Per molti anni ci eravamo dimenticati di Afganistan, Talebani e burqa. Son tornati tristemente alla ribalta in questo placido agosto, in cui dalle nostre parti tutto il mondo produttivo, industria turistica esclusa, è fermo per le ferie estive.
Non c’è alcun dubbio che sia una fortuna vivere lontano da guerre, conflitti e da fanatismi religiosi. Lontano da una cultura in cui il solo fatto di essere donna mette costantemente a repentaglio la tua incolumità. E il luogo più sicuro per queste donne è ora la casa. Quella stessa casa che qui da noi sembra essere il luogo meno sicuro per una donna, il luogo dove nel privato delle mura domestiche si consumano violenze, stupri e femminicidi. Lo ha evidenziato bene la pandemia di Covid, quanto più si sta a casa tanto più i numeri sulle violenze ai danni delle donne lievitano.
Tornando al tema dell’articolo, è agosto e sono in ferie. E mi rimbombano in testa versi di canzoni tipo:
Sai che fortuna essere liberi,
Essere passibili di libertà che sembrano infinite
E non sapere cosa mettersi mai,
Dove andare a ballare,
A chi telefonare
O anche:
Sono fuori dal tunnel, el, el, el
Del divertimento
Quando esco di casa e mi annoio
Sono molto contento
Quando esco di casa e mi annoio
Sono molto più contento
No, non sono i classici tormentoni estivi. Quella musica “leggerissima” e inconsistente che ogni anno fa da colonna sonora al nostro divertimento forzato. Perché è così che mi sento: costretta a divertirmi. Perché è agosto, sono in ferie e passerà un anno intero prima che io possa avere così tanto tempo libero. Ma ecco che questo mi fa venire in mente altri versi di altre canzoni:
Torneranno di nuovo le piogge riapriranno le scuole
Cadranno foglie lungo i viali
E ancora un altro inverno
Che porterà la neve e un’altra primaveraE tu che fai di sabato in questa città
Dove c’è gente che lavora
Per avere un mese all’anno di ferie
E aforismi:
La libertà a cui aspira l’uomo moderno non è quella dell’uomo libero, ma quella dello schiavo nel giorno di festa
Dovrei essere contenta, sono nel pieno del “giorno di festa” più lungo dell’anno. E invece mi ritrovo a pensare a tutte quelle cose a cui “normalmente” non ho il tempo di pensare. E forse è proprio questa la vera libertà: pensare, leggere, scrivere, creare. L’otium lo chiamavano i latini, in contrapposizione al negotium, gli affari, il lavoro.
Solo che le splendide società antiche, dove si oziava e si creava tanto, si reggevano su un esercito immenso di schiavi.
La libertà a cui dovremmo aspirare noi oggi, non è quella dello schiavo nel giorno di festa. Con tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione e che sempre di più sta sostituendo il lavoro umano, dovremmo aspirare a una società di liberi oziatori, intenti a creare un mondo migliore per tutti. Invece, in questa dialettica servo-padrone, siamo noi servi del servo, cioè della tecnologia. Che dal pensiero non fa che allontanarci:
Certo, chi comanda
Non è disposto a fare distinzioni poetiche
Il pensiero come l’oceanoNon lo puoi bloccare
Non lo puoi recintareCosì stanno bruciando il mare
Così stanno uccidendo il mare
Così stanno umiliando il mare
Così stanno piegando il mare
E allora andrò al mare e dalla meta turistica per antonomasia, nel mio giorno di festa, mi metterò a pensare. E per un attimo potrò sentirmi libera senza l’illusione che sia il mio stipendio la fonte della mia indipendenza.
Anna Mura