A S. Agata le ‘Ntupatedde: donne velate nell’ arte della seduzione in onore di una Santa

#S.AGATA
Dal 3 al 5 Febbraio a Catania si celebra la festa di S. Agata, una festa profondamente cattolica ma che affonda le sue radici in tradizioni ben più lontane. Non si spiegherebbero altrimenti le “Ntuppatedde“, donne che si riuniscono insieme per dare vita alla rinascita di un culto dove la donna era al centro di ogni ritualità. è difficile immaginare una Sicilia ottocentesca dove donne velate e soavi potessero “andare tra i cittadini e sedurli senza che i rispettivi padri o mariti potessero protestare” come afferma Elena Rosa, direttrice del gruppo delle moderne “Ntuppatedde” che lottano per la rinascita di questa tradizione. In occasione di S. Agata 2017 ho avuto l’occasione di intervistarla:
<<Chi sono le Ntuppatedde>>?
<<Le ‘Ntuppatedde fino alla metà dell’Ottocento: donne che si mescolavano tra la folla dei devoti, travestite e irriconoscibili, potevano andare tra i cittadini, sedurli, esigere regali, fare scherzi, senza che i rispettivi padri o mariti potessero protestare; poi furono proibite e dimenticate, l’ultima apparsa nel 1868, cacciata via e insultata>>.
<<Oggi: donne che tramite la performance artistica danno luce al femminile in una festa prevalentemente maschile. E’ la natura che fiorisce. È sovvertimento, azione estetica, dono, danza, festa. La ntuppatedda non vuole farsi copia di una tradizione scomparsa, si fa piuttosto apparizione di un bisogno ancestrale>>.
<<Quali sono i vostri obbiettivi artistici>>?
<<Obiettivi? L’arte è “inutile”, più lo è e più è efficace. Gli obiettivi sono infiniti, intimi e insiti>>.
<<Da quanti anni vi esibite alla celebrazione di S.Agata e come è andata quest’anno>>?
<<Dal  2013. Non è una vera esibizione, tutto dipende dalla relazione che nasce tra le candelore, la banda e la gente,se è festa si balla! La gente partecipa, è coninvolta naturalmente ,soprattutto le donne i bambini>>.
<<In quell’incrocio tra candelora, banda musicale e ntuppatedde si armonizza tutto come accade tra musica e danza, così tra maschile e femminile. Ma questa armonia non è facile, noi sentiamo dentro la festa tutto il peso delle contraddizioni e non sempre sono gentili>>.
<<Secondo te che valenza sociale può avere l’esibirsi in una cerimonia tradizionalmente cattolica come la celebrazione di S. Agata? Come può la performance artistica essere ben accetta in una festa così tradizionale? Vi siete guadagnate la fiducia della gente al punto che due anni fa vi hanno fatto salire sulle candelore, come è stato possibile tutto questo>>?
<<Se le donne riprendessero ad esercitare il diritto di ‘Ntuppatedda, ci sarebbe un vero cambiamento sociale. Noi lavoriamo sulla femminilità, sulla gioia, sulla sorellanza, sulla gentilezza, sul mistero. Dentro di noi,  siamo anche guerriere, amazzoni che esercitano ciò che è stato tolto all’ultima ntuppatedda del 1868. Abbiamo un profondo rispetto per la sacralità della festa, ma non apparteniamo a nessuna organizzazione, né ecclesiastica né laica. Quando danziamo in mezzo alla folla emerge un fattore che è relazionale, quindi si cancella totalmente l’appartenenza ad una organizzazione di potere>>.
<<Ci saranno prossime esibizioni delle Ntuppatedde, se sì dove e quando>>?
<<L’unica apparizione (e non esibizione) è ogni anno il 3 febbraio mattina>>.
<<Cosa ti auguri per il futuro delle Ntuppatedde>>?
<<Di sovvertire qualcosa. Di liberare. Di essere in molte>>.
Per capire al meglio il valore del lavoro svolto dalle Ntuppatedde moderne è necessario approfondir la storia di questa festa così affascinante:
subito dopo la sua morte, la Santa cominciò a essere venerata da gran parte della popolazione anche di religione pagana. Da qui si sviluppò il culto di Agata che si diffuse anche fuori dalla Sicilia e ben presto Papa Cornelio la elevò alla gloria degli altari. Persino il grande Apuleio affermava ne Le Metamorfosi che la festa catanese non era altro che il rimando al culto della Dea Iside, Dea che prosperava fortuna per tutto l’anno e fertilità in primavera. Altri ricercatori, come Ciaceri, affermano che il barcone barocco di Sant’Agata anticipa la festa prima di essere abbandonata a mare e che questa usanza si ritrova nella festività di Iside. Anche i vestiti dei devoti, secondo Apuleio, corrispondono alla vestizione dei devoti alla Dea Iside e non a caso il fercolo della Santa viene trasportato in tutta la città passando dalla statua di Cerere, dea accostata ad Iside in quanto portatrice di fertilità e fortuna.
Cicerone ne Verrine parla di un sacrario a Catania che corrisponderebbe al luogo in cui si trovava all’ origine la fontana di Cerere, di fronte a palazzo università. In dialetto catanese è chiamata Ma’pallara dô Buŗgu (Madre Pallade del Borgo) e Tapallara dô Buŗgu (Dea Pallade del Borgo). La Dea Pallade è una dea minore spesso accostata ad Atena per la sua giovinezza, ma nel caso del culto catanese è di facile accostamento a Cerere, in quanto entrambe dee della giovinezza e della primavera. Secondo Cicerone, in corrispondenza della fontana, si celebrava il culto di Cerere, riservato a donne nubili e maritate, al quale il genere maschile era escluso e del quale non doveva nemmeno avere conoscenza. Sebbene la fontana sia nata nel 1757 grazie alla mano del palermitano Giuseppe Orlando, Cicerone racconta il misterico culto proprio in corrispondenza della fontana. La stessa fontana, poi, nasce a fronte di esigenze particolarmente misteriose:
La commissione giungeva dal Senato catanese il quale accolse le richieste e le suppliche di parte della popolazione locale per l’erezione di un monumento finalizzato ad ingraziarsi il favore della natura e della prosperità, vista la devastante carestia  che attanagliava il val di Noto dal 1756. Cerere, per definizione dea della fertilità, nonché divinità radicata nella cultura siciliana da secoli, fu dunque la figura divina, anche se pagana, prescelta per l’opera, che venne decretata fontana. Inizialmente molto apprezzata, sulla base delle testimonianze dell’epoca il gradimento dell’opera risulta progressivamente scemare  a causa  dell’auspicato ma non concesso aiuto divino di cui l’opera era stata investita, finché il Senato non fece ufficialmente smontare l’intera fontana, spostandola al Borgo, luogo molto distante da piazza Università, anche se comunicante anch’esso con la principale via Etnea. A partire da questo momento, attorno alla fontana sorsero dicerie e leggende popolari relative ad una certa sfortuna che l’avrebbe da sempre accompagnata. Ben presto la statua della dea venne vandalizzata con la mutilazione del naso e delle braccia, e quindi rattoppata. Ad alimentare queste interpretazioni nefaste, contribuì nel 1882 a morte per infarto del suo restauratore, lo scultore Francesco Licata, proprio all’interno della vasca principale, dove si era introdotto per effettuare una semplice manutenzione
Cicerone ne Verrine riporta una credenza che si fonda su antichissimi documenti e testimonianze greche. Tutta l’isola siciliana sarebbe consacrata a Cerere e Libera, madre e figlia accostate parallelamente a Demetra e Prosperina. è una leggenda talmente radicata che la popolazione della Magna Grecia era fermamente convinta che queste dee fossero nate in terra siciliana e che successivamente i Greci scoprirono facendo loro il culto. Secondo queste antiche leggende riportate da Cicerone, molti miti di origine greca venivano attribuiti all’ isola, il più famoso è il rapto di Libera/Prosperina che, secondo tali leggende, avvenne in un bosco degli ennesi.
Dopo aver preso coscienza del valore storico, mitico e ancestrale riportato in vita dalle ‘Ntupatedde moderne, ci auguriamo che queste donne siano sempre accolte tra i devoti e che non siano mai considerate semplicemente un gruppo folkloristico. Ma piuttosto un insieme di donne “guerriere” che combattono per la valorizzazione sociale del mistero femminile, capaci di condurci alle origini di questa festa.  Che siano il filo conduttore che mantiene la storia sospesa tra il sacro e il profano, tra siciliani devoti e Magna Grecia, tra ricorrenze di martirio e celebrazioni dionisiache.

Per maggiori informazioni sulle ‘NTUPPATEDDE catanesi visitate la loro pagina Facebook e visionate il documentario di Giuliano Severini:

 

Siria Comite

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