Sahar, la bimba morta per la fame ad un mese di vita
La guerra continua. Non si ferma neanche per piangere i suoi morti, come la piccola Sahar Dofdaa. Sahar è nata nella zona di Ghouta, ma ha avuto la possibilità di vivere, se così vogliamo chiamarlo, soltanto un mese. La bambina infatti è morta di fame. La sua storia che poteva perdersi in un milione di casi simili, nascosti dall’oblio dei conflitti continui, è stata invece portata alla luce.
L’agenzia di stampa Afp ha pubblicato infatti la foto della piccola: un corpicino scheletrico e gli occhi scavati dalla malnutrizione. L’autore della foto, Amer Almohibany, un fotografo siriano di 28 anni, ha voluto immortalare il ricordo della bambina, senza sapere che nove ore dopo sarebbe morta.
«Ero in ospedale per raccontare quello che vedo e che vivono migliaia di civili siriani. Qui dove le organizzazioni umanitarie non hanno accesso e le persone rischiano di morire di fame ogni giorno»
racconta il giovane fotografo, parlando della realtà in cui vive nel suo paese.
La continua lotta tra le diverse milizie come gli jihadisti, non permette di vivere in condizioni di normalità. I civili rimangono a lungo senza cibo poiché il regime ne impedisce l’ingresso, insieme a medicinali ed altri beni di prima necessità. Anche la madre di Sahar soffre di malnutrizione e senza le cure adeguate per una donna in gravidanza, non ha potuto nutrire la bambina. Sahar significa “aurora”, ma la piccola non ha potuto vedere la luce di giorni migliori.
Questo non è un caso isolato. Secondo i medici della Syrian American Medical Society sono almeno 68 i casi di malnutrizione nella zona di Ghouta, un luogo in mano a fazioni opposte che si scontrano anche sul mercato del cibo, facendo lievitare i prezzi. Ad esempio, un chilo di zucchero costa sui 15 dollari. A in queste condizioni, i genitori di Sahar, come racconta Amer, non potevano permettersi neanche il latte in polvere.
«Mi sono trovato in difficoltà, quasi in imbarazzo davanti al suo corpo così esile e magro»
ha dichiarato Amer, quando ha visto Sahar praticamente morente davanti ai suoi occhi, senza alcuna speranza per un futuro. Si spera ora, che con questo gesto, la storia di Sahar, possa essere il passo successivo per un cambiamento. Non soltanto nella città di Ghouta, ma anche nell’intera Siria e nelle altre zone dove l’umanità sembra chiudere gli occhi davanti a queste tragedie.
“Migliaia di bambini sono in pericolo”, ha avvertito l’attivista Raed Srewel, “senza un’iniziativa internazionale o una mossa dell’Onu, le conseguenze saranno estremamente pericolose: Ghouta diventerà una catastrofe umanitaria”.
Silvia Rosiello