Moriva ieri a Messina Rosario Costa, nell’impatto con un autocompattatore.
Rosario Costa aveva soli quattordici anni e la sua più grande passione era la bici. Pedalava da sempre e in molti dicono che, se non si fosse verificata la tragedia, sarebbe diventato qualcuno nel mondo dello sport. I sogni, però, a volte vengono infranti da un destino avverso.
I sogni adolescenziali sono quelli che spingono le gambe a correre, a saltare, a pedalare. I desideri e le aspirazioni di quando si avevano quattordici anni sono punti fissi nella mente, a volte perché nella loro realizzazione la vita è cambiata totalmente e a volte perché il rimorso di non aver realizzato ciò che si voleva a tutti i costi è tanto grande da indurre a voler dimenticare.
Il giovane ciclista si stava allenando con alcuni compagni di squadra e il suo papà nella mattina del 15 maggio, quando si è schiantato contro un autocompattatore di immondizia, probabilmente sbandando per scansare una buca sull’asfalto della litoranea nord di Sant’Agata, vicino Messina.
Lo sforzo e la dedizione a volte inducono ad abbassare lo sguardo per procedere più velocemente. L’attenzione cala visibilmente ed è proprio quel momento di distrazione che è stato fatale per il piccolo Rosario.
Il quattordicenne siciliano pedalava e gareggiava nella Asd Nibali, la squadra dilettantistica del campione messinese Vincenzo Nibali che, addolorato e commosso, ha salutato il ragazzo al termine della nona tappa del Giro d’Italia.
Subito dopo lo schianto il ragazzo è stato trasportato all’ospedale Papardo di Messina in codice rosso, sotto gli occhi di un padre incredulo. Qui “la giovane promessa del ciclismo”, così come lo ha definito Vincenzo Nibali, si è spenta lasciando alla sua famiglia e tutti coloro i quali la conoscevano i suoi sogni e la sua bici che da adesso non avrà un padrone.
Le immagini dello schianto sono state riprese da alcune telecamere di sorveglianza. Una storia di sogni e speranze ma con molti interrogativi da risolvere.
Maria Giovanna Campagna