C’è poco da fare, prima o poi i figli inizieranno ad avere qualche pretesa finanziaria, ed a quel punto per i genitori, sottrarsi all’argomento denaro sarà pressoché impossibile. Forse per alcuni può essere difficile da credere, ma tra scuola, sport, ricariche telefoniche, benzina, uscite e qualche sfizio, le spese sono tutt’altro che ristrette. Non per nulla, molti ragazzi cercano di integrare con qualche lavoretto occasionale, senza riuscire ad essere comunque autosufficienti.
Dunque ai genitori non resta che cercare di scegliere il metodo più giusto per non rischiare di essere scambiati per un bancomat o di ritrovarsi con le tasche bucate.
Tuttavia, in Italia abbiamo in generale due tendenze: propinare la cosiddetta ‘paghetta settimanale’ (che spesso alla fine non basta) o dare i soldi quando vengono chiesti. Poi c’è la pargoletta di Madonna che si ritrova con 11mila euro a settimana senza nemmeno allungare la mano, ma questo è un altro discorso.
In questo ambito (in realtà non soltanto in questo), avremmo da imparare dalla Svizzera. Considerato il Paese col culto del denaro per eccellenza, non stupisce che arrivi da qui l’idea appena brevettata del “salario giovanile”, che nient’altro è se non una paghetta con un contenuto oltre che monetario, anche educativo.
Il sistema, studiato da uno psicologo e terapeuta familiare, prevede che i genitori depositino ai figli dai 12 anni in su, dagli 80 ai 160 euro (che per loro corrispondono a 100-200 franchi) al mese, che dovranno bastare ai giovani per tutte le loro spese personali, senza considerare ovviamente vitto e alloggio. Il sistema sembrerebbe che stia funzionando e che stia inoltre facendo fare enormi passi avanti ai ragazzi, che imparano a gestire il denaro e si rendono più autonomi.
Peraltro, trattandosi di cifre non molto alte, gli adolescenti inizieranno a rendersi conto di quelli che sono gli acquisti essenziali e quelli invece superflui, responsabilizzandosi e iniziando a capire cosa voglia dire il risparmio.
Anche il professor Remigio Ratti, docente di Economia all’Università della Svizzera Italiana di Lugano, si è espresso positivamente riguardo all’iniziativa, affermando:
“In generale, penso che questa sia la giusta direzione, per superare un regime di paghette varie che non educa, crea conflitti tra genitori, nonni e figli e che poi genera disparità tra gli adolescenti stessi”.
Ovviamente il denaro deve essere introdotto progressivamente e in modo responsabile dai genitori, affinchè il progetto possa davvero continuare ad avere effetti positivi. Quali saranno i primi Paesi a prendere esempio?
Roberta Rosaci