Il 2018 è iniziato solo da poche ore ma già ci troviamo a fare i conti con nuovi aumenti tariffari: elettricità, gas, rifiuti, ticket, banche, poste, autostrade, assicurazioni e, udite udite: sacchetti biodegradabili della spesa.
La normativa, contenuta nella legge di conversione del “d.l. Mezzogiorno”, prevede che i sacchetti dovranno rispettare alcuni criteri: materiale biodegradabile e compostabile il cui contenuto dovrà essere formato, almeno per il 40%, di materia prima da fonte rinnovabile.
La manovra ha senz’altro un aspetto positivo: cercare di arginare l’inquinamento dell’ambiente causato dall’utilizzo smisurato della plastica, peccato che la legge stabilisce anche che: “Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e, a tal fine, il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite”.
Quindi il negoziante avrà l’obbligo di munirsi di sacchetti biodegradabili già dal 1° gennaio il cui costo (non ancora definito ma, presumibilmente, sarà compreso tra i due e i dieci centesimi) sarà a carico del consumatore. Non è di sicuro un prezzo elevato se la lista della spesa è corta ma diventa “importante” se la stessa si allunga con prodotti per i quali è necessario un involucro (prodotti da forno, frutta, verdura, carne) perché, in base al regolamento Europeo, “non è consentito l’utilizzo di sacchetti diversi da quelli messi a disposizione nei reparti del punto vendita” per motivi igienico – sanitari. Non sarà possibile, in pratica, utilizzare shopper personali portati da casa.
Impossibile tentare di fare i furbetti perché la legge prevede anche severe sanzioni per i trasgressori: chi verrà “pizzicato” a utilizzare sacchetti personali sarà sanzionato con una multa che va da 2.500 a 100.000 euro (in base alla violazione del divieto e dal numero di shopper “illegali” utilizzati).
Questa piccola stangata sembra un po’ assurda ma non è nulla se paragonata alla “tassa del sudore”, applicata ai ciclisti italiani, che prevede l’obbligo di pagamento di un canone di 25 euro all’anno in cambio di una bike card con la quale si ottiene il permesso di fare una passeggiata in bicicletta.
Elena Carletti