Nelle ultime ore i sacchetti biodegradabili sono tristemente diventati il tema centrale dell’agenda politica.
Il Governo infatti, vincolato da una Direttiva Europea, la 270 del 2015, ha stabilito che dal primo gennaio 2018 i sacchetti utilizzati per imbustare frutta, verdura, pesce, affettati e altri prodotti alimentari dovranno essere esclusivamente biodegradabili ed a impatto zero per l’ambiente e che questi avranno un costo di 0.02 centesimi per i consumatori.
La ratio di questa nuova legge è quella di ridurre il consumo di sacchetti di plastica e incentivare l’uso di quelli biodegradabili per salvaguardare l’ambiente.
Il tema è stato, ampiamente, utilizzato per scopi politici e diatribe prive di contenuto.
Nelle ultime ore circola in rete, via telegram,via whatsapp una bufala concernete un’ipotetico favoreggiamento di taluni personaggi legati alla produzione dei sacchetti in questione.
Ebbene, ciò che c’è da sapere riguardo questa nuova legge è che è stata introdotta per disincentivare il consumo di sacchetti di plastica per motivi legati all’inquinamento ambientale e che l’Italia, raggiunta da una Direttiva Europea e cioè vincolata dall’Europa al raggiungimento di un risultato, si è adeguata lo scorso agosto scongiurando il pericolo dell’ennesima infrazione che sarebbe costata agli italiani molto più di 1 o 2 centesimi.
Ergo, ci stiamo adeguando ad una direttiva europea. Abitudine, per noi italiani, sempre ritardataria.
Doveroso, oltre l’indignazione per i due centesimi è conoscere che : Secondo il rapporto “L’impatto della plastica e dei sacchetti sull’ambiente marino” realizzato da Arpa Toscana e dalla struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia Romagna la plastica rappresenta il principale rifiuto rinvenuto nei mari: è di plastica il 60%-80% del totale dell’immondizia trovata nelle acque.
Secondo l’International Coastal Cleanup, nel Mediterraneo tra il 2002 e il 2006 i sacchetti di plastica sono risultati il quarto rifiuto più abbondante dopo sigarette, mozziconi e bottiglie.
Questo inquinamento ha delle conseguenze: di 115 specie di mammiferi marini, 49 sono a rischio di intrappolamento o ingestione di rifiuti marini. In particolare, delfini, elefanti marini, capodogli, lamantini sono attratti da questi materiali; le tartarughe li scambiano per meduse e rimangono soffocate.
Non solo: tra i 700.000 e un milione di uccelli marini rimangono ogni anno uccisi per soffocamento o intrappolamento. Intanto gli scienziati hanno iniziato a studiare quali sono gli effetti sulla catena alimentare, non solo sulle creature che vivono i mari, ma anche sull’uomo.
E sì, tra i maggiori responsabili ci siamo proprio noi: sempre secondo il rapporto Arpat-Arpae, l’Italia è il primo paese europeo per consumo di sacchetti di plastica usa e getta. Nel Bel Paese si consuma infatti il 25% degli shopper commercializzati in tutta Europa.
In realtà il divieto alla commercializzazione dei sacchetti per la spesa monouso in plastica è stato introdotto con l’articolo 1, comma 1130, della) legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006; poi, nel 2014, è stato sbloccato il sistema sanzionatorio, che prevede multe fino a 100mila euro.
Ma si sa, in Italia fatta la legge, scoperto l’inganno: le buste del reparto ortofrutta sono state definite “a uso interno” e perciò sono continuate a circolare le buste di plastica. Che i clienti a volte usano non solo per il reparto ortofrutta, ma per fare la spesa; o per imbustare la carne o il pesce; o per separare la farina.
Il modo in cui questa notizia è stata divulgata, veicolata, amplificata fino a farla diventare un caso, mentre vengono ignorate altre notizie ben più gravose per i cittadini è uno specchio del sistema informativo: che non ha punti di riferimento, martoriato da siti spazzatura, articoli mordi e fuggi, mancanza di verifica e approfondimento.
Inoltre, bisogna tener conto che da ora in poi siamo in piena campagna elettorale e qualsiasi novità, si sa, può essere sfruttata.
Anna Rahinò