Salvini ha paura della legge Zan e la censura dai suoi social

Salvini legge Zan

La legge Zan contro la omotransfobia è stata accusata di essere liberticida. Matteo Salvini ne sta facendo un cavallo di battaglia, dichiarandosi martire delle libertà individuali e nemico della censura. Peccato che lui stesso censuri. Lo fa sul suo fronte più vivo: quello social.

Salvini ha paura di chi vuole la legge Zan

Se sui social, specialmente in risposta alle dichiarazioni di Pillon, sono tantissimi a chiedere l’approvazione del ddl Zan contro l’omotransfobia, Salvini non è dello stesso avviso. Non sorprende, conoscendo le sue idee riguardo la famiglia tradizionale ed il mondo LGBTQIA+.

Sorprende però che Salvini censuri i commenti al post su Instagram del 7 aprile in cui esprime la sua contrarietà al ddl Zan.  Se si prova a scrivere la frase “Approvate la legge Zan”, il commento verrà automaticamente censurato.




Matteo Salvini vieta, in risposta alle sue opinioni, quelle opposte.
Vieta il dibattito ed il contraddittorio: i social devono essere non un dialogo, ma il suo palcoscenico, in cui solo la sua opinione – e quindi chi concorda con lui – è giusta e ben accetta.

Ma internet non si è lasciato spaventare: bandiere arcobaleno, hashtags ed altri modi originali hanno trasformato i commenti al post del leader del Carroccio in un unico, forte, inno: approvate la legge contro la omotransfobia.

Altri commenti, invece, ribadiscono come Salvini pecchi di ipocrisia, professandosi un paladino della libertà d’espressione per poi censurare chi non esprime pensieri vicino ai suoi.  La legge Zan, inoltre, non solo non riduce la libertà d’espressione, ma permette di differenziare fra discriminazione e libero pensiero. Parliamo di un atto di giustizia sociale, la cui calendarizzazione è sempre ostacolata: la censura è ben altra cosa.

I precedenti: la censura secondo Salvini

Non è la prima volta per Matteo Salvini, che tanto si considera un paladino della libertà d’espressione.

Già nel 2019, la pagina Facebook di Matteo Salvini bannava tutti coloro che commentavano con parole come “49 milioni” o “Siri”, in riferimento all’indagine sui rimborsi elettorali. Una lunga blacklist che suscitò clamore, ma che oggi non ci sembra che qualcosa cui siamo abituati, ovattati dagli atteggiamenti censori ed ipocriti del leader del Carroccio.

Un anno fa, sui social spopolò l’hashtag #salvinicensuraitaliani a testimonianza delle avventure online del politico leghista. Sono stati in tantissimi, specialmente su Twitter, ad essere stati bloccati in seguito a commenti di fact checking, di segnalazione di fake news o di contraddittorio.

La morale della favola non c’è. C’è però l’ennesima dimostrazione di paura, di incapacità e paura di confrontarsi con chi la pensa in modo diverso. C’è una mancanza di maturità politica che porta alla rimozione delle domande scomode, piuttosto che al tentativo di rispondere.

Portare avanti delle idee, specialmente quando si parla di diritti, ci pone di fronte all’interrogatorio di chi non la pensa come noi ed è lì che si vede la validità del proprio pensiero: è facile urlare un motto di fronte ad una folla che ti sostiene, ma è difficile spiegare cosa si è urlato di fronte a chi ti chiede perché. Questo vale anche per Salvini e la sua risposta alla legge Zan.

Giulia Terralavoro

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