Salvini è diventato buono. Ed europeista. In una sola settimana, il prof. Mario Draghi, che fece udire i sordi e parlare i muti, ha reso l’ultima roccaforte della lira e della sovranità italiana un casello autostradale della Roma-Bruxelles.
Certo, non ha fatto tutto da solo, il neopresidente del Consiglio, nonostante le capacità umane e sovrumane che gli sono universalmente riconosciute. Se nel 1990 da iscritto alla Lega Nord, uno sbarbato Matteo Salvini tuonava “Prima Milano”, è bastato arrivare al 1997 per allargare la prospettiva territoriale ed abbracciare un più ecumenico “Prima la Padania”. Dopo undici anni di militanza, nel 2008 il nostro eroe neoceltico ha ripassato il capitolo sul Barbarossa e si è convertito a un più affascinante “Prima la Lega Lombarda”. Nel 2013, invece, ha optato per il corso di Economia sovranista e ha ripiegato sul sempiterno “Prima la lira”, per poi approdare nel 2017 al motto nazionalpopolare e antibarcone del “Prima gli italiani”. E ora il 2021 si apre con una grande sopresa: la Lega di Salvini che benedice la nascita del governo europeista di Mario Draghi.
Un problema anche per i suoi nemici giurati
Il problema, però, non riguarda solo i sostenitori del partito di Salvini e delle sue idee che cambiano ogni paio d’anni, aggiustando casualmente il tiro a seconda del vantaggio del momento. Sicuramente, del resto, i mal di pancia interni al Carroccio esistono anche se meno evidenti rispetto a quel che sta accadendo nel Movimento 5 Stelle. Bagnai e Zanni, ad esempio, tra gli esponenti più No Euro della Lega, giustificano l’appoggio al Governo Draghi con un sardonico “Abbiamo a cuore il bene del Paese” e se la fanno andare giù così.
Orfani del nemico
Ma cosa succederà, ora, ai nemici giurati di Salvini e delle sue idee? Sì, perché se gli elettori leghisti ora sono orfani dei paladini della sovranità, bisogna pensare necessariamente anche alla sinistra, che dalla prossima tornata elettorale non potrà più calcare la mano sulla retorica anti-Papeete. O forse lo farà comunque, che tanto, come vale per Salvini, in politica la memoria tende a essere a breve termine, con il rischio che però gli elettori se ne accorgano.
La funzione dello spauracchio
Con il governo Draghi, la sinistra italiana si è privata del suo principale nemico, perché Salvini è diventato buono ed europeista. Salvini razzista, populista, demagogo, che urla alla pancia del Paese, ma che tanto ha fatto comodo alla sinistra, anche solo come spauracchio da invocare per salvarsi sempre in corner e non andare alle urne. Che ha fatto scuotere la testa, incazzare, ma che alla fine si è rivelato un buon grimaldello per convincere gli elettori più scettici con l’antico adagio del voto utile, “altrimenti al governo va Salvini”.
Il nodo delle amministrative
Come ha giustamente fatto notare Flavia Perina su Linkiesta, il tappeto sotto cui si è nascosta la polvere delle evidenti contraddizioni verrà spostato già durante le prossime elezioni amministrative. Emergerà una grande difficoltà nella gestione della comunicazione. In città, infatti si scontreranno il candidato Verdi della Lega e il candidato Rossi del Pd. Cosa potranno dirsi, in campagna elettorale? Come potranno gli esponenti, i segretari di partito, i Capitani e tutto il cucuzzaro sostenere il loro candidato, senza aprire crepe a un livello più alto?
Il naufragio del populismo?
Non più campagne elettorale farcite di slogan e controslogan, a favore o contro il sovranismo, in supporto alla libertà d’espressione o con il dito puntato contro l’apologia del fascismo, insomma. Non sarà possibile, ci saranno argomenti e slogan tabù, per non complicare la luna di miele a Roma. Quello slogan contro il razzismo, dunque, non servirà a molto, ora che Salvini è diventato buono e di vedute ampie. Quel video in cui il Capitano va a citofonare in un’abitazione a chiedere informazioni sulla fedina penale del residente, beh, sarò il caso di archiviarlo. Dovremo dunque aspettarci dibattiti e discussioni sui contenuti e sulle idee dei candidati per le città che vogliono amministrare? Forse sì, perché a quanto pare non sarà il massimo fare leva sugli spauracchi tanto cari ai partiti (di destra e di sinistra) per ottenere il consenso.
Il bisogno politico del nemico
Giovanni Orsina su La Stampa qualche giorno fa ha infatti scritto che “l’europeismo ha bisogno di un nemico per prendere una forma un po’ più solida e consistente, di un demone che gli dia una missione”. Salvini è diventato buono e ora il mostro antieuropeista è relegato a frange marginali, almeno fino al prossimo giro di valzer. Per questioni di colleganza governativa e parlamentare, al momento è poco corretto prendersi a randellate social, aizzando i propri tifosi sulla polemica del giorno. Come accadeva in 1984, quando l’Oceania è in guerra con l’Eurasia o Estasia, dipende un po’ da come gira al momento.
Mai più tribalismo?
Siamo quindi orfani del tribalismo della politica a cui ci eravamo tanto assuefatti. Salvini Il Buono, durante il suo intervento in Senato, ieri ha persino ringraziato Draghi per avere riportato la serietà in Aula. Bagnai ne ha tessuto le lodi, sperticandosi in citazioni di Draghi stesso, facendo calare in Senato quell’imbarazzo tipico delle aule universitarie, quando l’eccesso di zelo porta lo studente ambizioso a ridicolizzarsi per sruffianare il professore.
Quanto durerà l’idillio?
Bene, da domani quindi la politica sarà un universo dai colori pastello, in cui regneranno educazione, senso delle istituzioni e tolleranza. Diventeremo in men che non si dica un Paese moderato, con politici che inorridiranno al solo pensiero di accaparrarsi voti con slogan vuoti e populisti. Questo durerà per le prossime settimane, volendo essere ottimisti: il 15 aprile, giornata in cui dovrebbe iniziare il tour de force elettorale per il 16,3 % dei comuni italiani, è dietro l’angolo. Soprattutto, perché nei weekend successivi saranno chiamati al voto ben 6 capoluoghi di regione, di strategica importanza, come Roma e Torino. C’è da aspettarsi una campagna elettorale quindi moderata o addirittura impettita nei toni? O qualche esponente non riuscirà a trattenersi e sbotterà? Staremo a vedere.
Elisa Ghidini