L’INAPP (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) ha pubblicato un report valutativo sull’introduzione del salario minimo legale in Italia.
L’Italia non è l’unico Paese europeo che non prevede un salario minimo legale, al suo seguito troviamo Austria, Danimarca, Svezia, Finlandia e Cipro.
Ad oggi, tale proposta legge, dopo un’analisi del Parlamento europeo, potrebbe essere la spinta giusta per fuoriuscire dalle difficoltà lavorative causate dalla pandemia.
Salario minimo legale o contratti collettivi?
In Italia, il salario minimo è previsto dai contratti collettivi. Questi variano da settore a settore, secondo però le statistiche del 2013 fornite dall’INAPP, circa un lavoratore su cinque non rientra nella tipologia di accordo.
Per questo, nel 2019 è arrivata la proposta parlamentare del Movimento 5 stelle che avrebbe voluto introdurre un salario minimo “universale”, che non escludesse quindi nessuno indipendentemente dal contratto.
Il 21% dei lavoratori, cioè 2,6 milioni di persone, ne beneficerebbe. Si tratta di coloro che non sono coperti da contratti collettivi o ricoprono posizioni per cui percepiscono meno di 9 euro all’ora.
La proposta del Parlamento europeo
Negli ultimi mesi, la questione del salario minimo legale è ritornata alla ribalta nel Parlamento europeo. Si stima che in Unione Europea, circa il 10% dei lavoratori vive in uno stato di indigenza.
Dennis Radtke, del partito popolare europeo, e la socialdemocratica Agnes Jongerius spingono per l’approvazione della bozza con gli emendamenti in cui è fissato l’obiettivo di stabilire il 90% dei salari attraverso una contrattazione collettiva. Si parla dunque di definire un salario minimo che sia adeguato ma soprattutto equo.
“Abbiamo bisogno di agire con urgenza… Avevamo bisogno di agire già da ieri in tutta Europa. Abbiamo bisogno di salari minimi e di sistemi di sicurezza sociali forti. Abbiamo bisogno di salari e redditi che permettano una vita decorosa.”
Così Özlem Demirel descrive la necessità di trovare una protezione economica per cui nessun lavoratore venga penalizzato.
Criteri previsti
La recente analisi, proveniente dagli uffici parlamentari, evidenzia come la pandemia abbia messo in difficoltà i lavoratori e di cui molti sono sottopagati. Il report pone l’accento su commessi, lavoratori nei trasporti pubblici, operai e addetti alla logistica e pulizie.
Tale direttiva legislativa, però, non intende imporre agli Stati membri un salario già prestabilito. È una legge avente una sua malleabilità di manovra. Saranno, infatti, i singoli Paesi a definirne la soglia rispettando dei criteri. Non si potrà, ad esempio, andare sotto il 60% del salario mediano. Questo non potrà essere inferiore ai rimborsi per le spese previste dal lavoro. Inoltre, dall’importo si escludono bonus e straordinari.
La proposta dei pentastellati del 2019, oggi sembra ritrovare un terreno fertile in un piano più ampio.
Una legge che tutelerebbe le fasce socio-economiche più deboli e potrebbe diventare un’opportunità per le piccole e medie imprese.
Maria Pia Sgariglia