La retorica sull’immigrazione è così spregevole che lascia vuoti narrativi scandalosi, come il racconto di quanto sta accadendo lungo la rotta balcanica.
I migranti fuggono, sempre
I migranti fuggono. Sempre. E sempre trovano un nuovo passaggio se quello vecchio viene loro sbarrato. I migranti fuggono. Sempre. E sempre, attraversando quei maledetti confini, attraversano un limbo in cui non conta più nulla se non arrivare di là. Automi in cammino, volti spersonalizzati che infiammano le nostre coscienze. I muri non li fermeranno, lo sappiamo. Lungo la rotta balcanica il flusso migratorio si è intensificato.
I numeri
Era già successo nel 2018, oggi è anche peggio. Secondo i dati del Dipartimento della Pubblica sicurezza, in questi primi sei mesi del 2019 si registra quasi un raddoppio degli arrivi dalla Slovenia. Lo scorso anno 446 stranieri irregolari sono stati rintracciati presso le zone del confine sloveno. Nel corso dei primi cinque mesi del 2019 i migranti irregolari in quell’area erano già 652, cui vanno aggiunti gli oltre 130 identificati solo a giugno. 121 sono stati fermati presso le zone di confine con l’Austria.
Come si muovono
I migranti fuggono. La rotta balcanica avrebbe dovuto essere chiusa, ma, nonostante gli accordi, aumentano le partenze dalla Turchia per raggiungere la Grecia. L’Ungheria ha bloccato i confini con la Serbia, così la rotta si è spostata a Sud. Federico Annibale è un giornalista di Altreconomia, autore del documentario Inshallah Europa. Viaggio lungo la nuova rotta balcanica realizzato in collaborazione con il collega del Tg3 Massimo Veneziani.
«Dalla Grecia la maggior parte dei migranti continua a dirigersi verso la Serbia e da qui poi entra in Bosnia, una tappa che negli anni passati era toccata solo in maniera limitata dai flussi di profughi diretti in Europa».
C’è poi una quota minore di persone che passa dall’Albania prima di raggiungere la Bosnia: qui si è registrato un aumento significativo dei passaggi tra il 2017 e il 2018. Dalla Bosnia in avanti prosegue quello che i migranti chiamano “the game”, il gioco, e cercano di raggiungere la Croazia, per poi arrivare a Trieste o proseguire verso la Germania.
La denuncia di un giornale croato
Proprio qualche giorno fa il portale croato H-Alter ha denunciato, attraverso il racconto di un escursionista, le gravi violazioni dei diritti di alcuni migranti proprio lungo la rotta balcanica. L’episodio di cui l’uomo è stato involontario testimone oculare sono relative a sabato 15 giugno. Questo è il suo racconto.
“Siamo andati sulla cima del Risnjak, dove avevamo programmato di passare la notte in rifugio. Quando siamo arrivati nella sala principale del rifugio ho scorto un fucile automatico sul tavolo e due agenti delle forze speciali parlare con la gestrice. Inizialmente la situazione non era chiara, ma abbiamo capito presto che l’unità speciale di polizia era diventata parte integrante della vita quotidiana di quel luogo. Non abbiamo ricevuto nessuna spiegazione ufficiale del perché vi fossero agenti armati tra di noi, ma la responsabile del rifugio ci ha detto che ‘ci tenevano al sicuro dai rifugiati‘”.
La donna appare molto arrabbiata perché da tempo in gruppi i migranti attraversano le montagne per passare in Slovenia nascondendosi nel rifugio per trovare un riparo. L’escursionista racconta di quando gli agenti hanno iniziato a spiegare la situazione.
“Siamo venuti a sapere che i boschi vengono costantemente pattugliati, che tutto Risnjak era sotto videosorveglianza e che loro erano lì per “dare la caccia” ai rifugiati e ai migranti. I poliziotti lavoravano coordinandosi con la polizia bosniaca. Quando interrogati su cosa fanno quando li “catturano”, hanno risposto che prendono tutti i loro averi e riportano i migranti in Bosnia Erzegovina”.
Nei racconti emergono particolari inquietanti, come quello di un migrante che era stato catturato per la ventesima volta e che li supplicava di lasciarlo andare. E quello dei trafficanti che abbandonano i migranti ai piedi del Risnjak, dicendo loro che sono già in Slovenia. Questi uomini iniziano a vagare per le foreste, affamati e terrorizzati.
“Nonostante il fatto che nessuna violenza sia stata ancora riportata, l’atmosfera generale portava a pensare che i migranti fossero pericolosi e che era davvero un bene che la polizia li cacciasse, e la maggior parte di quelli che partecipavano alla conversazione aderivano a questo punto di vista: ridevano sonoramente alle battute degli agenti e ai racconti delle loro avventure durante la “caccia ai rifugiati“.
Quella sera al rifugio i migranti che arrivano sono tanti, chiedono dell’acqua. Una giovane coppia gli porge una bottiglia. Loro si siedono a terra esausti, e bevono. Un secondo dopo arrivano gli agenti di polizia che con i manganelli in mano intimano loro di stendersi per terra, cominciando a colpirli.
“I migranti hanno iniziato a fuggire, e gli agenti della polizia hanno cominciato a sparare appena sopra le loro teste. In questa situazione di ira e paura, uno dei migranti è caduto dal pendio e, secondo la dichiarazione di un testimone oculare, “si è completamente rotto le ossa” (non possiamo essere sicuri di quanto ferito fosse, dal momento che dopo l’evento nessuno di noi ha potuto lasciare il rifugio)”.
Miriam Carraretto