Rosa Bonheur, un talento ribelle e femminista

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Pittrice francese dell’Ottocento, Rosa Bonheur seppe farsi strada all’interno di una professione prettamente maschile, diventando un simbolo per tutte le donne che si battono per la propria libertà e indipendenza

Nata il 16 maggio 1822 a Saint-Seunin, Bordeaux, Rosa Bonheur era una figlia d’arte: anche il padre dipingeva e dirigeva una scuola per giovani artisti. Questa fu una fortuna per la nostra giovanissima amante della pittura poiché al tempo le Scuole di Belle Arti francesi erano appannaggio esclusivamente degli uomini.  

Il padre però non sosteneva questa sua decisione e criticava i suoi comportamenti che non si addicevano a una fanciulla a modo. Ma cosa mai avrà combinato?

La passione per gli animali e per… i pantaloni

Rosa Bonheur riteneva che le donne avrebbero dovuto essere ben istruite per poter pensare con la loro testa, essere libere di svolgere le attività che desideravano e non dipendere da padri o mariti.

Fu così che Rosa andava a caccia, fumava il sigaro, frequentava fiere, fattorie, macelli per studiare dal vero gli animali e indossava dei comodi pantaloni maschili. In particolare quest’ultima sua scelta poteva essere punita dalla legge e così doveva richiedere alla polizia una speciale autorizzazione ogni sei mesi per poter indossare i pantaloni per “motivi di salute”, ma in realtà ella riteneva che gli indumenti femminili la limitavano troppo nei movimenti.

“La mia natura brusca e perfino un po’ selvaggia non ha mai impedito al mio cuore di restare sempre perfettamente femminile.”

Rosa Bonheur e gli amori proibiti





Ancora adolescenti, Rosa e Nathalie Micas si conobbero e si innamorarono. Trascorsero le loro vite insieme, proprio come se fossero sposate, nonostante la società del tempo non contemplava che potesse accadere.

Nel 1860, grazie al successo e ai riconoscimenti ottenuti, Rosa riuscì ad acquistare il Castello di By, vicino Fontainebleau, per poterci vivere con Nathalie. 

Nel 1889 Nathalie morì e Rosa restò per anni da sola, finché non conobbe Anna Elizabeth Klumke, anch’ella pittrice molto conosciuta negli Stati Uniti. Anna aveva fatto da interprete durante l’incontro di Rosa con Buffalo Bill, ma poi, incantata dal suo atelier e dal suo modo di essere, restò a vivere nel castello.

Una donna che si manteneva con il suo lavoro

I dipinti di Rosa Bonheur erano stati molto apprezzati anche ai Salon ufficiali, soprattutto quelli raffiguranti gli animali che allevava lei stessa nel suo “zoo domestico” con cavalli, pecore, buoi, ma anche leoni. 

Il suo primissimo dipinto esposto fu “Buoi e Tori. Una razza Cantal”, aveva solo 19 anni e pochi anni dopo vinse la Medaglia d’oro, premio riservato ai migliori artisti dell’anno, in cui figuravano tra gli altri Delacroix, Corot, Ingres… 

Ma è con “La marcia dei cavalli” del 1853, ora al Metropolitan Museum di New York, che ottenne un grande riconoscimento all’estero, nonostante i commenti rispecchiassero la mentalità maschilista. Il quadro, infatti, era stato celebrato per le sue qualità maschili: era dinamico, forte e serio, dipinto proprio come lo farebbe un uomo.

Nel 1865 fu la prima donna a ricevere la Légion d’Honneur, grazie all’imperatrice Eugénie, moglie di Napoleone III. Ella, dopo aver visitato il suo atelier, rimase colpita dai lavori e si batté per ben 12 anni per farle ottenere questo titolo.

 


Rosa morì il 25 maggio 1899. Fu una donna anticonformista e ribelle, ma mai accusata di essere scandalosa poiché seppe crearsi il suo posto nell’ambiente artistico facendosi apprezzare per il suo talento. Rimase però sempre ferma sulle sue idee scrivendo nel testamento:

“L’indipendenza fino al mio ultimo giorno. Del resto sono convinta che a noi donne appartenga l’avvenire.”

Maria Rosa Cottone

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