti: strutture fatiscenti; scarsa igiene; professori vittime di violenza da parte degli studenti e alunni bullizzati da parte dei propri compagni. Il nuovo governo non ha ancora svelato le sue carte riguardo i provvedimenti da prendere per risolvere il precariato per le migliaia di insegnanti o aspiranti tali, né per ciò che riguarda la messa in sicurezza degli edifici scolastici. È innegabile che lo spaccio di droga sia un reato e anche grave, va però anche detto che spesso gli spacciatori sono gli studenti stessi. E allora come la mettiamo? Arrestiamo anche adolescenti in età scolare e li chiudiamo in galera per tutta la vita? Di fronte a tanti e tali problemi, davvero possiamo pensare che carabinieri e polizia davanti alle scuole bastino a fermare lo spaccio e il consumo di droga da parte dei giovani? Stando ai dati diffusi dal Dipartimento delle Politiche antidroga, i ragazzi di età compresa tra i 15 e i 19 anni che assumono regolarmente sostanze stupefacenti sono circa 32 mila. Siamo proprio così sicuri che la droga la trovino solo ed esclusivamente davanti alla propria scuola? O magari, anzi sicuramente, esistono decine di altri posti in cui poter reperire spacciatori pronti a vendere qualsiasi sostanza in circolazione, dalla cannabis alla cocaina, dalle “pillole colorate” all’eroina e via dicendo?
Non sarebbe semmai il caso di approfondire il tema con i diretti interessati, ossia i giovani, sin dalla prima adolescenza, in modo da far capire loro quali siano i reali rischi in cui si incorre assumendo droghe? Non sarebbe meglio parlare con i ragazzi e le ragazze e capire cosa potrebbe spingerli ad acquistare ed usare tali sostanze? Le risposte ad un simile quesito sono molteplici e di varia natura: per noia; per divertimento; per essere accettati dalla propria comitiva; per non venire presi in giro; per “staccare la spina”. Da cosa poi? L’ansia di diventare grandi? I problemi in famiglia? Il non riuscire a relazionarsi con i propri genitori? Questo è quello su cui si dovrebbe maggiormente lavorare: il dialogo con i giovani. E a farlo dovrebbero essere le loro famiglie, le scuole e gli insegnanti e anche le istituzioni politiche e governative. Altro che carabinieri e polizia avanti alle scuole.
Carmen Morello