Gli USA ridimensionano la loro presenza militare in Sahel: ritiro parziale dal Ciad e dal Niger
Washington rivede la sua strategia nel Sahel: gli Stati Uniti ritireranno la maggior parte delle loro truppe dal Ciad e dal Niger, due Paesi chiave nella lotta al terrorismo nella regione africana. Questa mossa, seppur temporanea, segna un ridimensionamento significativo della presenza militare americana nel Sahel e apre nuove questioni sul futuro della sicurezza nella regione.
Le ragioni del ritiro americano sono complesse e intrecciate. Da un lato, le giunte militari al potere in Ciad e Niger hanno espresso la volontà di rivedere gli accordi che regolano la presenza delle truppe americane sui loro territori. In particolare, il Niger ha posto fine all’accordo che consentiva alle truppe americane di operare nel paese, mentre il Ciad ha sollevato dubbi sulla validità dell’accordo esistente.
Dall’altro lato, la popolazione locale ha espresso insofferenza verso la presenza militare americana, alimentata da dubbi sulla sua legittimità, sulla sua efficacia nella lotta al terrorismo e sulla sua reale attenzione agli interessi locali. Le proteste popolari contro le basi americane sono diventate sempre più frequenti e intense, culminando con la richiesta esplicita di espulsione da parte delle autorità locali. Malcontento è alimentato anche da un crescente sentimento anticolonialista in alcuni paesi africani, che vedono la presenza militare straniera come un’ingerenza nella loro sovranità.
Niger: un addio forzato
Il 16 marzo il Governo militare del Niger ha interrotto “con effetto immediato” l’accordo di cooperazione militare del 2012 con gli Stati Uniti, citando la presenza militare statunitense come “illegale” e in violazione dei principi costituzionali e democratici. L’amministrazione USA ha dovuto accettare la richiesta, da parte della giunta militare del Niger, di ritirare il proprio contingente di oltre 1.100 uomini dal Paese.
Questo ritiro rappresenta un colpo per l’Occidente nella regione del Sahel, mentre Russia e Cina guadagnano terreno. Il Niger, una volta considerato il principale alleato dell’Occidente nel Sahel, ha subito un drastico cambiamento nelle relazioni con l’Occidente dopo il colpo di stato nel luglio 2023 ha portato al potere il Consiglio per la Salvaguardia della Patria (CNSP), costringendo gli Stati Uniti a sospendere la maggior parte degli aiuti al Niger e a ritirare le operazioni militari.
Il CNSP ha giustificato la decisione in termini di sovranità nazionale e ha cercato di rovesciare la presenza americana, seguendo un modello simile a quello usato contro la Francia l’anno precedente. Le azioni nigerine indicano sforzi per ottenere legittimità per un Governo militare non democratico. Gli Stati Uniti hanno giocato un ruolo significativo nel Niger, con una presenza militare importante ad Agadez e Niamey e assistenza finanziaria.
In passato, il Paese rappresentava una barriera per i migranti diretti in Europa e ospitava truppe francesi, tedesche e americane. Tuttavia, dopo il colpo di Stato, le relazioni si sono deteriorate rapidamente, portando al ritiro delle truppe americane dalla base nel deserto nigerino, dove operavano droni per sorvegliare gran parte dell’Africa settentrionale e occidentale. Inoltre, sono giunte le prime truppe russe a Niamey, capitale del Niger.
La base era essenziale per fare chiarezza sulle attività islamiste nell’intera regione. Da lì, gli USA monitoravano gran parte dell’Africa Settentrionale e Occidentale. Non è del tutto chiaro come intendano riconquistare queste capacità di intelligence. Alcuni sostengono che gli americani potrebbero voler aprire una nuova base nel Golfo di Guinea, ad esempio in Benin, Ghana o Costa d’Avorio. Va tuttavia sottolineato che attualmente gli jihadisti nel Sahel non rappresentano una grave minaccia per gli Stati Uniti e per l’Europa continentale.
Il Ciad si unisce al Niger
Allo stesso modo, l’esercito ciadiano, attraverso il suo Capo di Stato Maggiore Idriss Amine, ha chiesto la partenza dei soldati statunitensi dalla base di N’Djamena a causa della mancanza di documenti pertinenti all’accordo. Fonti del Pentagono citate dal New York Times hanno rivelato piani per il ritiro di circa un centinaio di uomini per lo più appartenenti alle forze speciali dalla capitale del Ciad.
La mancanza di accordi formali che regolano la presenza americana sul territorio ciadiano avrebbe spinto il capo di Stato Maggiore dell’aeronautica militare ciadiana a richiedere la partenza dei soldati statunitensi. Altri analisti ipotizzano un riposizionamento strategico degli Stati Uniti, volto a concentrare gli sforzi in aree considerate prioritarie. Non è da escludere, inoltre, l’influenza della crescente cooperazione tra il Ciad e la Russia, emersa anche dall’incontro tra il presidente ciadiano Déby e Putin a gennaio.
Con o senza accordo tra le parti, il generale Patrick Ryder ha spiegato, secondo l’agenzia Reuters, che l’alto comando nordamericano ha dato il via libera, almeno temporaneamente, al trasferimento di diverse decine di forze speciali, di stanza in Ciad, alla base in Germania (Stoccarda-Möhringen). Dove AFRICOM ha la propria sede. Il timore che anche questo Paese possa cadere nella sfera d’influenza di Putin è dovuto anche a un chiaro problema geopolitico: consentirebbe un collegamento via terra tra la Repubblica Centrafricana e il Sudan, dove operano da anni i mercenari di Wagner, con i loro nuovi alleati. Niger, Mali e Burkina Faso, creando una cintura di influenza russa in tutto il continente.
Il ritiro americano dal Ciad, come anche dal Niger, avrà un impatto significativo sulla regione del Sahel, già alle prese con instabilità politica, conflitti jihadisti e sfide socio-economiche. La riduzione della presenza militare statunitense potrebbe creare un vuoto di sicurezza, favorendo il rafforzamento di gruppi terroristici come Boko Haram. Allo stesso tempo, l’apertura del Ciad verso la Russia potrebbe tradursi in un aumento della sua influenza nella regione, con potenziali ripercussioni sugli equilibri geopolitici.
Tale mossa, inserita nel quadro di una più ampia revisione della cooperazione militare americana in Africa, solleva interrogativi sul futuro dell’influenza statunitense nella regione e sulle conseguenze per la lotta al terrorismo e la stabilità regionale. Il Sahel, già alle prese con instabilità politica e crisi umanitarie, potrebbe sprofondare ancora di più nel caos.
L’ascesa della Russia
La fine dell’influenza occidentale nel Sahel potrebbe creare un terreno fertile per l’ascesa di nuove potenze, come la Russia e la Cina. Già ora, il Niger ha avviato una maggiore collaborazione militare con Mosca, accogliendo istruttori militari russi e rafforzando i legami con il Cremlino. La Cina, dal canto suo, sta aumentando i propri investimenti economici nella regione, con l’obiettivo di espandere la sua influenza e di acquisire nuove risorse strategiche.
Ciò è dovuto al fatto che i russi forniscono ai Governi ciò che l’Occidente non può o non vuole dare, soprattutto in termini di servizi di sicurezza per le giunte militari. Non si tratta di un riavvicinamento ideologico con la Russia, ma piuttosto della capacità russa di soddisfare le richieste dei regimi locali senza porre condizioni sulla democrazia o sui diritti umani. In effetti, mentre l’Occidente esercita pressioni e lancia ultimatum, come nel caso di una recente delegazione statunitense a Niamey, la Russia offre una cooperazione transazionale senza interferenze nelle questioni interne dei Paesi.
Nonostante l’impatto della perdita della base americana, l’Occidente mantiene una presenza significativa nella regione, con gli USA che forniscono aiuti umanitari e cooperazione allo sviluppo del valore di circa 200 milioni di dollari nei Paesi del Sahel, tra cui Niger, Burkina Faso e Mali. E’ innegabile che i Paesi della regione si stiano avvicinando sempre di più alla Russia. Per la giunta, la Russia segna l’inizio di una nuova era di relazioni potenzialmente più fruttuose – e forse più egualitarie – con le nazioni straniere.
Il Niger è un paese di transito per i migranti diretti in Europa, con convogli che attraversano nuovamente il deserto verso il Mediterraneo.
L’Europa, preoccupata dalla questione della migrazione, continua a essere attiva nel Niger. L’Italia ha inviato una delegazione ad alto livello, poiché la questione migratoria è prioritaria per il paese, più della concorrenza con la Russia o delle preoccupazioni per la democrazia nel Niger. La giunta al potere non considera il controllo dell’immigrazione una priorità, il che solleva dubbi sull’efficacia degli sforzi europei.
Tuttavia, se l’UE intende mantenere un ruolo decisivo nella regione, deve accettare la presenza delle giunte nel Sahel. I regimi militari hanno una forte posizione, e l’Occidente deve riconoscere che questi paesi potrebbero non dipendere tanto dall’assistenza occidentale quanto si pensava. Pertanto, l’Europa deve adattarsi a questa realtà per mantenere la sua influenza nella regione.
Il ritiro USA non è solo un problema di sicurezza.
È un segnale di un mutamento più profondo negli equilibri geopolitici della regione. La Russia, già fornitore numero uno di armi in Africa, sta approfittando dell’occasione per espandere la sua influenza. Accordi di difesa con il Niger e l’invio di mercenari del famigerato Gruppo Wagner (ora Corpo africano russo) dimostrano l’ambizione di Mosca di ritagliarsi un ruolo da protagonista nel Sahel.
Anche la Cina non è da sottovalutare. Il gigante asiatico, con i suoi investimenti economici e la sua crescente influenza diplomatica, rappresenta un competitor sempre più temibile per gli Stati Uniti. Pechino potrebbe sfruttare il vuoto lasciato dall’America per rafforzare la sua presenza in Africa, diventando un attore chiave nello scenario geopolitico del continente.
Inoltre, ci sono stati diversi colpi di stato nell’Africa centro-occidentale negli ultimi anni, mirati a smarcarsi dal dominio occidentale. La decisione di espellere le truppe statunitensi è l’ultima tappa di questo processo, che sta portando alla fine dell’influenza occidentale in un continente strategico per gli equilibri internazionali.