Le antichissime (e disgustose) origini del Sake, la tradizionale bevanda alcolica simbolo del Giappone e l’antico metodo della masticazione
Quando si pensa al Giappone si pensa subito al sushi, ai coloratissimi kimono, alle geishe, alle antichissime melodie dello shamisen e ovviamente anche al Sake. Si tratta di una bibita alcolica che deriva dalla fermentazione del riso a chicco lungo unito ad acqua e spore koji (un tipo particolare di fungo). È noto anche con il nome di vino di riso. Esso è diventato popolare al di fuori del territorio nipponico solo durante la Seconda Guerra Mondiale, durante l’occupazione americana del Giappone. Furono proprio i soldati provenienti da oltreoceano ad esportare in tutto il mondo ciò che scoprirono in questa terra straniera, tra cui anche il Sake. Esso, dopo essere stato divulgato, diventò famoso anche con l’erronea espressione con l’accento finale.
Tuttavia, solo negli ultimi decenni la bevanda divenne famosa e trendy. Ma forse nessuno sapeva che la sua preparazione prevedeva un rituale abbastanza singolare, legato ad un’antica tradizione. Ma, prima di scoprire quale, bisogna chiedersi: quanto è antica la tradizione del Sake.
Una storia che si perde negli anni
Le origini di questa preparazione non sono molto documentate, si pensa che addirittura non siano giapponesi, ma cinesi. Infatti, delle antichissime incisioni risalenti al quinto millennio a. C. sembrano descrivere il particolare processo di lavorazione del riso. Secondo altre ipotesi invece, la nascita del Sake è collocata intorno al terzo secolo d. C. e avviene proprio in Giappone. Una testimonianza è fornita dal testo storico cinese “Cronache dei tre regni”. Più nello specifico, nel Libro di Wei, si parla del popolo giapponese che beve alcol e danza. Non a caso proprio in quel periodo è iniziata la coltivazione del riso in umido, che poi veniva utilizzato per lo più per la conservazione del pesce.
Nello stesso periodo sembra comparire il primo Sake, dopo che il riso umido, fermentato per azione della muffa che si creava, veniva mescolato con castagne, miglio e ghiande per mezzo di un procedimento che ha del sorprendente.
Il metodo della masticazione
Ciò che risultava da questo composto di riso, miglio, castagne, ghiande e muffa prende un nome di kuchikami no sake, che tradotto significa proprio “sake masticato in bocca”. Infatti un intero villaggio era impiegato a masticare il riso insieme agli altri ingredienti per poi sputare tutto in un tino e attendere la fermentazione. Sembra pazzesco, ma la masticazione era fondamentale: grazie alla ptialina, gli enzimi della saliva iniziavano il processo di saccarificazione (conversione in zucchero) degli amidi e da lì aveva luogo la fermentazione. La tradizione vuole che la preparazione avrebbe avuto un risultato migliore se ad eseguire la procedura erano ragezze vergini. Il composto fermentato veniva consumato come un porridge e la concentrazione alcolica era piuttosto bassa. Inizialmente quindi non si trattava nemmeno di una bibita. La sua evoluzione avvenne dopo la scoperta del koji.
Il periodo Nara e il Sake di oggi
La versione del vino di riso più vicina a quella attuale appare per la prima volta nell’VIII secolo d.C., durante il periodo Nara. Grazie alla scoperta del koji, il fungo aspergillus oryzae, la masticatura divenne inutile ai fini della fermentazione. Col passare del tempo il Sake si trasformò in una bevanda. Divenne sempre più raffinato e di qualità e raggiunse una popolarità tale che fu istituito un organismo per la sua preparazione addirittura nel palazzo imperiale di Kyoto, l’antica capitale dell’impero giapponese.
Ma dopo il lungo periodo d’oro, con i due conflitti mondiali l’industria del Sake subì un brusco calo. Il riso infatti serviva per le provviste dei soldati e il suo consumo raddoppiò a discapito della produzione della tradizionale bevanda. La svolta avvenne a metà degli Anni Quaranta, quando il Giappone fu occupato dalle potenze alleate vincitrici, guidate dagli Stati Uniti con contributi da parte del Regno Unito. Fu proprio grazie al contributo degli americani che si diffuse in Occidente il fenomeno del Giapponismo, con la conseguente esaltazione della cultura nipponica e il boom della commercializzazione dei kimono e del Sake in tutto il mondo fino ad oggi.
Silvia Zingale