La rielezione di Mattarella al Quirinale ha spogliato della maschera Matteo Salvini, uno che in questi anni non ne ha azzeccata una.
La settimana scorsa, anche a chi normalmente non si interessa di politica, ha svelato che il re è nudo: Matteo Salvini, dopo anni di corsa inarrestabile (che a dire il vero nell’ultimo periodo aveva subito un rallentamento), ora è immobile e, come l’opossum, sta probabilmente fingendosi morto per aspettare che la crisi rientri e il pericolo passi. Non c’è da attendersi ovviamente un’autocritica o l’avvio di una riflessione dichiarata per risolvere i pasticci interni alla Lega e al centrodestra: il celodurismo di bossiana memoria impone di non mostrarsi mai deboli.
In principio era il Viminale
Come si è arrivati a questo punto? C’era una volta, lo ricorderete, un ministero dell’Interno e, in questo grande palazzone, lavorava un uomo di nome Matteo Salvini che, tra decreti sicurezza e navi bloccate in mezzo al mare, ambiva malcelatamente a trasferirsi in un altro grande e suntuoso edificio, che si chiamava Palazzo Chigi. Ora, accelerando un po’ il riassunto, in un delirio di onnipotenza, Salvini e il suo elettorato hanno sempre creduto che, prima o poi, si sarebbe passati all’incasso: il Capitano, era solo questione di tempo, sarebbe diventato Presidente del Consiglio.
Papeete chiama Governo
Così non è stato: a mettersi in mezzo tra Matteo Salvini e i suoi sogni di gloria è stata la ritrovata personalità di Giuseppe Conte (sgonfiatasi in un amen, ma tant’è) e l’atterraggio di Mario Draghi in quel palazzo tanto desiderato. Certo, nel gioco perverso della politica, Matteo Salvini deve aver tirato un sospiro di sollievo: effettivamente, non trovarsi a capo del Governo a dover gestire una pandemia e la conseguente crisi econoica è un buon modo per fare un’opposizione dall’interno.
Amici mai
Negli ultimi mesi, però, l’acerrima nemica di Matteo Salvini, nonostante i sorrisi e le frasi di circostanza, si è confermata essere Giorgia Meloni, l’amazzone dei sondaggi che, invece, per la Lega erano in fase calante. Le cose, nel centrodestra, sono peggiorate con l’avvicinarsi dell’elezione del presidente della Repubblica e, la scorsa settimana, hanno mostrato tutta la fragilità della coalizione. Oggi c’è addirittura infatti chi si domanda se si possa ancora parlare di centrodestra.
Salvini: l’inizio della fine
Matteo Salvini, per pura smania di avere l’ultima parola e intestarsi l’elezione di una persona designata da lui stesso come Capo dello Stato, ha iniziato una corsa schizofrenica in tutte le direzioni: prima si è speso senza troppa convinzione per la candidatura farsa di Berlusconi. Subito dopo, ha tirato fuori dal cilindro una rosa dei nomi, poi ne ha fatto seguito un’altra, che ha sbriciolato la credibilità, insieme, delle proposte stesse e del partito.
In seguito, ha puntato tutte le fiches su Sabino Cassese. E non eravamo ancora a metà settimana: alle precise indicazioni del Capitano, molti grandi elettori leghisti hanno mandato un segnale preciso e non si sono attenuti alla linea. Sulla scheda hanno scritto, crudeli, il nome di Giorgetti, ministro allo sviluppo economico e guida della corrente leghista ostile a Salvini. Il messaggio è arrivato chiaro al leader, che ha quindi chiesto ai suoi di non ritirare la scheda, in modo tale da poter vedere e registrare i nomi dei dissidenti.
Quirinale e Salvini: secondo atto
Sulla pira del celodurismo, è stato bruciato il nome di Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato che, forse, illusa dalle promesse inconsistenti del suo centrodestra, ha esposto la seconda carica dello Stato a una tremenda umiliazione. Ma non c’era tempo da perdere: fuori Casellati, dentro subito la candidatura per “una donna in gamba”. Proprio così. Evidentemente la presidente del Senato era solamente parte delle cavalleresche manfrine comuni a tutto l’arco parlamentare per “una donna”, generica e nemmeno in gamba, al Quirinale.
In ginocchio da te
Con il weekend incombente, Salvini allora ha fatto il grande passo: ha sostenuto che, in assenza di accordi, sarebbe stato opportuno chiedere a Mattarella il bis. Tutto questo dopo mesi in cui aveva tuonato di non prenderne nemmeno in considerazione la rielezione, echi di quel “Mattarella non è il mio presidente” con cui si riempiva la bocca a inizio settennato. Alla notizia, Giorgia Meloni dovrebbe aver sogghignato perfida, recitando il suo migliore “Non ci voglio credere”.
Salvini propone di andare tutti a pregare Mattarella di fare un altro mandato da Presidente della Repubblica. Non voglio crederci.
— Giorgia Meloni 🇮🇹 ن (@GiorgiaMeloni) January 29, 2022
Ci ha pensato Salvini stesso a fare i conti: per il Quirinale ha candidato 22 persone. Probabilmente, passerà i prossimi giorni a vendere l’avventatezza con cui si è avvicinato a queste elezioni per grande disponibilità alla trattativa, ma il confine tra apertura degli orizzonti e improvvisazione sembra molto labile.
Lasciarsi un giorno a Roma
A scrutinio concluso e a Mattarella confermato, ieri poi Meloni ha risposto alla domanda di un giornalista, che chiedeva se Fratelli d’Italia fosse ancora alleato di Salvini: “Al momento no”, ha stilettato. Anche Forza Italia, nelle ore concitate precedenti all’ottavo scrutinio, si è defilata dalle assurde manovre di Salvini e ha fatto sapere, glaciale, che il partito di Berlusconi avrebbe votato per sè e non per il centrodestra. Il partito ha poi appoggiato la rielezione di Mattarella.
L’implosione del centrodestra
È dunque già iniziata la guerra interna al centrodestra? O, come dicono i più cauti, è necessario semplicemente “un ripensamento” della coalizione? L’impressione, almeno per quanto riguarda Salvini, è che, senza le argomentazioni sugli sbarchi, la sua linea politica sia inesistente. Per quanto affini sul tema, il minimo comune multiplo della lotta agli immigrati non sembra sufficiente neanche a Fratelli d’Italia. Questa settimana, se una maschera è caduta, è quella di Matteo Salvini: è incredibile constatare come, a una macchina da guerra così comunicativamente aggressiva, corrisponda quel che abbiamo visto negli ultimi anni. E cioè una totale incapacità di scegliere la direzione giusta al bivio.
Elisa Ghidini