Mercoledì 11 novembre, “Piazza del Cambiamento”, Minsk
E’ questo il teatro della violenza selvaggia con cui la polizia ha arrestato Roman Bondarenko. L’uomo di 31 anni era un artista bielorusso. Stava manifestando in piazza, insieme a migliaia di altri cittadini, contro i brogli del governo e del presidente Lukashenko. Alcune videocamere hanno ripreso la scena del suo arresto. “Che cosa state facendo?”, chiedono alcuni manifestanti. “Puliamo la piazza da quelli come voi” è la risposta degli agenti di polizia, impegnati ad assalire Bondarenko.
Dopo essere stato trascinato vicino ad un veicolo, infatti, il ragazzo è stato aggredito a colpi di manganello. In seguito, è stato portato al commissariato di polizia di Minsk che ha lasciato solo una volta arrivata l’ambulanza.
Roman Bondarenko è arrivato al pronto soccorso con gravi lesioni cerebrali ed ematomi, in coma. Le percosse subite su tutto il corpo, come confermato dai medici dell’ospedale, gli hanno provocato un trauma cranico e un edema cerebrale. Inutile è stato l’intervento chirurgico che si è protratto per diverse ore.
Bondarenko è morto il 12 novembre, a causa della violenza della polizia.
Nonostante ciò, le autorità hanno negato il fatto sostenendo che il giovane avesse un’intossicazione da alcool. Al momento del fermo di Roman Bondarenko, il comitato d’inchiesta bielorusso ha sostenuto la presenza delle ferite sul corpo. Il Ministero degli Interni ha invece riferito che le percosse sul corpo di Bondarenko fossero ad opera degli stessi manifestanti della protesta. Un altro tentativo di nascondere i continui crimini di un regime tirannico, quello di Lukashenko, che di fatto continua a mostrarsi come una dittatura travestita da democrazia. Oggi, mentre il dissenso popolare cresce, la piazza diventa sempre più gremita di persone, ma anche di candele e fiori portati in onore di Roman Bondarenko.
Quando una repubblica diventa dittatura: l’attuale situazione della Bielorussia
La morte di Bondarenko è solo l’ultima delle ragioni che scaldano gli animi dei manifestanti scesi in piazza da ormai quattordici settimane. Solo nella giornata del 15 novembre, almeno mille persone sarebbero state arrestate. Secondo Viasna, l’organismo di vigilanza locale sul rispetto dei diritti umani, il numero delle detenzioni dal mese di agosto ammonterebbe a venticinque mila. Proprio il 10 agosto scorso, all’alba dell’ennesima vittoria delle elezioni, è iniziata la nuova rivolta civile contro Lukashenko. Il presidente è ormai al suo sesto mandato consecutivo, ai vertici di un paese che controlla da ben ventisei anni.
Ancor più esacerbato dalla morte di Bondarenko, il popolo protesta per chiedere le dimissioni del presidente, despota alla guida di una paese che da lungo tempo propende verso una deriva dittatoriale. La sommossa del popolo contro il presidente bielorusso è stata da subito repressa sistematicamente dalla polizia con l’utilizzo di manganelli, gas lacrimogeni e idranti.
Tra i tentativi di intimidazione del governo: la censura dei media durante lo spoglio elettorale e la diffusione di video che mostrano prigionieri ammassati e costretti a dividersi pochi litri di acqua al giorno.
Il mancato rispetto dei principi della democrazia, la carcerazione degli oppositori politici, la scomparsa di giornalisti dissidenti rendono evidenti i brogli elettorali che hanno confermato Lukashenko capo del governo.
Inoltre, nelle giornate elettorali i cittadini non potevano utilizzare internet e condividere così le foto delle proprie schede che altrimenti sarebbero andate perdute. In molti seggi, una volta chiuse le urne, la polizia ha sequestrato le schede e fatto evacuare il seggio. Nei seggi in cui i presidenti hanno avuto modo di fare uno spoglio dei voti, il risultato appariva nettamente in favore di Svetlana Tikanovskaja.
L’ avversaria politica di Lukashenko ha condannato quella di Roman Bondarenko come la morte di un uomo innocente
Anche l’Unione Europea, ha espresso solidarietà nei confronti del popolo bielorusso condannando la violenza governativa. Attraverso il comunicato che segue:
Il 12 novembre, il 31enne Raman Bandarenka è morto dopo diverse ore di intervento chirurgico in un ospedale di Minsk a causa di gravi ferite causate, secondo i rapporti, dalla brutalità di poliziotti in borghese. Questo è un risultato oltraggioso e vergognoso delle azioni delle autorità bielorusse che non solo hanno esercitato direttamente e violentemente la repressione della propria popolazione, ma hanno anche creato un ambiente in cui tali atti violenti e illegali possono aver luogo, ignorando così non solo i fondamentali diritti e libertà del popolo bielorusso, ma anche a prescindere dalle loro vite.
Quella di Roman Bondarenko non è solo la morte di un uomo innocente ma anche la morte di una democrazia che in Bielorussia rischia di soccombere.
Carola Varano