Ronald Companoca: l’oro dei sogni sul buio della mente

Ronald Companoca

Ronald Companoca: quando Marc Chagall si invola tra colate di oro.

Ronald Companoca
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Ronald Companoca e io abbiamo forse una cosa in comune: abbiamo visto entrambi “Le Avventure Del Barone di Münchausen” (1988, Terry Gilliam) e siamo rimasti tutti e due colpiti quando l’avventuroso Barone approda sulla Luna e ci fa scoprire il fantastico regno del Re della Luna (interpretato da quel gran pezzo di cuore che è Robin Williams). Solo che mentre io colleziono sbadatamente film del genere e proseguo a far nulla, Ronald Companoca si diletta a immaginare gli onirici abitanti del regno della Luna e a dare loro un volto.
Oppure nulla di tutto questo e io immagino solo un mucchio di cose tramite associazioni di idee.

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Ronald Companoca, classe 1981, è un pittore peruviano. I suoi quadri catturano l’attenzione per due grossi motivi: il primo è che i personaggi ritratti sembrano tutti buffi gnometti su mezzi di locomozione di fantasia, da bus-uccelli a barchette di carta che sembrano più resistenti di noi; il secondo motivo è la prevalenza del colore oro per risaltare i soggetti dallo sfondo nero del fondale.

Composizioni che rendono l’immagine di un’intensa suggestione onirica, in cui sembra che quei simpatici personaggi siano usciti dritti dritti da un sogno e dalla mano di un bambino. Questo oro che si contrappone al nero non è esagerato né pomposo, per nulla barocco. Anzi, è molto delicato e soffice, come di qualcosa che brilla nella penombra e che richiama l’attenzione senza esibirsi troppo. Saranno forse le linee morbide dei soggetti e dei paesaggi ad aiutare nel richiamo, sta di fatto che i quadri di Ronald Companoca non sono esagerati, piuttosto preziosi e accattivanti.

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Moltissimi dei personaggi e degli scenari ritratti da Companoca richiamano fortemente i ritratti fluttuanti delle figure di Marc Chagall, artista altrettanto onirico ma per altre vie: ci sono personaggi distesi nell’aria ritratti di fianco che ricordano proprio certi voli chagalliani; inoltre anche i paesaggi, sorvolati da questi soggetti, con le case stilizzate in silhouette minimali, ricordano molto le città abbandonate dai giovani amanti o poeti impressi su tela da Marc Chagall.

Ma mentre il pittore bielorusso utilizzava pastellosi colori vividi per rappresentare la sua realtà interiore e all’occorrenza alterare quella esteriore, Companoca si muove su un binario cromatico ben definito: oro e nero. Non tutti i suoi quadri, a onor del vero, seguono questo binario, ma la maggior parte di essi sì e sono quelli che, nella loro povertà di variazione, suggeriscono più magia e sogno.

C’è qualcosa di familiare in questo binomio: questo sfondo nero sul quale si stagliano scenari immaginari che risaltano particolarmente per i loro colori ricorda proprio il momento del sonno, quando tutto è buio e il teatro onirico prende scena. Il fascino dei sogni, che non si consuma mai né si definisce in una sola forma di descrizione, è questo: essere sempre strani, diversi, inspiegabili, inaspettati, incomprensibili, enigmatici, stravolgenti, inquietanti, paurosi, commoventi e chi più ne ha più ne metta ma sempre, sempre molto familiari. Così come un artista è diverso dall’altro, ma se tratta qualcosa di fantasioso in qualche modo si avvicina sempre allo spettatore.

I sogni sono i luoghi di tutti, e per quanto bizzarri, come questi giocolieri e buffoni di Ronald Companoca, faranno sempre parte di noi e sapremo sempre dove cercarli o, in alternativa, dove farci trovare da loro.

Gea Di Bella

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