L’imperversare della russofobia in Italia e nel mondo come stupida conseguenza del conflitto in Ucraina.
La russofobia sta dilagando. E’ di ieri sera, 01 Marzo, la notizia che l’Università Bicocca di Milano avrebbe cancellato un ciclo di quattro lezioni, previsto per la prossima settimana, sullo scrittore russo Fëodor Dostoevskij.
Ad annunciare il fatto è stato lo stesso autore del corso, lo scrittore e traduttore Paolo Nori, tramite il suo profilo Instagram, spiegando che il protettorato alla didattica avrebbe deciso di rimandare il seminario al fine di evitare ogni forma di polemica interna, in quanto momento di forte tensione.
Mi viene da piangere solo a pensarci. Ma quello che sta succedendo in Italia oggi, queste cose qua, sono ridicole: censurare un corso è ridicolo. Non solo essere un russo vivente è una colpa oggi in Italia, ma anche essere un russo morto.
E’ invece dell’ultima ora il dietro front della Bicocca attraverso la voce della rettrice dell’Ateneo Giovanna Iannantuoni, che ha confermato che il corso si terrà nei giorni e nelle modalità precedentemente stabiliti.
Episodi di russofobia
Questo episodio rappresenta solo uno dei tristi esempi di tentativi di cancel culture e russofobia, che stanno imperversando in questi ultimi giorni.
Possiamo infatti citare la cancellazione della mostra “Sentieri di ghiaccio”, inserita all’interno del Festival della fotografia europea di Reggio Emilia.
A farne le spese diversi fotografi russi, tra cui il paesaggista Alexander Gronsky notoriamente anti putiniano e contrario al conflitto in corso, ai quali è stata vietata la partecipazione dai promotori.
C’è un tempo per affermare con fermezza il diritto dei popoli a vivere in pace e un tempo per aprirsi al dialogo e al confronto, senza che violenza e morte siano invitate al tavolo.
Un’accusa abbastanza diretta ad artisti la cui unica colpa sembrerebbe quella di essere russi. Un messaggio inquietante di chiusura ad ogni forma di dibattito.
Ma ancora: la cancellazione a Torino di una retrospettiva sul regista russo Karen Georgevich.
Lo scontro fra il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e il direttore d’orchestra Valery Gergiev; quest’ultimo, difatti, oltre ad essere stato licenziato dalla Filarmonica di Monaco, è stato sospeso dall’attività musicale del Teatro alla Scala per non avere preso apertamente posizione contro la guerra in Ucraina.
Ulteriore conseguenza riguarda la soprana russa Anna Netrebko, la quale non calcherà il palco del Piermarini, in quanto, nonostante abbia auspicato il termine del conflitto nel minore tempo possibile, ha dichiarato la non correttezza circa il costringere degli artisti a denunciare il propio paese d’origine solo per potere lavorare.
E di esempi di russofobia, sicuramente più noti perché relativi al mondo della musica pop e del calcio, ce ne sarebbero tantissimi altri: l’esclusione del cantante russo dall’Eurovision Song Contest e la decisione della Fifa e della Uefa di interrompere la partecipazione dello Spartak Mosca dall’Europa League.
Cercare di umiliare e colpire dei professionisti, una scelta assolutamente sbagliata e non necessaria.
La gara a chi è più contro i russi
Ora, queste prese di posizione delle autorità locali italiane, e non solo, e le relative ripercussioni potrebbero risultare ad un’analisi semplicistica delle inezie rispetto a quanto sta avvenendo in Ucraina da tempo.
Con quale coraggio possiamo mettere sullo stesso tavolo delle discussioni la questione dei civili, dei profughi e quella del bandire l’intervento a fiere, mostre, seminari di personaggi russi?
Non è proprio così, non è cosa di poco conto. Parliamo infatti di decisioni portate avanti su base etnica e alimentanti la retorica di guerra.
Ci troviamo al cospetto di paesi europei che sembrerebbe vogliano fare a gara a chi mostra maggiormente il proprio dissenso, a chi punisce di più.
Ma sono questi gli strumenti idonei da utilizzare per aiutare la cessazione della guerra?
Sono i russi, in quanto tali o chi parla della loro cultura, il bersaglio da colpire?
Il terreno è scivoloso e pericoloso.
Siamo in un momento estremamente complicato, forse inaspettato, in una fase dove anche cercare di portare avanti un’analisi, che punti a scandagliare le origini del conflitto in Ucraina, genera biasimo, critica e accuse.
Ci troviamo in un momento in cui si cita l’Art. 11 della Costituzione, si invoca la via diplomatica per raggiungere la pace, ma si inviano armi.
Cerchiamo di focalizzare l’attenzione sulle ripercussioni di quanto sta avvenendo sui civili, sui popoli, ma non riusciamo a comprendere quanto un determinato modus operandi nei confronti della cultura, della musica e dello sport perpetrato dai governi possa generare altissimi livelli di odio nei confronti dei russi in quanto tali.
Le conseguenze
Queste vicende, che possono come accennavamo apparire di importanza secondaria, potrebbero far nascere sentimenti e gravi episodi di violenza e razzismo tra le persone, legittimate a scansare l’altro in quanto originario o proveniente dalla Federazione Russa.
Questa censura e i tentativi per metterla in atto rimandano a drammatici momenti della nostra storia.
Insomma se il momento è critico e doloroso, chi ci governa, nelle sue varie espressioni, non dovrebbe gettare benzina sul fuoco; coloro che si ergono a paladini e difensori della pace, dovrebbero dare l’esempio e non alimentare attuali e future ostilità.
Del resto, non credo sia possibile attribuire la responsabilità del conflitto in Ucraina ad uno scrittore morto nel 1881.
Come non credo potrebbe essere utile alla risoluzione della guerra non leggere più Dostoevskij, Tolstoy, Bulgakov, Gogol o Majakovskij; non guardare più un quadro di Repin; non ascoltare le opere di Čajkovskij.
Anzi ritengo che non solo certe operazioni siano inutili e pericolose, ma priverebbero tutti i cittadini del mondo di un patrimonio culturale di inestimabile valore.
Non è utile a nessuno, o magari a qualcuno si, tornare in un clima da guerra fredda, foraggiare conflitti tra civiltà e culture, boicottare credendo di indebolire i regimi.
La diffidenza e l’osteggiare tout court l’orso russo non salverà vite, ma alimenterà futuri conflitti intestini.
Non è non conoscendo, che si è liberi.
Sono completamente d’accordo. E mi viene da pensare con altrettanta preoccupazione alla censura dei canali di informazione russi in Europa, come se avessimo paura di sentire l’altra campana e farci un’idea in base al nostro spirito critico…non era la nostra una democrazia con libertà di parola? E perché non c’è quasi notizia delle tante dimostrazioni pacifiste in Russia e delle tante persone che hanno subito conseguenze gravi per essersi opposte alla guerra? Grazie Deborah, ci voleva proprio.
Sono pienamente d’accordo. È come dire che ai tempi del nazismo, se si era tedeschi, equivaleva a essere fautori del nazismo e di tutto i suoi efferati crimini. Il fatto di essere cittadino russo non sta a significare che si è a favore della guerra o della violenza in genere. Cosa c’entra punire lo sport; il mio pensiero è che questo atteggiamento pericolosissimo scateni in futuro, se non immediato, ondate di razzismo e odio contro tutto il popolo russo e tutto ciò che ha a che che fare con la cultura russa, come ribadito nel tuo articolo; ho il sospetto che questo sia il vero obiettivo di Biden, personaggio che non mi piace per niente. Uno che dice che l’alternativa alle sanzioni è la terza guerra mondiale, mi fa venire il vomito. Solo uno schifoso ebete guerrafondaio può fare simili affermazioni. Non sono pro Putin, non penso che sia un Santo, ma trovo molto più pericoloso l’attuale presidente americano. Parlavano male del suo predecessore, Trump, che in realtà si è solo dimostrato un cane che abbaia ma non morde, solo un grande provocatore a mio parere; questo qua, Biden, con quella faccia da francescano, parla poco ma sta già seminando odio e tensioni dappertutto, vorrebbe comandare sul mondo come se il destino dei popoli dipendesse solo dall’America. Niente di personale con gli americani. Ce l’ho con chi sta al potere e gioca a fare il burattinaio con la vita delle persone.
Sono un cittadino incazzato che ripudia ogni forma di violenza e soprattutto qualsiasi guerra.